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Infertilità, gravidanza a 40anni e culle vuote

di Federica Federico

29 Giugno 2010

Perché stiamo diventando un paese di culle vuote, maternità desiderate e non realizzate, figli sperati e mai nati?

La crisi economica, il difficile inserimento nel mondo del lavoro, la rovinosa caduta verso il basso del potere d’acquisto del danaro stanno impedendo a noi donne di realizzarci pienamente e serenamente come madri.

Da poche ore rimbalza in rete questa statistica sulla fertilità: – Negli ultimi 25 anni in Italia e in Ue il tasso di fertilita’ e’ calato di circa tre volte, passando da 2,7 a 1,2 figli per donna.
E’ invece aumentata l’eta’ della prima gravidanza (30-35 anni) e quella delle mamme che accedono alla fecondazione assistita (38 anni).
In continua crescita il numero delle mamme over40: nel 2008 i bambini nati dalle ultraquarantenni erano il 6% contro il 2% del ’95.
(Fonte:ANSA.IT) –
I numeri sono perfettamente in linea con il quadro disegnato dalle ultime indagini Istat. Ed il dato rilevante e preoccupante è che per diverse e complesse ragioni nascono sempre meno bambini.

L’accesso al mondo del lavoro, già meno agevole rispetto a 15\20 anni fa, ha subito l’ennesima battuta d’arresto con la recente crisi dell’economia mondiale.
Mancando il lavoro manca la possibilità concreta di impiantare una famiglia o semplicemente di incominciare una vita di coppia autonoma. Spesso si subisce un lungo fidanzamento solo perché non esiste la possibilità di andare a vivere da soli né tanto meno di sposarsi.

Sempre meno italiani mettono la fede al dito, ci si sposa ad un’età media di 30anni per le donne e 33 per gli uomini.
Questo è un dato sconfortante per la crescita demografica. Infatti, se si considera che, nel nostro paese, i figli ancora nascono prevalentemente all’interno del matrimonio, è chiaro che sposandosi tardi si incomincia il percorso verso la genitorialità quando la fertilità è già in declino.

Del resto una crescente attenzione verso i bambini, il loro benessere e la loro serena crescita induce ogni aspirante genitore ad attendere il momento giusto per mettere in cantiere un bimbo. Ma quale è il momento giusto? È quello della stabilità economica.
I figli costano ed il danaro è poco. I salari non vengono adeguati al caro vita e il nostro paese sembra restio a garantire politiche sociali capaci di sostenere e promuovere le nascite. I bonus una tantum sono insufficienti per supportare, spronare e determinare le giovani coppie a far figli.

Le donne spesso rinunciano al lavoro dopo la nascita del loro piccolo.
Lavorare non sempre conviene ad una mamma!
Vi sembra una affermazione pazzesca e paradossale? No, è solo una considerazione che naturalmente fanno molte donne.

Pensate che una grossa fetta del lavoro femminile è sommerso, non garantito e non riconosciuto.
Pensate alla difficoltà di ottenere una flessione degli orari lavorativi.
Pensate alla mancanza di strutture ricettive pubbliche: c’è una enorme carenza di nidi. Laddove una mamma non gode del supporto dei nonni, dove metterà il fagottino durante le sue ore di lavoro? In un nido privato? Spesso le costa e le costerebbe la metà dello stipendio.
Ed ecco che lavorare risulta una operazione economicamente quasi sconveniente. Allora che si fa? Si opta per la professione “mamma”!

Ma questa opzione spesso porta con sé una enorme rinuncia quella al secondo figlio. La condizione di “mamme a tempo pieno” non aumenta il tasso di natalità, anzi, contribuisce ad abbassarlo!

Da mamma sento forte la responsabilità della crescita dei miei figli e fortissima quella del loro avviamento alla vita adulta.
Confesso che sin da ora rifletto sulla necessità di garantire loro opportunità di studio qualificate, di assicurargli un minimo salvadanaio su cui contare. E confesso anche che è difficilissimo risparmiare con due bambini.
Chi è genitore, responsabile ed attento, come oggi tutti siamo, sente forte l’assenza di supporti e tutele statali che pure dovrebbero esistere per garantire alle famiglie maggiori opportunità. Laddove una migliore politica di servizi per l’infanzia metterebbe noi donne in condizione di lavorare, il che no solo ci gratificherebbe ma ci aiuterebbe a guardare con più fiducia al futuro dei nostri figli!



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