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Marco Zani, il bambino di 11 anni morto nel rogo di Ponteterra

di Federica Federico

29 Novembre 2018

Il comune di Sabbioneta, in provincia di Mantova, ha detto addio al piccolo Marco Zani, ieri sono stati celebrati i funerali. Il bimbo è morto nella sua casa di Ponteterra, è rimasto soffocato dai fumi dell’incendio probabilmente appiccato dal padre.

 

Il fuoco ha bruciato il luogo degli affetti, ha sottolineato una violenza già denunciata, radicata, subita e ha fatto quanto di peggio poteva: ha portato via un bambino la cui unica colpa è stata nascere in una famiglia segnata dalla violenza domestica.

 

Marco Zani è morto a causa dei fumi inalati durante un rogo doloso appiccato in casa sua nel pomeriggio del 22 novembre, la mamma era uscita per accompagnare il fratello maggiore all’oratorio, Marco riposava in camera sua e al piano inferiore c’era il fratellino più piccolo.

 

Sono bastati pochi minuti d’assenza da casa, quando la madre è rientrata ha visto la sua vita andare in fumo, subito ha allertato i soccorsi e si è precipitata a salvare i figli. Dopo aver condotto in salvo il più piccolo, è stata fermata dalle autorità, raggiungere Marco era rischioso e quando i vigili sono arrivati a lui il ragazzino era già privo di sensi.

Marco Zani

Marco Zani, un angelo innocente.

 

La stampa locale riporta il resoconto di una morte sofferta e atroce: Marco Zani è rimasto bloccato nella sua stanza, non è riuscito ad aprire gli scuri delle finestre, non ha potuto trovare abbastanza aria respirabile attraverso le fessure e, così, è morto intossicato dai fumi.

 

E’ sul padre che grava ora la pesantissima accusa di omicidio volontario, oltre che di incendio doloso. L’uomo continua a professarsi innocente, ma è stato fermato poche ore dopo l’episodio dalla polstrada di Cremona e subito è stato ritenuto responsabile dei fatti che hanno condotto Marco alla morte.

Secondo la stampa locale la madre di Marco è stata a lungo vittima di violenze domestiche. E, a quanto pare, la famiglia era appena rientrata da una località protetta nella quale si era trasferita proprio per “rimanere al sicuro”.

Le indagini, affidate alla procura di Mantova, procedono, ma qualunque sarà il loro esito la morale sociale che questa storia porta con sè è tristemente nota, già scritta in altre storie di sangue del nostro paese, come la vicenda di Luigi Capasso o quella di Filippone.

 

Il celebrante, durante le esequie del piccolo, ha richiamato in tutti i preseti il ricordo degli occhi di Marco, per la loro luce e innocenza hanno rappresentato l’emblema della purezza, questo sguardo va affidato a tutti, anche a chi non lo conosceva. Ogni mamma deve accoglierlo e ogni persona deve portarlo con sè affinché rappresenti un monito per combattere la violenza domestica, anche quella che non “ci appartiene” ma che potremmo vedere se solo volessimo aiutare, guardare al prossimo, sostenere e non negare nascondendoci nel nostro piccolo.

 

Aiutiamo le donne ad aiutare se stesse!



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