Stando ai dati rilevati da un recente studio effettuato dal reparto salute della donna e dell’età evolutiva del Cnesps-Iss (Istituto superiore sanità), successivamente reso noto attraverso la pubblicazione di un rapporto Istisan, l’Italia risulterebbe avere un alto tasso di mortalità materna a paragone degli altri Paesi dell’Europa Occidentale.
In totale disaccordo con una precedente ricerca pubblicata nel 2010 sulla rivista Lancet, che contava 4 morti ogni 100 mila nati vivi (ricerca svolta in 181 paesi nel periodo intercorso tra il 1980 e il 2008 ed effettuata su un calcolo basato esclusivamente sui certificati di morte), questo nuovo studio ha fatto emergere un tasso di mortalità superiore del 63%, ossia 11,8 morti.
Attraverso il metodo del record linkage, sistema che raccoglie maggiori dati sul paziente, studiandone l’anamnesi, questa nuova ricerca ha raccolto dati per circa 7 anni (2000-2007) e solo in alcune regioni italiane: Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia.
Così facendo si è registrato un tasso di mortalità materna di ben 3 volte superiore a quello precedentemente esposto.
Inoltre si è potuto appurare che il rischio aumenta ulteriormente quando la donna ha superato i 35 anni e, addirittura, triplica nei casi di parto cesareo. Incidono ulteriormente sull’alto tasso di mortalità anche la provenienza straniera e il basso livello di istruzione.
“Circa il 50% delle morti è evitabile, in parte perché legate a casi di emorragia ostetrica, preeclampsia e tromboembolia, che possono essere ridotte”
spiega Serena Donati, una delle ricercatrice del Cnesps-Iss.
Infatti, tra le maggiori cause di mortalità materna sono state rilevate:
- le emorragie;
- complicazioni legate al parto;
- neoplasie;
- patologie cardiovascolari;
- suicidi. Quest’ultimi sono considerati tra le cause indirette in quanto risultano appartenere a malattie preesistenti o insorte durante la gestazione e da essa aggravate.