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Dieta a zona, i consigli del nutrizionista

di Dott. Antonio Cretella

20 Febbraio 2012

In una società in cui  la perdita dei chili di troppo rappresenta In una società in cui la perdita dei chili di troppo rappresenta uno dei problemi più diffusi, c’è chi tende a fare tutto da solo, magari creando diete fai da te oppure affidandosi ad internet per sperimentare l’ultima novità del momento.

Seguire questo tipo di diete è spesso comodo, ma allo stesso tempo pericoloso, poiché prive di riscontro medico.

Una delle diete più gettonate, scovate nel web, è sicuramente la dieta a zona.

Nata agli inizi degli anni ’90 negli Stati Uniti e ideata dal biochimico Barry Sears, ha inizialmente fatto breccia nel mondo dello sport, promettendo di migliorare le prestazioni degli sportivi che l’avessero seguita. Un semplice dato basta da subito a smentire quanto asserito da Sears: gli atleti professionisti seguono diete diverse tra loro, ma nessuno primeggia sempre e comunque. Questo dimostra che l’alimentazione conta molto, ma sicuramente meno del talento e dell’allenamento.

A differenza delle altre diete nelle quali normalmente si individua un apporto calorico adeguato per ciascun paziente, frazionandolo poi tra i vari pasti della giornata, la Dieta a Zona ritiene invece fondamentale stabilire come prima cosa il fabbisogno proteico in base alla percentuale di massa grassa del singolo soggetto.In una società in cui  la perdita dei chili di troppo rappresenta

 

Ma non tutte le proteine sono uguali, infatti quelle ritenute “Zona-favorevoli sono in realtà solo quelle presenti in alimenti come: pollo, pesce, tacchino e albumi d’uovo, ossia in tutti gli alimenti poveri in grassi saturi. L’apporto delle proteine è fondamentale secondo Sears in quanto queste stimolerebbero un ormone chiamato glucagone il quale a sua volta sarebbe in grado di sfruttare il grasso sotto forma di energia.

Per quanto riguarda invece i carboidrati Sears suggerisce di utilizzare prevalentemente quelli ritenuti “favorevoli” che sono contenuti in alimenti come frutta e verdura. Questo perchè avendo un basso indice glicemico, gli zuccheri entrerebbero lentamente nella circolazione sanguigna, impedendo così i processi di immagazzinamento sotto forma di grasso corporeo.

Se per certi versi Sears evidenzia come l’eccesso di carboidrati da un lato, e lo scarso utilizzo di grassi essenziali dall’altro, rappresenti oggi una delle principali cause del soprappeso, per altri versi rischia di creare un regime alimentare troppo sbilanciato a favore dell’apporto proteico, quindi non adatto a diventare come indica la stessa parola “diaita” dal greco, uno stile di vita.

Qualunque dieta con un apporto di carboidrati inferiore al 50% delle calorie giornaliere, rappresenta una dieta ipocalorica, e come tale se protratta nel tempo finisce per abbassare il metabolismo. Dal punto di vista applicativo, questa dieta per chiunque l’abbia sperimentata è risultata essere ben presto un vero rompicapo matematico. Sears infatti propone un sistema a “blocchetti” con il quale rispettivamente ad 1 Blocco di proteine dovrebbero corrispondere 7 gr di proteine, ad 1 Blocco di carboidrati 9 gr di carboidrati e in fine 1 Blocco di grassi 3 gr . Chiunque abbia un po’ di dimestichezza con il calcolo delle calorie si renderà conto subito che la dieta a zona è una dieta da maniaci dell’alimentazione.

In una società in cui  la perdita dei chili di troppo rappresenta

Con questa dieta è sicuramente possibile ottenere un dimagrimento come risultato finale, ma ciò non dipende certamente dalla “zona”, ossia dal giusto intervallo tra gli ormoni, ma deriva semplicemente dal fatto che questo è un regime alimentare di tipo ipocalorico.

Va inoltre assolutamente ricordato che qualunque sostanza prodotta dal nostro organismo ha uno scopo ben preciso, ed è cosi anche per l’insulina, che non può essere assolutamente considerata solo per gli aspetti negativi proposti dalla dieta a zIn una società in cui  la perdita dei chili di troppo rappresenta ona. Basti pensare che chi pratica attività fisica intensa consuma le scorte di glicogeno muscolare, che deve poi necessariamente reintegrare. Per farlo deve assumere carboidrati ad alto indice glicemico (gli stessi che vengono completamente eliminati dalla dieta a zona) poiché è proprio l’insulina che ordina alle cellule di ripristinare le scorte di glicogeno. Se queste non vengono ripristinate, le prestazioni tendono a calare e si rischiano addirittura infortuni muscolari.

Basta quindi semplicemente mangiare il giusto, con un’equa distribuzione di carboidrati, preferendo cibi a indice glicemico normale (per capirci legumi, cereali , pasta e pane integrali) accompagnati da altri ricchi in fibre come frutta e verdura, come ci insegna da anni la nostra dieta mediterranea.

La dieta a zona, come molte altre diete, non considera tutte queste evidenze, diventando di fatto una dieta iperproteica, che quindi risulta maggiormente adatta ai sedentari, mentre paradossalmente è molto diffusa negli ambienti sportivi.

 



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