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Ai bambini si deve sempre dire la verità?

di Dott. Giuliano Gaglione

21 Agosto 2012

Ragazze Madri: sono donne sole con dei bambini da crescere senza il supporto e l’aiuto di un compagno.

I loro figli sono bambini a cui la vita, per circostanze particolari e non fortunate, ha tolto la possibilità di crescere accanto a due figure genitoriali.

Il padre non c’è per questi figli di sole mamme; il padre è un “uomo” che se n’è andato lasciando la donna che “amava” (o diceva di amare) da sola e con una creatura da crescere.

Una mamma, utente di Vita da Mamma, si è interrogata sull’opportunità di spiegare ad un bambino una simile assenza del padre.

Le mamme devono dire la verità ai loro bambini?

Il Dottor Giuliano Gaglione ci aiuta ad affrontare questa delicata tematica.

Il distacco dal ventre materno è il primo lampante esempio di come la vita riservi ad ogni individuo delle prove assolutamente non semplici da superare: col passare del tempo ognuno si rapporta a questi ostacoli in maniera differente, da chi vuole necessariamente superarli da soli a chi non riesce a lasciare la mano della mamma o di un’altra persona che ispiri fiducia; c’è poi chi schiva le difficoltà decidendo di evitarle.

In sintesi le problematiche che ogni essere umano affronta, se da un lato possono scoraggiarlo, provocargli sofferenza, dolore e malessere, dall’altro rappresentano una prova che, se vissuta fino in fondo ed elaborata nel migliore dei modi, rappresenterà un ulteriore tassello che ha fortificato e temprato la persona stessa.

Dal momento in cui si crea lentamente un legame stabile tra due o più persone, fatto in primis di rispetto e poi di affetto, fiducia e stima, un problema che riguarda un solo membro di questo sistema coinvolge automaticamente anche tutti gli altri individui; bello o brutto che sia un evento comporta una propagazione emozionale che coinvolge tutti coloro che lo vivono.

Ci possono essere tuttavia degli eventi scottanti, che possono deragliare il naturale corso di vita di una persona ripercuotendo anche l’assetto psicologico di chi gli è attorno; la situazione si complica quando i protagonisti di questi cambiamenti scottanti possono essere i bambini.

Giunge un momento nella vita in cui i genitori si trovano dinanzi ad un bivio: rinunciare a dire la verità ai propri piccoli o svelare il segreto temendo delle ripercussioni significative sull’intero assetto familiare? Questi dubbi possono assalire la mente di donne custodi di un segreto duro, pesante, triste sconvolgente e che chiedono alla vita come mai abbia deciso di sottoporle a questa terribile prova: “Perché proprio a me?” potrebbero domandarsi dei disperati genitori, i quali trascorrono le loro giornate portando con sé una zavorra devastante, più pesante del loro stesso corpo, che vorrebbero abbandonare a tutti i costi, ma essi stessi non sanno né se avverrà sicuramente questo alleggerimento né se esso provocherà un profondo dolore nei figli.

Ci possono essere padri e madri che devono rivelare al proprio piccolo la loro intenzione di separarsi, oppure genitori c’è chi deve annunciare al figlio la scomparsa di suo padre o della madre; possono presentarsi anche casi in cui un genitore è presente solo biologicamente ma non è interessato a conoscere il “sangue del suo sangue”.

In questi casi in cui non vi è una serenità ai suoi massimi livelli, è necessario comunque creare una situazione familiare in cui si respiri almeno un accettabile equilibrio.

Quando e come dire la verità?

Queste domande partono da una premessa sottintesa, ovvero che bisogna dire la verità; a mio avviso mentire ad un bambino, anche se molto piccolo, è controproducente, sia perché è necessario preparare lo stesso all’accaduto sin da quando è piccolo, sia perché una volta che “si svelerà l’arcano” potrebbe venir meno una componente assolutamente indispensabile nel rapporto genitore-figlio, ovvero la fiducia. Esempio lampante di questa situazione si può verificare nel caso in cui il piccolo chieda al genitore: “Perché non mi hai detto la verità?”.

Sulle modalità e sui tempi rifletterei un attimo, perché ogni bambino è un’identità a sé stante, per cui c’è chi potrebbe filtrare da qualche piccola sfumatura qualche messaggio “peculiare” o chi potrebbe mostrare totale disinteresse; io reputo che rivelare una comunicazione importante necessiti dei suoi tempi di riflessione, in particolare credo che la scelta di voler rivelare il segreto debba avvenire quando il genitore si sente pronto di compiere questo passo e non deve essere frutto di un’ idea ormai diventata assillante secondo cui bisogna necessariamente abbattere questa barriera.

Quindi, prima di lanciarsi dal trampolino della verità bisogna guardarsi dentro e capire se il nostro corpo e la nostra mente siano pronti per tuffarsi o se vi sia qualche “spinta esterna” che impone di compiere necessariamente questa svolta.

Ovviamente il modo in cui dialogare col proprio bambino deve da un lato adeguarsi all’età del piccolo, dall’altro deve essere contornato (mai come questa volta), sia attraverso il linguaggio verbale che quello non verbale, da tutto l’amore che il genitore nutre nei suoi confronti; ad esempio non bisogna mai trascurare di trasferire al proprio piccolo affetti, coccole, carezze, parole dolci; questo amore è il motore che potrebbe consentire al bambino sia di elaborare i vissuti spiacevoli, sia di condividerli con persone verso cui nutre amore, fiducia e tanti altri meravigliosi sentimenti.

Il padre o la madre devono inoltre prepararsi a disquisire su questi argomenti delicati anche a scuola o con gli amici, difatti in questi contesti potrebbero esservi coetanei che se da un lato potrebbero formulare delle domande un po’ delicate, dall’altro potrebbero fare insinuazioni non molto gradevoli.

Questa preparazione, oltre che dalle famiglie deve essere effettuata anche dagli insegnanti e consiste nel far capire ai giovani che non tutte le persone sono il riflesso degli altri; ci possono essere dei tratti in comune, delle somiglianze, ma nessuno è uguale all’altro… fortunatamente! Altrimenti quello in cui viviamo non sarebbe più un uni…verso ma uno zero…verso.



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