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Bambini nel lettone dei genitori, cosa fare e non fare

di Dott. Giuliano Gaglione

10 Agosto 2012

Comunemente i sogni possono essere definiti come una rappresentazione fantastica non mediata dalla volontà, la quale si manifesta durante le ore di sonno, in cui la mente “elargisce” immagini piacevoli o addirittura sgradite (i cosiddetti incubi).

Riflettendo più accuratamente, esiste un’altra tipologia di sogno, quello “ad occhi aperti” attraverso cui la mente trasmigra dalla realtà e si approfonda in un regno fantastico costituito da elementi policromatici che favoriscono una sensazione di piacevole sollievo e pace.

Cari bimbi, ricordate una famosa frase di Cenerentola “… e il sogno realtà, diverrà”? Tuttavia esistono dei sogni che paradossalmente sono già una realtà concreta, materiale, tangibile e questa realtà siete proprio voi, splendidi fanciulli: voi siete nient’altro che la fusione di un corpo e un’anima dal valore inestimabile, anzi è impossibile quantificare l’infinito e voi, piccole gioie, rappresentate l’emblema di un meraviglioso paradosso che unisce umanità ed infinito.

Esistono dei momenti in cui mamma e papà sono “avvolti” contemporaneamente da più sogni: quelli prodotti dalla mente che si sviluppano quando essi ormai dormono e quelli reali, concreti, che sono gli stessi pargoli, il frutto del loro amore, un tesoro di gioia da custodire gelosamente tra le loro braccia, anche a letto, luogo in cui si allontanano momentaneamente tutte le preoccupazioni e ci si culla tra i calorosi palmi della dolcezza e dell’affetto.

Quando si è a letto a volte si è spinti dal desiderio di unire l’intera famiglia a costo di stringersi un pochino e non stare totalmente comodi pur di farsi coccolare tutti insieme dalla morbidezza dei cuscini, dal calore del piumone e dall’affetto di un abbraccio.

Mamma e papà ai lati del lettone e il piccolo (a volte “i piccoli”) al centro, protetti e al sicuro: ecco un ritratto tipico di una famiglia unita, che condivide ore di relax e di riposo insieme, amorevolmente.

Tuttavia accade spesso che sono i piccoli di casa a volersi addormentare nel letto matrimoniale “tra mamma e babbo”; ciò può avvenire per diversi motivi: hanno difficoltà a prendere sonno, sono particolarmente agitati oppure hanno appena avuto un incubo; questi sono tutti fattori aventi un rilevante comune denominatore: la convinzione di sentirsi al sicuro una volta “immersi” nel lettone.

È difficile per un genitore resistere agli occhi dolci e alla voce tenera del loro piccolo che amabilmente chiede di catapultarsi tra le loro braccia, per cui, senza pensarci a lungo l’accolgono con affetto misto a pazienza e come per magia il bambino teneramente si lascia cullare da ben “sei braccia” – quelle dei genitori e quelle di Morfeo – per cui inevitabilmente si addormenta accantonando tutti i motivi della sua insonnia.

Torniamo un attimo indietro e focalizziamoci al momento in cui il bambino si trova ai piedi del letto e domanda ai genitori se possono accoglierlo: a questo punto le madri ed i padri si trovano dinanzi ad un bivio: proteggere il loro piccolo e renderlo sereno col rischio di far diventare questo gesto un’abitudine favorente un processo di dipendenza dai genitori oppure farlo ritornare nel suo lettino vivendo e affrontando in prima persona le sue difficoltà incentivando in questo caso il suo senso di autonomia?

Stabilire una linea di confine in questo ambito, così come in tantissimi altri, è un passo assolutamente arduo ed azzardato in quanto ogni famiglia è un sistema a sé stante con ritmi evolutivi assolutamente soggettivi; fatto sta che bisogno di protezione e senso di autonomia rappresentano tappe assolutamente importanti nello sviluppo di un individuo; per tal motivo è il genitore stesso che deve intuire quando è benefico fornire sicurezza e quando favorire uno svincolo ai propri figli.

C’è chi afferma che quello del genitore è il mestiere più difficile al mondo, effettivamente non è semplice relazionarsi ai propri piccoli utilizzando metodi che favoriscano continuamente uno sviluppo funzionale; tuttavia io reputo che tenere un figlio tra le braccia rappresenti una sensazione che va oltre l’immensità e che, anche se è così “forte” da un punto di vista emozionale, è necessario venga controllata cognitivamente.

Il binomio mente-cuore rappresenta un legame che sicuramente non lascia indifferente nessuno, dunque è importante saper creare un equilibrio tra questi due elementi così imponenti; pertanto, se adattiamo questo discorso al concetto: “Bambini nel lettone, sì o no?” è necessario che siano i genitori stessi a fornire un senso a tale scelta, che sia frutto di un lavoro in cui si mescolino inevitabilmente emozione e cognizione.



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