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Skullbreaker Challenge: pericolo di morte, lo spiegano i medici

di Federica Federico

20 Febbraio 2020

L’allarme Skullbreaker Challenge o “Sfida del Cranio” è esploso in Italia nelle ultime ore, la Challenge arriva probabilmente dalla Spagna e si sta virilizzando già da diverse settimane. Rispetto ad altre sfide online questa ha dei profili di pericolosità maggiori che attengono all’elevata esposizione al rischio del “soggetto vittima“.

 

Ebbene sì, la Skullbreaker Challenge ha uno schema sfida non consueto. Proviamo a osservarlo da vicino:

 

due autori coscienti chiamano un compagno “ignara vittima” a partecipare a un video (quasi sempre virilizzato via social, la stampa sostiene che detti video siano prevalentemente virilizzati via Tik Tok), l’invito è all’apparenza innocuo poiché esorta il terzo a partecipare a un video in cui si salta felici ed affiancati. Visto così, che male c’è in un esultante saltello in amicizia?

 

Il “brutto” arriva quando durante il salto della “vittima” i due compagni che lo affiancano allungano le gambe verso l’interno mettendogli lo sgambetto in modo fatale.

 

ATTENZIONE: la presenza di un componente vittima associa alla pericolosità per la salute uno scenario limitrofo ad atti bullizzanti. E questo è un elemento non trascurabile.

 

Skullbreaker Challenge

Skullbreaker Challenge in azione, i video sono angoscianti.

 

Non a caso poc’anzi abbiamo parlato di fatale sgambetto, il modo in cui la vittima viene indotta a cadere, rispetto a uno sgambetto comune, è infatti molto più pericoloso.

Lo sgambetto è qui realizzato ponendo il piede-ostacolo non davanti alla vittima ma dietro dove lo sguardo non arriva: i piedi che ostacolano la caduta nella Skullbreaker Challenge sono posti dietro la vittima ignara.

Così, per la tipologia del salto e per l’atterraggio alterato dall’intralcio volontario dei compagni, la vittima perde l’equilibrio cadendo di schiena con un’altissima probabilità di battere il cranio per terra. Di fatto è difficilissimo che chi cade possa in qualche modo parare la caduta con le braccia.

 

tik tok e Skullbreaker Challenge

 

In Spagna, dove è nata la Skullbreaker Challenge, almeno secondo le prime ricostruzioni web, sono intervenuti i medici per spiegarne la gravità.

 

La Skullbreaker Challenge espone al pericolo di morte, lo spiegano i medici:

 

se su Twitter corre voce che il bambino che appare in uno dei video della Skullbreaker Challenge sia ricoverato in un’unità di terapia intensiva per fratture al cranio conseguenti alla caduta, i medici avvisano tutti del pericolo e chiariscono, con dovizia di particolari, la portata concreta di questa sfida.

 

La caduta interessa non solo il bacino e la schiena, ma soprattutto la parte posteriore del cranio che finisce a terra per ultima schiacciata dalla forza prodotta nel corso dell’intera sfida, cioè dell’intero salto.

 

La Skullbreaker Challenge espone al pericolo di morte, lo spiegano i medici:

 

Il nome della Skullbreaker Challenge, “Sfida del cranio o rompi teschi oppure teschio rotto”, non è affatto casuale.

 

I medici sottolineano l’irresponsabilità della condotta dei giovani: i ragazzi non considerano debitamente che un colpo violento nell’area collo, nuca, capo può causare più di uno spavento. Le conseguenze altamente probabili vanno dalle fratture craniche alle convulsioni dovute al contraccolpo su aree cerebrali interne, c’è la possibilità di fenomeni emorragici, distorsioni cervicali e colpo di frusta.

 

La Skullbreaker Challenge espone al pericolo di morte, lo spiegano i medici:

 

La Skullbreaker Challenge non esclude danni a lungo termine al cervello, come epilessia e può portare persino alla morte.

 

La Skullbreaker Challenge è arrivata anche in Italia, le mamme sono in allarme le scuole dovrebbero avvalersi di esperti della comunicazione social per parlarne ai ragazzi.

 

Va detto però, per completezza di informazione, che i video sono stati virilizzati prevalentemente in paesi di lingua spagnola, come Messico, Colombia, Cile, Argentina e Guatemala, solo per citarne alcuni.

 

ATTENZIONE, possiamo fermare la Skullbreaker Challenge ma non è questa la prima sfida mortale posta in essere dai giovani.

 

Di fatto il pericolo della viralizzazione di altre sfide altamente pericolose resterà vivo sin quando ai nostri ragazzi non verrà garantita la migliore e più attenta educazione e formazione digitale.

 

I social non sono il demonio, non hanno una pericolosità insita, anzi, sono nati come uno strumento di diffusione dell’informazione e sono un importantissimo mezzo di acculturazione. La pericolosità dipende, come per qualsiasi altra cose, dal cattivo uso che se ne può fare.

Persino un barattolo di miele è pericoloso se mangiato tutto in una volta, mentre è salutare disciolto nel latte un cucchiaino per volta. Cosa c’entra il miele? Perdonate il paragona minimalista, ma va detto che rispetto all’universo digitale e ai pericoli a cui espone, i nostri figli sono vulnerabili nella misura in cui noi adulti restiamo impreparati e, quindi, del tutto incapaci di giurarli ed educarli.

 

I ragazzi devono comprendere che i social hanno un valore funzionale rispetto al quale non può prendere il sopravvento la smania di esposizione e l’ansia del Like. Noi per primi non dobbiamo evitare che il mondo virtuale ci corrompa.

 

Il Ministero della Pubblica Sicurezza in Spagna ha lanciato un appello ai genitori chiedendo a tutti di potenziare il controllo sui dispositivi social dei figli.

L’appello che ci sentiamo di lanciare noi come rete di ascolto delle mamme è solo apparentemente diverso: educate i vostri figli a confrontarsi con voi, lo scopo ultimo, essendo loro solo frecce al nostro arco meritevoli di essere liberate lontano, è quello non di controllarli ma di renderli capaci di auto-controllo. I ragazzi devono vivere la vita social (che tale è, cioè una realtà concreta con conseguenze tangibili) con la stessa criticità con cui vivono quando il telefonino sta in tasca. La webcam accesa non deve corromperli e noi dobbiamo essere d’esempio in questo senso.

 

 

Personalmente propongo sempre di riflettere su un esempio semplice: se il figlio ruba le merendine a tutte le ore svuotando la dispensa e poi a tavola non mangia, la mamma che decide di nascondere le merendine ha fatto il bene del figlio?

 

La risposta più giusta è NO, perché nascondendole non lo ha liberato dal desiderio di mangiare fuori pasto cose insane e nemmeno lo ha educato alla correttezza in famiglia, né gli ha dato modo di capire che ciò che fa è sbagliato.

C’è molto da riflettere e il vero problema non è solo la Skullbreaker Challenge.



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