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Gravidanza: A come …

di Mamma Licia

25 Giugno 2010

Aborto: Interruzione della gravidanza entro il 180° giorno dall’inizio dell’ultima mestruazione. Il termine aborto si riferisce all’espulsione spontanea, o provocata, dell’embrione o del feto quando questo non è ancora in grado di sopravvivere fuori dall’utero, e vale a dire entro il sesto mese di gravidanza. Dopo tale data si parla di parto prematuro. Le cause dell’aborto spontaneo non sono sempre determinabili, ma le più comuni sono il mancato annodamento della blastocisti, uno sviluppo anomalo dell’embrione e l’impossibilità fisiologica della madre a portare avanti la gravidanza. Il primo e più importante sintomo della minaccia di aborto è la perdita di sangue dalla vagina. Se l’emorragia è accompagnata da forti dolori addominali, continui o ritmici, con espulsione di coaguli di sangue, l’aborto è in genere già avvenuto. In ogni caso occorre interpellare immediatamente un medico che valuterà la situazione. Si parla di aborto abituale quando la donna subisce tre o più aborti spontanei. Un aborto incompleto, invece, è quando, dopo un aborto spontaneo, rimane del tessuto all’interno dell’utero. In tal caso sarà necessario effettuare un raschiamento. Se una donna decide di interrompere la propria gravidanza (IVG, Interruzione Volontaria della Gravidanza, vedi), si effettua un aborto provocato entro le 12 settimane e 5 giorni di gestazione. Si effettua in ospedale, in modo anonimo e con l’appoggio di uno psicologo che valuta la reale consapevolezza della scelta fatta dalla donna riguardo questa gravidanza indesiderata o con complicanze. Se compaiono difficoltà oggettive, entro o dopo tale data, che possono mettere in pericolo sia la vita della madre sia del feto, si può effettuare un aborto che in questo caso prende il nome di aborto terapeutico.

Acidità: Uno dei sintomi più comuni, soprattutto nei primi mesi della gravidanza, provocato dall’iperacidità del succo gastrico con espulsione di gas (eruttazione) e di liquidi in piccole quantità, di sapore e odore acre, provenienti dallo stomaco.

Acido folico: Vitamina del gruppo B presente, sotto forma di sostanze chiamate folati, in numerosi alimenti di origine vegetale come i legumi, la frutta secca (noci, nocciole, mandorle), gli ortaggi (cavoli, barbabietole, asparagi, spinaci, verze), i cereali integrati ed il lievito di birra. In gravidanza difficilmente si riesce a raggiungere il fabbisogno quotidiano e per questo motivo il ginecologo che ha in cura la futura mamma prescrive spesso integratori a base di tale sostanza. La sua insufficienza nell’alimentazione, infatti, può provocare malformazioni al feto (spina bifida). Sarebbe bene iniziare ad assumere acido folico anche quando si programma una gravidanza (qualche mese prima del concepimento) e continuare almeno fino al terzo mese di gestazione, perché il periodo di maggiore rischio per l’insorgenza della spina bifida sono proprio i primi tre mesi.

Agalattia: Nella madre, assenza assoluta di latte dopo il parto. Disturbo piuttosto raro; più frequente la ipogalattia (vedi).

Agopuntura: Metodo di preparazione al parto, basato sulla metodica della medicina tradizionale cinese per la quale il corpo è percorso da canali immaginari, chiamati meridiani, lungo i quali l’energia vitale scorre. Agire sui punti di tali meridiani che corrispondono ad una parte o ad una funzione dell’organismo, riequilibra l’energia donando benessere ad una sensazione d’armonia totale. L’inserimento di aghi sottilissimi in tali punti permette quindi di tenere sotto controllo varie funzioni, come anche la sensibilità al dolore.

Alfa-fetoproteina (AFP): Sostanza prodotta dal feto a mano a mano che cresce all’interno dell’utero materno. Tale sostanza, oltre che nel sangue del feto, è presente nel liquido amniotico ed una piccola quantità finisce anche nel sangue materno. Se con un prelievo sanguigno della madre si riscontra un livello troppo basso di questa sostanza, il feto potrebbe avere dei problemi (essere affetto da Sindrome di Down). Se invece si trovano nel sangue della madre quantità maggiori del normale di AFP, nel feto potrebbero essere presenti anomalie del tubo neurale. In tal caso il medico deciderà di procedere con altri esami di approfondimento (Bi-test, Tri-test, amniocentesi, etc).

Allattamento al seno: Tale modo di nutrire il piccolo presenta una serie di vantaggi, sia per la madre sia per il figlio. Il latte materno è l’alimento più adatto, bilanciato dal punto di vista nutritivo, protettivo per la crescita e lo sviluppo del neonato; infatti, contiene anticorpi (assenti nel latte vaccino o nelle preparazioni commerciali di latte artificiale) che proteggono il bambino contro molte infezioni, respiratorie e gastrointestinali. Inoltre l’allattamento al seno è sicuramente più rapido e pratico dell’allattamento artificiale con il biberon, e facilita la relazione tra la madre ed il bambino.

Allattamento artificiale
: Somministrazione al neonato, mediante biberon, di latte, generalmente in polvere e non, e solo il pediatra può valutare quale sia più adatto al neonato. Tale tipo di allattamento è adottato quando la madre non può (per mancanza di latte – agalattia e ipogalattia -, motivi di salute o di lavoro) o, più raramente, non vuole allattare. Nei casi in cui il latte materno sia insufficiente, si può ricorrere all’allattamento misto, in cui cioè si alternano poppate materne con pasti “artificiali” o si completa con un po’ di latte artificiale ogni poppata insufficiente.

Amniocentesi: Prelievo di liquido amniotico dal sacco amniotico. Il liquido viene esaminato per verificare se sono presenti imperfezioni genetiche. In anestesia locale, si introduce un lungo ago nella cavità amniotica attraverso la parete dell’addome, evitando di ledere la placenta ed il feto, la cui posizione è determinata da una ecografia che si fa contemporaneamente all’intervento. L’indicazione ad eseguire l’amniocentesi è presente in tutte le donne che hanno già partorito neonati affetti da difetti del tubo neurale, o da malattie metaboliche ereditarie, oltre che le donne incinte oltre il 35° anno d’età, per diagnosticare la presenza di un’eventuale Sindrome di Down nel feto. Generalmente sono sufficienti 2-3 settimane di coltivazione in vitro del liquido prelevato per determinare il cariotipo fetale e un tempo maggiore per le analisi biochimiche o enzimatiche.

Amnionite: Alterazione infiammatoria del liquido amniotico, causata o da una infezione generale della mamma che si trasmette dal sangue attraverso la placenta o più frequentemente causata da unavaginosi non trattata. I batteri, passando dalla vagina nel collo dell’utero possono attraversare o rompere il sacco amniotico. In presenza di amnionite la temperatura corporea della donna può essere, per parecchie ore, normale ed il segno iniziale è la persistente tachicardia fetale (aritmie). In caso di amnionite si deve somministrare una terapia antibiotica immediata e, se il feto ha già raggiunto un buon grado di maturità, espletare il parto nel più breve tempo possibile.

Amnioressi: Metodo per indurre il travaglio o per verificare la qualità del liquido amniotico, che consiste nella rottura artificiale delle membrane amniotiche. L’amnioressi, inoltre, permette una registrazione diretta della frequenza cardiaca fetale, mediante l’applicazione di un elettrodo sulla testa del piccolo, qualora il tracciato cardiotocografico indichi segni di sospetta sofferenza fetale. Per effettuare l’amnioressi, dopo un’esplorazione vaginale, il ginecologo aggancia le membrane con un lungo e sottile uncino di plastica, detto amniotomo, in modo da provocarne la rottura.

Amnioscopia: Questo esame consiste nell’introdurre, attraverso la vagina, un piccolo tubicino nel collo dell’utero e nell’illuminare, con un’apposita luce, le membrane per vedere in trasparenza il colore del liquido amniotico. Si esegue verso il termine della gravidanza ed è uno dei parametri per valutare lo stato di salute del bambino: se il liquido amniotico è limpido tutto procede bene, se invece si riscontrano tracce di meconio, valutabili dal colore verdognolo del liquido, il bambino potrebbe avere una sofferenza fetale.

Analgesici: Durante il travaglio, per alleviare il dolore delle contrazioni è possibile ricorrere a metodiche non invasive, farmacologiche o naturali. La petidina, ad esempio, è un analgesico simile alla morfina che viene somministrata per via intramuscolare oppure endovenosa. Anche se efficace ha, però, varie controindicazioni, come nausea, vomito e visione sfocata. Se somministrata nelle due ore precedenti al parto, inoltre, può creare problemi al neonato, come difficoltà di respiro e di movimento. L’inalazione di ossigeno e protossido d’azoto è un altro metodo per alleviare i dolori, ma non è efficace nel caso di contrazioni molto dolorose. In ogni caso non ha nessun tipo di effetto sul feto. E’ inoltre possibile ricorrere ad alcune tecniche di respirazione che favoriscono il rilassamento e riducono la risposta al dolore (training autogeno respiratorio). Tali tecniche, insieme ad altre meno convenzionali, come l’ipnosi o lo yoga, vengono generalmente insegnate alla futura mamma durante il corso di preparazione al parto, insieme anche a tecniche di ginnastica e postura, da utilizzare soprattutto durante il travaglio.

Analisi del sangue: Tali analisi andrebbero effettuate, possibilmente, prima della gravidanza, per valutare se l’aspirante mamma ha già sofferto di alcune malattie infettive che rappresentano un rischio per la gravidanza, se ha in corso problemi dovuti a carenze fisiologiche e se la coppia può trasmettere malattie (genetiche e non) al piccolo. Per tale motivo alcuni test sono riservati solo alla donna, mentre altri anche al partner.

Anemia: Alterazione del sangue, caratterizzata dalla diminuzione del numero dei globuli rossi, o dell’emoglobina (pigmento rosso del sangue) necessario al trasporto dell’ossigeno in esso contenuto. La persona che soffre di anemia è solitamente pallida, in special modo sulle labbra e sui palmi delle mani, con una sensazione di costante stanchezza e, a volte, con mancanza di appettito. L’anemia da carenza di ferro è la forma più comune, e si riscontra con maggior frequenza nelle donne, particolarmente durante la gravidanza, e nelle persone anziane. La talassemia, un’anemia tipica delle popolazioni mediterranee e l’anemia falciforme, invece, sono ereditarie e possono essere combattute durante la gravidanza con terapie specifiche.

Anemia da carenza di ferro: Anemia provocata da insufficienza di ferro nella dieta. Questa anemia, caratterizzata da globuli rossi più piccoli del normale, può essere combattuta aumentando nella dieta la quantità di alimenti contenenti ferro (vegetali a foglie verdi, fegato, carne magra, pane integrale, frutta, etc) integrando, dietro prescrizione medica, anche con l’assunzione di medicinali a base di ferro.

Anemia falciforme: Anemia caratterizzata dalla presenza di globuli rossi anomali che tendono a rompersi quando si trovano nei capillari, dove la tensione di ossigeno è bassa.

Anemia fisiologica in gravidanza: Anemia causata da un disequilibrio della quantità di plasma (parte liquida del sangue) e del numero delle cellule nel sangue, spesso dovuta ad una carenza di ferro nell’alimentazione che non riesce ad integrare quello utilizzato dall’organismo. Il sangue risulta “diluito” con una concentrazione minore di globuli rossi. Scompare dopo il parto.

Anemia mediterranea: Vedi Talassemia.

Anestesia del nervo pudendo: Anestesia praticata in profondità, iniettando un anestetico locale sotto la parete della vagina, dove scorrono le ramificazioni del nervo pudendo.

Anestesia epidurale: Metodo per alleviare il dolore durante il parto. Consiste nell’iniettare un anestetico locale in corrispondenza del tratto lombare della colonna vertebrale, intorno al midollo spinale. Con essa si ottiene una desensibilizzazione della parte inferiore del corpo con conseguente scomparsa dei dolori. Agisce in circa quindici minuti e, anche se non fa avvertire i dolori, la donna si rende comunque conto di quando ha le contrazioni e può quindi partecipare attivamente al parto spingendo nel momento in cui sopravvengono le contrazioni utili all’espulsione.

Anestesia generale: Si effettua durante il parto cesareo, in quanto intervento chirurgico, per togliere sensibilità a tutto il corpo e poter procedere quindi con l’intervento. Non è comunque raro che in un cesareo programmato si effettui un epidurale in modo tale da rendere partecipe la donna all’evento.

Anestesia locale genitale
: Anestesia praticata iniettando un anestetico locale sui genitali esterni (vagina e perineo) durante il parto.

Anestesia spinale: Iniezione di anestetico locale all’interno del canale spinale per alleviare il dolore durante il parto. La sua procedura è simile all’anestesia epidurale, ma il suo effetto anestetico è più rapido e duraturo.

Annidamento: Processo con il quale la blastocisti si annida nella mucosa uterina (endometrio) pronta per accoglierla. Normalmente l’annidamento avviene nella parte superiore del corpo dell’utero.

Anomalia fetale: Sviluppo anomalo del feto o malformazione fetale, spesso congenita, che non significa ereditaria ma semplicemente presente dalla nascita. Non tutte le anomalie congenite, infatti, sono ereditarie, e molte malattie ereditarie non sono evidenti alla nascita. Tra le possibili cause di anomalia fetale, oltre a riscontrate anomalie genetiche, una carenza di acido folico, assunzione do sostanze nocive (teratogene) ed infezioni contratte durante il primo trimestre di gravidanza.

Anticoagulante: Farmaco che diminuisce la capacità di coagulazione del sangue.

Anticolinergici: Sono quei farmaci usati nella cura di nausee e vomito per limitare gli impulsi nervosi e la secrezione dei succhi gastrici.

Aritmie: Disturbi del ritmo cardiaco a vari livelli di gravità. In gravidanza il tipo di aritmia più frequente è la tachicardia (aumento del numero dei battiti per minuto) dovuto al maggior lavoro che il cuore deve svolgere. In caso di sofferenza fetale ne può soffrire anche il feto.

Astensione dal lavoro: Una donna lavoratrice, che sta portando avanti una gravidanza, ha il diritto-dovere, per legge, di astenersi dalla sua attività due mesi prima della data presunta del parto e fino a tre mesi successivi alla nascita del bambino (astensione obbligatoria per maternità). Qualora sussistano patologie materne e/o fetali che rendono la gravidanza a rischio, il ginecologo può prescrivere un’astensione anticipata dal lavoro, da presentare e far convalidare dall’Ispettorato del Lavoro. Se il tipo di lavoro svolto dalla futura mamma è valutato pericoloso per le sue condizioni, la donna può chiedere di essere spostata ad altre mansioni (mantenendo livello e stipendio uguale nel caso la mansione fosse inferiore, e di avere un aumento nel caso le sia affidato un lavoro con maggiori responsabilità). Se non fosse possibile effettuare tale spostamento è diritto della donna ottenere un’astensione anticipata dal lavoro. Altro diritto della donna lavoratrice è l’astensione facoltativa dal lavoro, attuabile fino ad un massimo di sei mesi, anche frazionati, dopo l’astensione obbligatoria. A differenza dell’astensione obbligatoria, regolarmente retribuita, questa è retribuita in misura minore (il 30% circa della retribuzione normale). Inoltre, durante la gravidanza, la donna può usufruire di permessi retribuiti per effettuare esami prenatali, accertamenti clinici o visite mediche di controllo. Dopo il parto, e fino al compimento di un anno di età del bambino, la donna ha diritto, per allattare, a due riposi giornalieri retribuiti di un’ora ciascuna, anche cumulabili, in accordo con il datore di lavoro. Eventuali variazioni su tali trattamenti sono regolati dai contratti collettivi di categoria.

Attività Fetale: Movimenti del feto avvertibili dalla madre a partire, in genere, dal secondo trimestre di gravidanza.

Avitaminosi: Patologia dovuta a mancanza o a carenza di una o più vitamine, composti organici necessari, seppur in piccole quantità, per il mantenimento dei processi vitali. L’avitaminosi si può verificare per un’insufficiente assunzione di vitamine con l’alimentazione, per difettoso assorbimento delle stesse a livello intestinale, per aumentato fabbisogno vitaminico da parte dell’organismo, come si riscontra nelle donne incinte che non si alimentano in proporzione alle nuove esigenze del loro particolare stato.

Azotemia e creatininemia: Analisi atte a valutare la quantità nel sangue di azoto e creatinina (prodotti di rifiuti dell’organismo che devono essere filtrati dai reni). Durante la gravidanza, la loro presenza in quantità superiore alla norma indica un mal funzionamento dei reni, cioè una risposta non adeguata al lavoro di depurazione di una quantità maggiore di sangue.

Questo sito ha carattere divulgativo e non sostituisce il parere del medico, che deve sempre essere consultato, ove necessario



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