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Alfie Evans e il NO al trasferimento a Roma

di Federica Federico

26 Aprile 2018

Alfie Evans è bambino di 23 mesi, malato ma vivo, è affetto da una grave malattia rara, una patologia neurodegenerativa che ne limita le funzioni vitali compromettendo persino la corretta autonomia respiratoria.

 

La vita di questo bimbo deve essere medicalmente assistita, ovvero va sostenuta con un percorso medico e facilitata dall’ausilio di macchinari che ne monitorino e supportino le funzioni vitali.

I medici dell’Alder Hey Hospital di Liverpool hanno “emesso una sentenza di condanna contro Alfie Evans“, lo hanno fatto nel momento in cui hanno avanzato l’istanza di staccare la spina.

Sono stati loro, i medici, a chiedere che la spina venisse staccata e la giustizia britannica ha avallato questa istanza dei dottori.

I medici hanno chiesto che le cure prestate al piccolo Alfie Evans venissero sospese interrompendo la ventilazione assistita, questo in “ragione” del fatto che il bambino non avrebbe avuto autonomia respiratorie e in un’ottica più ampia non sarebbe stato capace di sopravvivere respirando da solo.

Alfie Evans

Alfie Evans ha dimostrato che i medici si sbagliavano e la sua “inidoneità alla vita” si sta trasformando in una lotta in nome del diritto di vivere.

 

I giudici inglesi hanno avallato l’opinione dei medici stabilendo in modo autoritario che la spina fosse staccata, e così è stato!

 

Contro il parere dei genitori, senza ascoltare l’opinione pubblica e persino negando alla famiglia del paziente di trasferirlo altrove all’interno della Comunità Europea, il 22 aprile Alfie Evans è stato lasciato senza il supporto meccanico delle macchine che lo aiutavano a sostenere le sue funzioni vitali.

 

Doveva essere l’inizio della fine: per un crudele protocollo Alfie Evans è stato lasciato per sei lunghe ore senza alimentazione, né cibo né acqua, in questo tempo infinito il bambino però non è morto, all’opposto si è riabituato a respirare da solo.

 

Il papà di Alfie, Tom, ha fatto sapere che il bambino ha continuato a respirare da solo e nel suo lettino di ospedale. E’ rinato inaspettatamente fra la braccia di mamma Kate.

 

Alfie respira da solo, anche senza l’ausilio del ventilatore meccanico. Questa resistenza non ha cambiato le cose in termini legali, almeno non sino a questo momento.

Il NO al trasferimento di Alfie Evans a Roma

L’Italia, nello specifico l’ospedale Bambin Gesù di Roma, ha dato il via libera per l’accoglienza del piccolo e un aereo-ambulanza con personale medico qualificato a bordo è pronto a partire in qualunque momento per garantire il trasporto di Alfie nella capitale italiana.

 

La disponibilità del nostro Stato è dipesa dall’intercessione del Pontefice ma non solo.

Alfie Evans è un cittadino europeo e come tale dovrebbe essere libero di muoversi all’interno della comunità politica a cui appartiene, soprattutto non può essere tenuto prigioniero da una sentenza quando in gioco vi è la salute e la vita.

Inoltre quella italiana è una scelta compassionevole fondata sul rispetto della vita come bene supremo e assoluto. Ma l’Inghilterra continua a negare il trasferimento del bambino a Roma.

 

E’ delle scorse ore la notizia del conferimento ad Alfie Evans della cittadinanza italiana,

 

la decisione del governo di Roma di concedere la cittadinanza ha “motivi umanitari”, lo scopo è forzare la giustizia inglese al “rilascio” di Alfie nel tentativo di farne salva la vita.

L’Alta Corte britannica, chiamata a pronunciarsi sul trasferimento, ha sentenziato che viste le condizioni del bimbo, il viaggio verso Roma è inutile. In pratica, per i giudici inglesi Alfie sta morendo … e va lasciato morire?

 

I genitori non sono disposti a cedere, il padre ha minacciato di denunciare tre medici dell’ospedale presso cui Alfie è ricoverato, l’accusa è gravissima: cospirazione finalizzata all’omicidio.

 

Sono stati sospesi persino i bollettini medici relativi alle condizioni di Alfie Evans, ma i fatti parlano da soli.

 

A discapito di quella che doveva essere una morte annunciata, il bimbo respira da solo e, a macchine spente, vive ancora.

Alfie Evans trasferimento a Roma

Forse può aver bisogno di una tracheotomia, forse no, quel che è certo è che al momento sta ancora lottando e dimostrando che i dottori e i tribunali si sbagliavano. Ci era stato detto che non sarebbe durato 5 minuti e invece sono 36 ore che siamo sulla breccia” ha detto il papà, Tom Evans. E sottolineando la scarsissima umanità dei metodi con cui i medici avrebbero trattato il figlio, ha aggiunto: “Hanno iniziato a nutrirlo solo ieri all’una. Il modo in cui viene trattato è disgustoso, nemmeno un animale sarebbe trattato così.

Alfie Evans

Il legale della famiglia sottolinea che “In queste ore si è verificato un cambiamento significativo di circostanze come conseguenza del distacco dei macchinari salvavita ma Alfie respira ancora. Non può restare prigioniero e bloccato da un verdetto emesso originariamente tre mesi fa. Per lui c’è una fantastica alternativa di assistenza disponibile.



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