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10 Anni: 6 Principi di Vita da Insegnare a Tuo Figlio

di Federica Federico

19 Ottobre 2016

Mio figlio ha quasi 10 anni, non posso più chiamarlo il mio bambino perché ha perso quell’assoluta ingenuità con cui lui trasportava me in un mondo spensierato. Ora riesce a cogliere gli aspetti più veri e concreti della quotidianità, comprende il valore del lavoro e il senso del danaro e tal volta mi sorprendo scoprendolo maturo.

I 10 anni sono come un “giro di boa” perché i cuccioli d’uomo si avviano a quella maturità ed autonomia che si chiama adolescenza.

10 anni figlio

Per quanto possa essere difficile per un genitore, è questa l’età della cosiddetta preadolescenza ovvero la fase di transizione tra l’età infantile e quella che prepara al mondo adulto. Ora si fanno le scoperte più interessanti e quelle più imbarazzanti e adesso si sceglie in che valori credere.

Sono almeno 6 i “grandi principi” da inculcare al bambino prima che varchi la soglia dei 10 anni:

Il principio della libertà e quello della ricerca della felicità; il principio della soddisfazione personale prima che di quella economica; il principio della non violenza (verbale prima ancora che fisica); il principio della tolleranza e quello della generosità.

Se un piccolo uomo o una piccola donna si affaccia al mondo adulto con questo bagaglio di verità, vi saranno buone possibilità che si renda capace di affrontare il mondo e le sue avversità con forza e equilibrio, rendendolo persino un posto migliore.

 

Se vuoi migliorare il mondo, allora devi guardare ai bambini!”, lo ha detto questa mattina un amico e collaboratore di Vita da Mamma mentre discorrevamo del senso stesso del nostro lavoro, di questo portale e della nostra piattaforma social.

 

La libertà non è una condizione ma un valore. Già prima dei 10 anni, ovvero prima della pre-adolescenza, i bimbi devono essere capaci di inseguire e praticare la libertà considerandola come un principio a cui ispirare le loro azioni.

Essere liberi non vuol dire affatto non avere regole o non seguire imposizione e dettami. Esserlo significa avere imparato a pensare, possedere delle menti autonome capaci di partorire decisioni e di considerarne le conseguenze.

La libertà dei bambini si costruisce in molti modi, per esempio educando il bimbo a vestirsi da solo piuttosto che mettendolo sovente dinnanzi a delle scelte e lasciando che le compia in autonomia.

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Un bambino libero è anche un bimbo capace di riconoscere la propria felicità e con essa le passioni, le circostanze e le condizioni che la generano.

La felicità è un principio portante della vita, il bambino deve pian piano comprendere di non poterne fare a meno ma al contempo di dover attivamente concorrere a costruirla. 10 anni è un’età congrua per decidere autonomamente sulle proprie piccole gioie e in esse cominciare a crescere “come i grandi”!

Arrivare alle soglie della preadolescenza, ovvero intorno ai 10 anni, con la consapevolezza di poter essere autori della propria felicità è fondamentale. E’ importante perché mette il bambino dinanzi all’esigenza di interrogarsi sulla propria condizione interiore.

 

Così, se il piccolo coglie l’importanza della gioia, la ricercherà e domanderà a se stesso. Si chiederà: “Cosa mi rende felice?”, trovando di volta in volta delle risposte e dei moventi per vivere positivamente.

10 anni di un figlio, quando incomincia il suo libero cammino verso la vita

10 anni di un figlio, quando incomincia il suo libero cammino verso la vita

 

La scuola, il parco sotto casa, la piscina o la palestra possono essere fertile terreno per scontri, dispute e opposizioni tra bambini. Rispetto al rapporto con gli altri, il bimbo va educato alla non violenza verbale e fisica.

Molto prima dei 10 anni, il cucciolo d’uomo dovrebbe imparare a trovare nel dialogo la sua arma di affermazione personale.

La parola come strumento di difesa si apprende in casa, sopratutto quando le “punizioni corporali” non rappresentano la risoluzione dei capricci. Il bambino che parla, senza ricorrere alla violenza come strumento di affermazione del sé, è un bimbo capace di verbalizzare i propri sentimenti. Questa capacità può affinarsi solo grazie al supporto dei genitori e attraverso l’esempio quotidiano.

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Chiedi spesso al tuo bambino: “Come ti senti?”, “Che cosa ti ha reso triste?”, “Cosa ti fa felice?”. Queste domande non sono affatto sciocche, rappresentano l’opportunità per entrare nel mondo interiore del bambino e conoscerlo in tutta la sua complessità.

Sono troppi i genitori che non credono nel potere del dialogo, in tantissimi si convincono che la parola da sola non basti a farsi spazio nel mondo (ciò anche per l’aggressivo costume sociale a cui la modernità ci sta abituando).

Parlare non vuol dire essere inerme, preferire la parola allo spintone, alle grida o all’aggressività anche verbale, significa essere presenti a se stessi, fieri, sicuri, forti delle proprie posizioni e fiduciosi.

In genere il bambino che non sente il bisogno di aggredire, prima e dopo i 10 anni, è un bimbo che cresce in un ambiente sereno e dialogante e non violento.

Nella preadolescenza il bambino tende sempre di più a volere affermare il suo ruolo sociale, manifestando anche l’importanza di sentirsi parte di un gruppo (il gruppo della classe, quello della parrocchia, quello sportivo, eccetera).

Il bimbo che manifesti il bisogno di avere spazi e momenti di condivisione con gli altri, gli amici, dovrebbe essere messo in guardi dall’omologazione.

Educare il bambino alla riflessione sulla diversità (intesa non solo come disabilità o differenza di razza, cultura o religione) è fondamentale. Il cucciolo d’uomo che sta per divenire grande deve affezionarsi alle sue spazialità, deve riconoscerle come opportunità, note distintive e deve saper accogliere l’altro con tutti i suoi diversi talenti. In questo senso l’educazione alla diversità diviene educazione alla socialità, alla condivisione e all’accoglienza.

Chi accetta il diverso è anche altruista e generoso. 10 anni non è presto per comprendere che il mondo è fatto di povertà e disgrazie e che in esso noi possiamo essere dei fortunati e possiamo lasciarci ispirare dalla generosità.

Educare alla generosità è possibile in molti modi.

Tra le altre cose, Vita da Mamma ha deciso di sostenete un’adozione a distanza. Personalmente mi occupo di tutto ciò che questo progetto implica e tengo i rapporti col Congo, dove oggi la bimba di Vita da Mamma cresce e studia.

L’adozione a distanza, per esempio, è uno strumento di crescita del bambino se ragionata in famiglia e praticata come sunto di importanti principi quali rispetto, considerazione e carità.

 

Ma generosità, più semplicemente, vuol dire aiuto, significa capacità e forza di non deridere il compagno in difficoltà e di sostenerlo anche quando è solo o ha sbagliato. Generosità vuol dire educare il bambino a guardare oltre se stesso apprezzando gli altri e tendendo loro una mano nel momento del bisogno.

Il bambino che cresca ispirato a questi principi potrà essere un bimbo carico di ideali, già a 10 potrebbe comprendere il valore della ricchezza interiore e considerarlo persino migliore dell’avere e del possedere materialmente.

 



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