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Depressione post partum dei papà : cosa fare quando il padre è depresso?

di Federica Federico

07 Settembre 2010

È di queste ore la notizia che l‘“Archives of Pediatrics & Adolescent Medicine” ha riscontrato l‘incidenza della depressione post – parto anche sugli uomini. È stato monitorato un campione di circa 87.000 famiglie in un arco di tempo compreso tra il 1993 ed il 2007, dallo studio emerge che non solo le madri, ma anche i padri sarebbero esposti al rischio di depressione nel corso dei primi dodici anni d’età dei bambini, di fatto si ammalerebbero il 7,53% delle donne ed il 2,69% degli uomini. La malattia colpirebbe maggiormente i neo genitori particolarmente giovani e quelli con meno possibilità economiche.

Per molte mamme questa notizia, per quanto appena battuta, non rappresenta una “rivelazione”; tante donne, infatti, hanno scoperto e vissuto nella loro casa e nella loro coppia la <<depressione dei papà>> .

Come è possibile che la depressione post – parto colpisca il papà?
È la donna che partorisce, è nostro il coinvolgimento fisico nella gravidanza e nell’atto di mettere al mondo il bambino siamo noi a “soffrire”.
È della mamma il seno che allatta ed il corpo stanco.
A noi appartengono le ferite e dentro ogni donna, sin da subito, deve partire il motore dell’amore per sostenere, le notti insonni, i risvegli improvvisi e le impegnative cure di cui il bebé necessita.

Allora gli uomini cosa c’entrano?


Se facessimo una analisi sommaria dei ruoli genitoriali, certamente riusciremo a comprendere un cedimento della mamma, giustificato dalla grande fatica che la donna vive nel fisico e nell’animo, meno facile è inquadrare la debolezza dell’uomo che a cui il bimbo arriva dalle fatiche della compagna.

In verità un aspetto della “vita da genitori” che accomuna mamma e papà è proprio lo stravolgimento dell’esistenza che il bimbo realizza solo venendo al mondo.
Soprattutto quando una gravidanza è fisiologica e poco problematica, la gestazione altera poco le abitudini e gli equilibri della coppia. Essa più che altro rappresenta il momento della progettazione di un cambiamento di vita, viene organizzato e pianificato a livello teorico il futuro con il bambino.
Del tutto diverse saranno le cose quando il bebé sbarcherà tra le braccia di mamma e papà; dal momento della nascita i progetti pensati nel corso della gravidanza dovranno divenire fatti concreti e non sempre l’idea che i neogenitori si erano fatti della vita con il bambino corrisponde alla realtà che si trovano, poi, ad affrontare.
È qui che qualche cosa si altera negli equilibri delle giovani madri e dei freschi papà.
Scoprire che non solo la vita non è più la stessa, ma addirittura la fatica è tanto maggiore di quanto non avessimo previsto, è spesso traumatico.
Il più grande cambiamento che il figlio porta nella vita dei genitori è la “compressione della autonomia di mamma e papà, sia come individui che come coppia”.
Chi di noi è già madre sa che le proprie giornate le appartengono ormai in modo marginale, perché il nostro tempo, i nostri obiettivi e le personali aspirazioni tendono naturalmente a soddisfare l’interesse dei figli. In pratica ogni spazio del vivere quotidiano viene, da noi mamme, organizzato per i bimbi. Tutto ruota intorno ai pupi, anche il lavoro acquista una importanza diversa, esso pure diviene un impegno finalizzato ad aumentare il benessere e le possibilità offerte ai piccoli.
Chiaro è che per noi restano pochi scampoli di tempo, che spesso non usiamo per fare grandi cose perché in fondo siamo fin troppo stanche. Queste considerazioni e la sensibilissima riduzione dello spazio personale interessano le mamme come i papà. Del resto il ruolo del padre negli anni è cambiato, mentre una volta l’uomo assolveva ai suoi doveri familiari già solo lavorando e quindi sostenendo economicamente la famiglia, oggi noi stesse pretendiamo una partecipazione completa dell’uomo nella gestione dei bimbi. I moderni papà cambiano i pannolini, danno la pappa e spingono le carrozzine al parco, anche da soli; ed è a questa parità di ruoli che spesso corrisponde una parità d’ansie, paure e cedimenti.

Da certi punti di vista i “papà depressi” possono considerarsi anche più deboli delle madri nella stessa situazione perché la donna ha dalla sua parte un’arma invisibile, innata ed impareggiabile: l’intimo contatto con il bambino. La mamma, soprattutto nei primissimi mesi di vita della sua creatura, vive un continuo interscambio emozionale con il bambino, frutto del rapporto fisico vissuto durante la gestazione. Questo “percepire intimamente” il piccolo è una risorsa d’amore che fortifica e sostiene noi donne.
I padri non hanno la possibilità di sfruttare una simile spinta emotiva, loro non hanno altro che noi mamme. Insomma quando l’uomo si svela un padre triste, non colpevolizziamolo, non aggrediamolo, non biasimiamolo, ma prendiamolo per mano, sarà nostro il compito di accompagnarlo nella scoperta delle gioie della paternità.

In questi casi il compagno ha bisogno di due cose su tutte, scoprirsi amato dalla mamma, malgrado le sue difficoltà ad entrare nel ruolo di padre, e capire che alle rinunce che un figlio pretende corrispondono le gioie che sa dare e saprà donare nel tempo.
La parola d’ordine è coinvolgere i mariti a tutti i costi, anche a costo di mentire << Mi tirano i punti non posso stare in piedi, cambia tu il pannolino>>, <<Ho messo il pupo nel bagnetto ed ho scordato il telo , lo prendi. … Già che ci sei mi tieni l’asciugacapelli che deve stare un po’ più lontano dalla testina >>, << Per prendere la vitamina il pupo deve essere distratto, fai qualche faccia strana io non riesco ad attirare la sua attenzione>>. Sicuramente sareste in grado di fare benissimo ogni cosa e sopperire, senza disagio per il bimbo, alla temporanea tristezza del papà, ma, mammine, ricordatevi che a volte gli adulti hanno bisogno di tanto amore perché, come i bimbi, celano grandi fragilità che solo l’affetto sa colmare e curare.



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