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Natalie Weaver difende la figlia disabile dai cyberbulli

di Maria Corbisiero

28 Maggio 2018

“Le persone con deformità facciali provano molta crudeltà. L’odio e le occhiatacce che ho ricevuto quando Sophia era piccola erano dolorose e mi hanno fatto nascondere per 7 anni. Più di un anno fa ho deciso di alzarmi e combattere contro tutto questo! L’odio non mi metterà a tacere! Grazie per averci supportato!”.

Sono queste le prime parole che si leggono aprendo il profilo twitter di Natalie Weaver, una mamma che oggi combatte contro i bulli che si scagliano contro la figlia disabile.

 

Natalie Weaver difende la figlia disabile dai cyberbulli.

 
Natalie Weaver difende la figlia disabile dai cyberbulli
 

Natalie Weaver è la mamma di 3 bambini. La maggiore Sophia ha 9 anni ed è nata con deformità facciali e deformità alle mani e ai piedi. È inoltre affetta dalla sindrome di Rett (RTT), una rara patologia neurologica congenita che interessa il sistema nervoso centrale diagnosticatale quando aveva appena un anno.

“Ha subito 22 interventi chirurgici – ha spiegato Natalie Weaver alla CNN – Ha un tubo di alimentazione, una sacca per la colostomia, ha crisi convulsive e soffocamento a causa delle deformità e della sindrome di Rett”.

Sophia ha dunque bisogno di una continua assistenza, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, una condizione che coloro che osservano dall’esterno e senza alcuna empatia considerano insopportabile, al punto da suggerire alla donna di porre fine all’esistenza della sua bambina.

“Le persone ti cercano e vogliono ferirti – ha raccontato Natalie Weaver – Ci sono persone che fanno di tutto per assicurarsi di mostrare la loro crudeltà. C’è gente che mi dice di uccidere mia figlia, per liberarla dalla sua infelicità”.

 
Natalie Weaver difende la figlia disabile dai cyberbulli
 

Tali attacchi si sono intensificati quando, più di un anno fa, Natalie Weaver ha iniziato a rendere pubblica la storia della sua bambina e alcune sue foto al fine di sensibilizzare le persone nei confronti di chi ha deformità facciali.

 

La famiglia, che vive a Cornelius, città statunitense situata nella Contea di Mecklenburg, nella Carolina del Nord, ogni giorno si ritrova così a combattere contro i “leoni da tastiera”, ovvero coloro che non esitano a dimostrare la loro cattiveria e odio attraverso il web.

Una battaglia che ha raggiunto il suo apice nel novembre del 2017 quando un utente della rete ha pensato di utilizzare l’immagine di Sophia per realizzare un tweet che proponeva l’aborto forzato nel caso in cui i test effettuati durante la gravidanza evidenziassero problemi al feto.

 


 

Chi ha realizzato il tweet in questione (il messaggio scritto in rosso nel collage proposto nella gallery qui sopra – ndr) voleva che la donna lo vedesse, difatti ha taggato l’account twitter di Natalie Weaver e le ha spedito la foto tramite messaggio diretto.

“L’ho bloccato, speravo solo che non ci fosse più – ha raccontato la donna – Ma non è mai stato rimosso. L’account è rimasto”.

Il messaggio ha continuato a circolare in rete nei mesi successivi, generando ulteriori commenti offensivi nei confronti di Sophia, e colui/colei che lo ha diffuso ha iniziato a contattare i followers della donna. Inoltre, una volta divenuto di dominio pubblico, diverse persone hanno iniziato ad usare quel tweet come spunto per i dibattiti sul diritto all’aborto.

Allarmata da tutto questo, ma soprattutto dal fatto che la foto della figlia venisse usata per promuovere l’aborto in caso di figli con disabilità, a Gennaio del 2018 Natalie Weaver ha iniziato ad effettuare segnalazioni chiedendo ai suoi contatti di fare altrettanto.

 

Circa due mesi dopo la pubblicazione di quel tweet, e una settimana dopo l’inizio delle molteplici segnalazioni, il social network ha comunicato alla donna di aver rimosso il post e di aver sospeso l’account che lo aveva pubblicato.

 

 

Natalie Weaver: “So cos’è la vera felicità”.

 

Oggi Natalie Weaver è impegnata in qualità di fondatrice di un’organizzazione che si impegna a preservare i diritti di bambini come Sophia e continua a combattere contro l’odio che ogni giorno riceve attraverso i social network.

“Qualcuno dirà che Sophia non merita assistenza sanitaria ed è un salasso per la società e che lei dovrebbe morire […] Molte volte penso che la gente non consideri nemmeno Sophia come una persona. So che accade anche ad altre persone con disabilità e la gente la vede come una disabile, ma voglio solo che la guardino come mia figlia”.

L’obiettivo di Natalie Weaver è proprio questo, far comprendere alle persone che Sophia è una persona come le altre, una figlia come le altre, amata così come sono amati i suoi fratelli e che le indubbie difficoltà e sofferenze che caratterizzano la vita con un bambino disabile non rappresentano la parte più importante della loro esistenza.

“Dobbiamo affrontare tante sfide ma lei ha reso la mia vita è migliore. So cos’è la vera felicità”.

 

 
 

Fonte: CNNTwitter



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