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Il bullismo determina modificazioni strutturali nel cervello delle vittime

di Federica Federico

02 Maggio 2019

Siamo abituati ad affrontare il tema del bullismo come un problema dell’ora, cioè come una questione presente e immediata che si sostanzia in un’azione violenta praticata con effetti e conseguenze imminenti. Il concetto di bullismo si sta fortemente concretizzando nel comune immaginario proprio in questo modo: come un problema “imminente e materiale”. Questa idea, immediata e oggettivale, rischia di “negare spazio” al bullismo immateriale, cioè quello psicologico e verbale, rischiando, altresì, di trascurare gli effetti che si riverberano nel lungo periodo in conseguenza della vittimizzazione. Il bullismo, però, ha una serie di effetti e un’infinità di manifestazioni non tangibili che pure meritano la debita attenzione.

 

Pochi mesi fa (nel dicembre 2018) i ricercatori del King’s College di Londra hanno pubblicato i risultati di una ricerca capace di fare luce proprio su alcuni aspetti non immediatamente tangibili del bullismo, aspetti assolutamente gravissimi.

 

 il bullismo determina modificazioni strutturali nel cervello

Immagine di repertorio, fonte 123Rf con licenza d’uso

 

Il bullismo reiterato (cosiddetto continuato o cronico) è capace di imprimere la sua impronta nel cervello delle vittime, questo ciò che risulta dalla ricerca.

 

La suddetta ricerca dimostra che il bullismo determina modificazioni strutturali nel cervello delle vittime (sempre che, appunto, non sia un bullismo occasionale, ovvero arginato, compreso e bloccato in tempo).

 

Ci sono adulti, anche docenti, che pur di minimizzare le dinamiche adolescenziali, oggettivamente sempre più inquinate dal bullismo, spesso sminuiscono i prodomi delle vessazioni e traducono gli atti di sopraffazione tra coetanei in meccanismi normali\banalizzabili, legati all’età e ai contesti, superabili e non degni di analisi.

 

 il bullismo determina modificazioni strutturali nel cervello

Immagine di repertorio, fonte 123Rf con licenza d’uso

 

Si dovrebbe, invece, imparare a considerare il bullismo nelle sue prime forme riconoscendolo laddove è ancora in embrione. Arginarlo prima che sia diventato un danno o un cancro, non solo riduce gli effetti sulle vittima, ma stronca il dilagare del fenomeno aggressivo. Allo stesso modo si dovrebbero ammettere gli effetti non tangibili del bullismo.

 

Il bullismo è un pugno, un dente rotto, ma è anche isolamento, vittimizzazione e può fare di peggio, per esempio, secondo la recente ricerca scientifica, che qui presentiamo, il bullismo determina modificazioni strutturali nel cervello delle vittime.

 

In che modo il bullismo determina modificazioni strutturali nel cervello delle vittime croniche? I risultati della ricerca made in Gran Bretagna:

 

i ricercatori inglesi hanno campionato 682 ragazzi tra i 14 e i 19 anni, la ricerca può definirsi interculturale perché ha avuto ad oggetto partecipanti provenienti non solo dall’Inghilterra, ma anche dall’Irlanda, dalla Francia e dalla Germania.

 

Il campione è stato attinto da un altro progetto, tutti i partecipanti, infatti, facevano parte del progetto a lungo termine denominato IMAGEN e volto alla valutazione dello sviluppo del cervello e della salute mentale degli adolescenti.

 

Come parte di questo progetto, sui partecipanti sono state effettuate anche alcune scansioni cerebrali ad alta risoluzione. Le immagini attestano la “vita cerebrale” di questi ragazzi in due fasi precise dello sviluppo cerebrale: i 14 e i 19 anni.

 

Gli studiosi precisano che l’adolescenza (e, alla stessa stregua, la pre-adolescenza), pur attirando l’attenzione dell’adulto per i cambiamenti emozionali e emotivi che determina, è uno dei periodi di massima espansione e siluppo cerebrale. Questa crescita fisica del cervello in età adolescenziale, per quanto poco nota, va considerata rispetto agli effetti che su essa determinano (o possono determinare) le circostanze esterne.

 

 il bullismo determina modificazioni strutturali nel cervello

Immagine di repertorio, fonte 123Rf con licenza d’uso

 

Posto il campione, all’età di 14, 16 e 19 anni dei ragazzi partecipanti allo studio, gli scienziati hannoconstato nei soggetti bullizzati modifiche cerebrali riconducibili a condizioni di vittimizzazione da parte di coetanei e in età adolescenziale o pre-adolescenziale, constatando, altresì, che le vessazioni subite furono lunghe o gravose. Pertanto, gli studiosi hanno concluso che il bullismo determina modificazioni strutturali nel cervello delle vittime.

Tutti i partecipanti del progetto IMAGEN dovevano anche compilare questionari sul bullismo e sul loro eventuale ruolo di vittime, è avvenuta così la selezione specifica del campione di vittime del bullismo selezionate all’interno del più grande progetto primigenio.

Dei 682 giovani risultati vittime di bullismo, in 36 hanno avuto esperienza di bullismo cronico. I dati di questi 36, ovviamente in termini di effetti psico-cerebrali e di salute mentale, sono stati messi a confronto con gli altri giovani partecipanti, soggetti sì a bullismo ma in misura non cronica né grave. In particolare sono stati esaminati i cambiamenti nel volume cerebrale e i livelli di depressione, ansia e iperattività al raggiungimento dei 19 anni.

La vittimizzazione tra pari (che è effetto ultimo del bullismo) risulta collegata a problemi di salute mentale. Ma la vera scoperta di questa ricerca è ben più determinante: il bullismo cronico o reiterato o grave sarebbe capace di ingenerare una modifica strutturale nel cervello umano, modifica identificabile in una diminuzione del volume di due parti del cervello (nello specifico quelle parti chiamate in gergo medico: nucleo caudato e putamen).

Questi cambiamenti strutturali sarebbero in sè capaci di spiegare anche l’insorgenza di ansia, depressione e problemi attentavi, sintomi ricorrenti in chi è stato cronicamente vittimizzati in età adolescenziale (o pre-adolescenziale). Posto che i suddetti cambiamenti sono stati confermati dalle visite e dalle scansioni avvenute nel 19° anno d’età dei soggetti campionati, è chiaro che questi effetti del bullismo sono effetti a lungo termine.

Il ricercatore capo Erin Burke Quinlan dell’Istituto di Psichiatria, Psicologia e Neuroscienze del King’s College di Londra sostiene che sebbene non sia classicamente considerato rilevante per l’ansia, l’importanza dei cambiamenti strutturali nel putamen e nel nucleo caudato, si riconnette molto probabilmente a comportamenti e situazioni correlate alla sensibilità alla ricompensa, alla motivazione, al condizionamento sociale, all’attenzione sociale e all’elaborazione emotiva.

La vittima del bullo, il cosiddetto vittimizzato, andrebbe, dunque, considerato come un soggetto a rischio prolungato: il suo pericolo non è solo ora e adesso, ma è dentro di lui\lei come una condizione continuativa e silente.

Tutto questo rende ancora più importante e seria la lotta al bullismo, nonché la prevenzione del bullismo e la costante tensione ad arginarlo già in fase embrionale.



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