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Violenza sui minori e pedofilia: come aiutare un bambino vittima di abusi

di Dott. Giuliano Gaglione

07 Aprile 2011

E se qualcuno “violasse” un bambino? Se il piccolo venisse “toccato”?

Cosa potrebbe o dovrebbe fare un genitore?

In caso di “violenza” come si ristabilisce “la pace” del bambino?

 

L’esperto psicologo di Vita da Mamma si è già occupato del problema della violenza sui minori aiutandoci a comprendere ed individuare gli eventuali ”segnali” che possono giungere da un piccolo “violato”.

Qui il Dottor Giuliano Gaglione si addentra in una questione ancora più intima, delicata e dolorosa: come reagire alla violenza inflitta su un figlio, cosa un genitore deve e può fare dinnanzi a un così enorme dramma?

L’istinto di un genitore, le sue paure e la rabbia potrebbero scatenare una nera disperazione; potrebbero portare a chiudersi in se stessi, tentando di domare le emozioni; potrebbero spingere l’adulto a lasciare che il tempo passi senza affrontare il problema. Ma la “negazione” non è il giusto modo di fermare il dolore né di aiutare il bambino. Il trascorrere del tempo può acutizzare il dolore, può determinare uno stratificarsi di ricordi grigi e neri, torbidi e di difficile interpretazione per il bambino. Parlare con il bambino “semplicemente”, dirgli che non succederà più, non cancella l’accaduto, molto probabilmente non è abbastanza e solo parlando il bambino certamente non dimentica. Laddove, anzi, parlare significa rivivere e necessariamente la rievocazione del ricordo deve condursi nel modo giusto, occorre saper parlare per aiutare a superare. Sentirsi colpevoli per non avere visto, capito o evitato l’accaduto, poi, non serve a nulla, trasferisce al bambino ulteriori insicurezze, paure e dolore.

Ma come un genitore può sostenere il peso di una violenza sul figlio, come deve accompagnare il piccolo nella vittoria contro il dolore, nella restaurazione dei suoi equilibri e della sua pace?

Qui di seguito l’opinione dell’esperto:

Spesso quando si riscontrano casi di minori vittime di qualunque gesto, commesso da terze persone, che possa influenzare il loro assetto fisico e psichico, ci si concentra giustamente su tutti i mezzi utili al fine di favorire il ripristino del benessere psicofisico del minore stesso.

Tuttavia non sempre ci si interroga sulle reazioni e relazioni familiari che attorniano il piccolo, del perché sia avvenuto questo gesto proprio in questa famiglia, quali siano i fattori scatenanti e come intervenire.

Innanzitutto bisogna considerare di notevole importanza un concetto: mai generalizzare e valutare una famiglia come un sistema a sé stante, ogni nucleo familiare ha una propria storia e dei vissuti che la caratterizzano, essi vanno considerati nella loro complessità.

Inoltre sarebbe preferibile sfatare miti come il fatto che solo le persone “cattive” possono assumere dei comportamenti troppo “invadenti” nei confronti dei bambini, oppure che tali comportamenti non accadono in famiglie “per bene” o, come spesso si afferma, che chi è vittima di questo tipo di abuso può sviluppare comportamenti sregolati, devianti, o diventare dipendente da droghe o alcool. Ribadisco, non possiamo fare di tutta l’erba un fascio, ma dobbiamo tener presente tutti quegli elementi che favoriscono lo sviluppo sia di ogni bambino che degli interi sistemi familiari e sociali che lo circondano.

Non mi sento in grado di esprimere una prevalenza nel binomio “natura-cultura”, ma possono presentarsi delle circostanze dovute al temperamento o ai fattori ambientali che riescono ad influenzare lo stile di vita di una persona o di chi gli è attorno.

 

In particolare si possono riscontrare nei bambini alcuni particolari che potrebbero essere una diretta conseguenza degli abusi. Tali caratteristiche però , se prese singolarmente, non dovrebbero destare eccessiva preoccupazione, ovvero: frequenti esplosioni di rabbia o un’incombente tristezza, ipervigilanza, paura, isolamento, tendenza ad evitare di incontrare una persona specifica senza un motivo evidente, utilizzo di comportamenti sessuali inappropriati all’età, fughe da casa, iperprotettività o eccessivo desiderio di essere accuditi; inoltre possono essere presenti segni di lesioni oppure il piccolo potrebbe presentarsi sporco e con abiti poco curati. Fattori di estrema importanza sono la mancanza di fiducia, le difficoltà relazionali e problematiche concernenti l’espressione emozionale.

 

Sembrerebbe un po’ asettico redigere una lista di tutti questi elementi; io sono più propenso a pensare che un bambino debba essere conosciuto “per bene”, senza l’ansia di scoprire l’eventuale cavillo che non procede per il verso giusto, in modo da capire se sta bene in relazione con sé stesso e con gli altri: è necessario il dialogo, la parola è uno strumento potentissimo che permette a qualunque individuo di esprimere liberamente tutto ciò che desidera.

Per tal motivo, nel momento in cui il bambino intende comunicare qualunque tipo di difficoltà i genitori devono essere in grado di saper sviluppare le tre A, ovvero:

ATTENDERE: è necessario aspettare quando il bambino si sente pronto a confidare i suoi problemi, non è opportuno forzarli a parlare, a meno che non ci sia qualcosa di davvero urgente da risolvere. A tal proposito vorrei ribadire che proprio i minori vittime di “invadenza” spesso si sentono responsabili per questo atto e per tal motivo si sentono in colpa, si vergognano, si preoccupano che gli altri si adirino per quanto accaduto o non gli credano e tutti questi timori possono accentuare la volontà di chiudersi in se stessi e non parlare liberamente; per tal motivo bisogna asecondare i loro tempi favorendo sempre il sincero dialogo.

ASCOLTARE: altra dote non semplice da acquisire; è importante saper leggere non solo le parole del figlio ma anche “cosa si cela dietro”, mi rendo conto che non è facile intuire con esattezza tutto ciò che un bambino vuole comunicare sia a parole che a gesti, tuttavia è importante una vicinanza incondizionata che possa far sì che il bambino si senta al sicuro al cospetto di un familiare pronto a garantirgli sostegno.

AIUTARE: bisogna fare in modo che vengano messi in atto tutti gli interventi utili sia per affrontare e debellare i problemi che i bambini stanno vivendo, sia per prevenire l’ insorgenza di ulteriori episodi spiacevoli. Non è consigliabile fare finta di nulla e rimuovere l’accaduto increscioso, poiché in futuro potrebbero subentrare dei comportamenti aventi alla base una mancata elaborazione di quello sgradevole evento. E’ opportuno in tal caso in primis infondere al bambino sicurezza e presenza costante e poi spiegare che questa “invadenza” è l’espressione di un comportamento inaccettabile del quale lui non è assolutamente colpevole.

In conclusione voglio ribadire che esistono tantissimi strumenti come il dialogo, ma anche i giochi, i disegni e le azioni che rappresentano, in maniera diretta e non, dei mezzi per esprimere i propri stati d’animo; nel momento in cui non solo si avverta un disagio, ma si ravvisino anche delle preoccupazioni, è importante rivolgersi a Specialisti che possano essere in grado di favorire un benessere sia dal punto di vista fisico che psichico.

Inoltre è auspicabile che le violenze escano dalla “omertà” familiare, esse vanno denunciate per essere fermate.



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