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Educare il bambino: litigare per l’educazione dei figli

di Dott.ssa Annamaria Del Vecchio

04 Maggio 2011

Può accadere che gli stili educativi di mamma e papà divergano; non è raro che l’educazione dei figli sia oggetto di “dibattito” all’interno della coppia e della famiglia (molto frequentemente il discorso sulle modalità dell’educazione coinvolge anche i nonni, in misura maggiore quando questi si prendano costantemente cura dei nipoti o ove condividano gli spazi abitativi con la coppia ed i bimbi.

L’educazione ha lo scopo di orientare i comportamenti del bambino nel mondo e rispetto agli altri (adulti o coetanei, genitori, parenti o estranei), educare ed istruire significa “insegnare a vivere e ad affrontare la vita”. Una serena ed efficace educazione deve essere condivisa da mamma e papà, i genitori devono cioè interpretare allo stesso modo le finalità educative e trasmettere messaggi “costanti ed uniformi” al bambino. Una “regola educativa” condivisa, unica e coerente rafforza “la credibilità” dei genitori agli occhi dei figli, ma soprattutto non confonde i piccoli, da loro una “indicazione certa”.

Cosa succede quando mamma e papà vivono il rapporto con l’educazione del bambino in modo diametralmente opposto?

 

Una amica mamma si è rivolta a noi, ponendo alla Dott.ssa Annamaria Del Vecchio, una domanda che non lascia spazio a dubbi: questa mamma e suo marito hanno una concezione dell’educare diversa e conflittuale.

Ecco cosa ci scrive l’amica di Vita da Mamma:

“Sono una mamma di 38 anni con un figlio di 3 anni e mezzo avuto tramite fecondazione assistita.

Devo dire che la mia vita coniugale è cambiata drasticamente da quando abbiamo il nostro bambino; per molti aspetti in positivo ma per quanto riguarda il rapporto con mio marito in negativo. Lui ha dei comportamenti con il bambino di estrema permissività (a partire dal regalare quasi ogni giorno un gioco, ecc.) . I miei vari tentativi di fargli capire che sbaglia sfociano quasi sempre o in discussioni o nel mio tacere perchè non ho più “parole”.

Un altro aspetto fondamentale sul quale vorrei trovare una soluzione è il comportamento che mio marito ha a tavola con il bambino. Ah tengo a precisare che quando il mio R. deve mangiare ed è presente mio marito, lui lo vuole ancora imboccare (con le mani!) andandogli appresso con il piattino per casa o immobilizzato davanti al televisore (quindi mio figlio mangia con la distrazione!). Questo secondo la mia educazione (e pensavo anche quella di mio marito) non può essere fattibile ma lui continua a ripetermi
che ancora è “piccolo”.

Il problema secondo me è che mio marito non vuole che il figlio cresca e vi posso garantire che R. è capacissimo di mangiare da solo, quando è con me o con altri bambini, anche se va aiutato perchè si alza in continuazione da tavola.
Purtroppo mio marito ha il cruccio del mangiare nei confronti del figlio e andrebbe anche in capo al mondo a costo che mangi.

Cosa devo fare per avere una linea comune con mio marito e soprattutto fargli capire che l’unico a rimetterci in tutto questo è il nostro R.?”

 

Qui di seguito il parere dell’esperta:

Cara amica, la vita cambia drasticamente con l’arrivo di un figlio!

Con la nascita di un bimbo è naturale che intervengono dei cambiamenti nelle dinamiche familiari, in primo luogo l’uomo e la donna non si identificano più nella coppia di innamorati, dovendo, diversamente, misurarsi con i nuovi ruoli di madre e padre.

Gli interessi non sono più gli stessi, la gestione del tempo libero si modifica, le preoccupazioni aumentano, le ore di sonno diminuiscono, l’intimità con il compagno cambia.

Contemporaneamente si sviluppa in noi donne l’istinto materno. Animata dal desiderio di fare e dare il meglio, la mamma si concentra sulla educazione bambino, orienta i suoi sforzi sul piccolo affinchè cresca sereno e divenga un adulto responsabile, bravo, onesto, leale e sicuro di sè.

Mettere in pratica questi buoni propositi non è facile; noi mamme ci troviamo costrette a metterci in discussione,dobbiamo superare i nostri limiti, affrontare le paure e seguire le evoluzioni del piccolo, adattare alle sue capacità i messaggi educativi, studiare il modo migliore di comunicare con il bimbo tenendo conto del suo carattere e delle sue potenzialità. Tutto ciò perchè vogliamo e cerchiamo di trasmettere degli ottimi insegnamenti.

Questa intenzione: trasmettere ottimi insegnamenti, dovrebbe accomunare mamma e papà, tuttavia l’ “accordo educativo” a volte si raggiunge con non poche difficoltà, infatti può capitare che la linea educativa dei due genitori non sia la stessa, oppure che il papà preferisca fare l’amico, il compagno dei giochi e delle risate, piuttosto che rappresentare una figura educativa e autoritaria, in linea con la figura materna. Educare non è semplice, è più complicato essere il genitore che non l’amico, è delicato rivestire il ruolo di primaria importanza che la natura ci ha affidato.

Noi donne diventiamo mamme subito, in noi scatta il comunemente detto “senso materno”, diversamente negli uomini il “senso paterno” non nasce con il bambino, arriva dopo un po’ di tempo.

Essere padre non vuol dire essere rigidi, imporre comandi e basta, ma non vuol dire neanche essere unicamente amico di gioco. Il piccolo, infatti, deve riconoscere che nei genitori vi è sia la componente affettiva, fatta di gioia e di coccole, sia la componente autoritaria, fatta di regole e insegnamenti, laddove tale aspetto “autoritario” determina in modo essenziale il gioco dei ruoli.

Mamma e papà devono avere e soprattutto mettere in pratica, una linea comune nell’educazione del proprio figlio, altrimenti i piani, i ruoli e le intenzioni si perdono di vista. I piccoli che avvertono e comprendono una situazione non equilibrata nella coppia impiegano pochissimo tempo a focalizzare chi tra i due genitori è il più debole approfittandosene con futili capricci e comportamenti indotti da questo ragionamento.

Noi mamme trascorriamo la maggior parte del tempo con i nostri bambini, marcando e cercando di creare un buon rapporto con loro, fatto di amore ma anche di rispetto ed educazione, e i nostri uomini, per vari motivi trascorrono meno ore con i figli, tendendo a sfruttare quel lasso di tempo che passano con il piccolo in maniera serena, allegra e a volte gli concedono anche vittorie e vizi che non dovrebbero, come merende fuori orario o regali quotidiani.
Questo comportamento non è certo uno dei migliori!

Ogni genitore deve comprendere che un buon rapporto padre – figlio non si instaura solo con l’allegria, le merende, le concessioni e la spensieratezza, ma anche e soprattutto attraverso un gioco di ruoli nella sfera educativa. È bene quindi ridere e
scherzare con il bambino dopo un’intera giornata di lavoro, ma non concedergli stupidi capricci, soprattutto se si comprende che questi sono fatti solo nelle ore in cui è presente il papà.

Attenzione dunque agli “atteggiamenti scorretti” dei piccoli che si “scatenano” esattamente quando il padre entra fisicamente nella vita del bambino, nei momenti in cui il papà interagisce con il figlio. In realtà la figura genitoriale viene “messa alla prova” dal piccolo, il bambino testa i confini entro cui può muoversi, cerca di capire quanto oltre può spingersi, sino a dove può arrivare, concedere continuamente equivale ad insegnare sregolatezza, confusione ed intemperanza.

A questo punto l’uomo dovrebbe seguire le parole della moglie che gli dirà sicuramente che quel capriccio durante l’arco della giornata è stato completamente assente e imporsi nel non concedere, imparando ad educare il figlio, del resto si possono normalmente impartire regole anche con garbo e dolcezza.

Un buon feeling e una buona intesa tra madre e padre è fondamentale!!!
Care mamme comunicate ai vostri mariti che è pur vero che è molto più semplice dire SI e concedere regali, piuttosto che un tono deciso e qualche NO, ma è necessario anche fare questo, altrimenti il bambino capirà che
– Quando vi è il padre tutto gli è concesso
– L e parole della mamme sono solo aria al vento
– Può permettersi capricci che durante la giornata non fa.

SIATE DURE E DIRETTE NELLO SPIEGARE QUESTA SITUAZIONE AL PADRE perché INTERVENIRE IL PRIMA POSSIBILE è LA COSA NECESSARIA!!­­­



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