In periodo di crisi ci si inventa di tutto pur di vendere e guadagnare.
La concorrenza si fa pensante e spietata e i commercianti si ritrovano spesso a dover sgomitare con il proprio “vicino” di esercizio per accaparrarsi la clientela.
Un ultimo trucco per invogliare gli utenti ad un maggiore acquisto, soprattutto per quanto riguarda il settore dell’ abbigliamento, è stato rilevato e rivelato dall’ autorevole settimanale britannico Economist.
A quanto pare, nel corso degli anni, non sono solo i prezzi gli unici ad aver subito aumenti, bensì, secondo i dati grafici riportati dal giornale, anche le misure e le taglie degli abiti sono leggermente “lievitati”, seguendo una vera e propria inflazione di taglie.
Ma facciamo due calcoli!
Un taglia 48 (size 14, misura britannica) indossata negli anni settanta, precisamente nel 1975 come indica il grafico, oggi ha le stesse misure in centimetri (il grafico usa come unità di misura i pollici) di una taglia 52.
Cosa vuol dire ciò?
Che se noi col passare degli anni siamo ingrassati e il nostro girovita ha aumentato il suo volume, nonché i centimetri, anche il nostro abbigliamento si è allargato di ben 10 cm sui fianchi e 8 cm in vita.
Un aumento questo che invoglia maggiormente all’ acquisto le persone che, solitamente demoralizzate dal loro aspetto, da loro stessi ritenuto eccessivamente rotondo, si sentono gratificate e motivate all’ acquisto sapendo di riuscire ad “entrare” in una taglia in meno.
Diciamoci la verità, siamo o non siamo particolarmente soddisfatte quando, in un negozio, chiediamo un pantalone della nostra taglia e questo, non appena indossato, ci risulta essere largo “costringendoci” a chiedere al commesso una taglia in meno?
Pur non essendo cambiato il nostro peso corporeo, tutto un tratto ci sentiamo più “leggere” e questa ritrovata felicità ci rende più disponibili all’acquisto.