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Il Malocchio Esiste Veramente?

di Maria Corbisiero

14 Ottobre 2014

Il Malocchio Esiste Veramente?

“Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio, ego me baptizzo contro il malocchio. Puh! Puh!

E con il peperoncino e un po’ d’insalèta mi protegge la Madonna dell’Incoronèta;

con l’olio, il sale, e l’aceto mi protegge la Madonna dello Sterpeto;

corrrrrno di bue, latte scremèto, proteggi questa chésa dall’innominèto”.

Chi non ricorda il “rituale voodoo” che Lino Banfi recita, con un esilarante accento pugliese, in “Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio”?

Come è facile intuire dal titolo stesso, il sopra citato film, una delle più classiche commedia all’italiana, diretta da Sergio Martino nel 1983, trattava la controversa questione della superstizione, in particolare la credenza popolare del malocchio.

Come recita la celebre enciclopedia online Wikipedia (che, come sempre, ricordiamo è realizzata da comuni utenti) il malocchio non è altro che una radicata, e aggiungerei persistente, tradizione popolare secondo la quale basta un solo “sguardo malevolo” per provocare malesseri nella persona osservata.

In pratica, secondo tale credenza, che può variare in base al paese di provenienza, la persona che riceve il malocchio (sguardi di invidia accompagnati da malevolenze – ndr) può accusare, anche nell’immediato, mal di testa più o meno forti, nausea e disturbi del sonno.

Ma come si riconosce una persona che ha il malocchio?

Tanti e diversi i “riti magici” in grado di smascherarlo, un segreto che quasi sempre si tramanda in famiglia in quanto il “passaggio” deve avvenire tra persone considerate di fiducia.

Il più famoso, se così si può definire, è il “rito del piatto, acqua e olio”.

Diversi i video, anche molto datati, disponibili in rete, ancor più diverse le spiegazioni che li accompagnano in quanto, come detto in precedenza, i rituali possono variare a seconda del paese d’origine.

C’è il rito siciliano mostrato nel filmato intitolato “L’ orazione del Malocchio”, pubblicato su YouTube nel 2010 dal video maker Matteo Arrigo, specificando che il proprio intento è “ESCLUSIVAMENTE a scopo culturale nella difesa di antiche usanze e tradizioni. L’autore, non pratica e si dissocia da qualsiasi azione messa in atto nella reale convinzione della credenza e della utilità di tali usanze”.

C’è poi quello pugliese mostrato in una puntata, alquanto datata e pressocchè sarcastica, della trasmissione mattutina di Rai Tre “Cominciamo Bene”.

In pratica, pur considerando le molteplici varianti, il rito, che comprende sia la “diagnosi” che la “cura”, viene così effettuato:

La persona sospettata di avere il malocchio viene fatta accomodare su una sedia, nel frattempo il guaritore inizia a riempire un piatto con dell’acqua.

Una volta colmo, il guaritore inizia a recitare, mentalmente o sottovoce, alcune parole segrete, si presume una preghiera, mentre esegue per 3 volte il segno della croce sul “malato”. Poi ripete per altre 3 volte questo medesimo passaggio su se stesso ed infine per altre 3 volte facendo il segno della croce sui bordi del piatto.

A questo punto, il guaritore, aiutandosi con il mignolo, versa nel piatto alcune gocce di olio preparato in precedenza in un altro contenitore, ad esempio una tazza, ed effettua la propria “diagnosi” basandosi sulla forma assunta dalle gocce d’olio:

  • se le gocce di olio si allargano, tanto da scomparire (da qui la credenza che l’olio si scioglie – ndr), allora la persona è “affetta” da malocchio;
  • non vi è traccia di malocchio invece se le gocce restano invariate.

In caso di esito positivo, l’acqua usata per effettuare la “diagnosi” deve essere gettata in un luogo non trafficato, in modo da evitare la “trasmissione” del malocchio ad altri.

Avvenuto questo, il rito deve ripetersi per altre 2 volte: se alla terza ed ultima il malocchio non è scomparso, ossia la forma delle gocce d’olio non resta immutata, il guaritore lo “taglia” con delle forbici invitando l’assistito a ripetere il rito anche il giorno dopo, realizzato preferibilmente da un altro guaritore.

La buona riuscita del rito equivale ad un’immediata ripresa della persona colpita.

È possibile spiegare scientificamente tutto ciò?

Per prima cosa è bene chiarire un importante concetto: l’olio non si scioglie nell’acqua, tutt’al più la macchia si spande al punto tale da risultare trasparente. Pur non vedendo più le gocce, se posta in controluce, si noterà sempre una leggera patina oleosa sulla superficie dell’acqua.

Per tutto il resto c’è la chimica!

Non essendo io un’esperta in materia, ho cercato chiarimenti attraverso il web. Qui di seguito è riportata la spiegazione, a mio parere la più esaustiva, trovata sul forum “Zetalab Forum Chimica”, una discussione intitolata “una curiosità su olio e acqua” ed effettuata nel maggio del 2008.

Domanda: se ho un recipiente di acqua di rubinetto come per esempio un piatto da cucina e ci metto una goccia di olio, come mai la goccia si espande e diventa sottilissima e chiara fino ad occupare gran parte della superficie dell’acqua nel piatto? E poi se metto altre gocce queste tendono man mano a non espandersi più?

Risposta 1: L’espansione della goccia non dipende dal fatto che sotto c’è l’acqua. Lo stesso accade anche se butti la goccia per terra.

Il fenomeno si determina perché la tensione superficiale dell’olio è bassa (quella dell’olio di oliva è metà di quella dell’acqua), per cui l’espansione della goccia (aumento della superficie) non è particolarmente impedita ed essa si allarga fino a che l’olio arriva ad una superficie tale che tutte le forze sono in equilibrio. La grande possibilità che ha la goccia d’olio di espandersi ha fatto anche nascere il detto “si espande a macchia d’olio”.

Il fatto che la goccia diventi più chiara dipende solo dal colore dell’olio: essendo l’olio traslucido, man mano che si espande, la sua densità di colore diminuisce perché ci sono “meno strati che si sovrappongono”. Quando tutta la superficie dell’acqua è coperta, una nuova goccia di olio si espanderà praticamente sempre allo stesso modo (in realtà la tensione superficiale sull’acqua un po’ si abbassa); sostanzialmente a occhio non te ne puoi accorgere […] Tanto per avere una visione qualitativa, prova a dare un’occhiata qui.

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In conclusione il processo di espansione di una goccia d’olio dipende anche dal materiale su cui è posata […] Questo dipende dalla combinazione delle tensioni superficiali goccia-aria, goccia-materiale e materiale-aria (dove materiale e dove è posata la goccia) che sono le tre interfacce che si vengono a creare poggiando una goccia su un materiale.

Risposta 2: Mi permetto di aggiungere un’altra cosa di carattere più chimico. La tensione superficiale, o meglio l’energia libera superficiale, è scomponibile in due contributi: il primo risultante da forze dispersive (vdW) e un secondo dato da forze di tipo elettrostatico (dipolari).

Quindi la bagnabilità di una superficie dipende non solo dal valore dell’energia libera superficiale delle due sostanze in contatto, ma anche dal rapporto tra le componenti suddette di ciascuna sostanza. In altri termini, se si prendono due sostanze avente la stessa energia libera superficiale totale ma la prima avente la componente polare prevalente e la seconda viceversa, data la diversa natura delle forze di interazione per ciascuna sostanza, l’interazione all’interfaccia sarà minore rispetto a quanto accadrebbe con due sostanze aventi la stessa componente prevalente.

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