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Poliziotti che rubavano l’identità di bambini morti

di Mamma Daniela

05 Febbraio 2013

Risale a qualche giorno fa la notizia che i vertici della Metropolitan Police Service di Londra avrebbero rubato le identità di circa 80 bambini, deceduti tra il 1968 e il 1994, al fine di creare dei finti passaporti per gli agenti sotto copertura, impegnati, come infiltrati, nelle indagini a carico di gruppi di attivisti inglesi. Il tutto sarebbe avvenuto senza consultare o informare i genitori dei piccoli, i quali erano ignari di ciò che accadeva.

A rivelarlo è stato il quotidiano inglese “The Guardian”, che dopo una lunga inchiesta ha fatto emergere questa inquietante realtà, una prassi da anni normale tra la polizia londinese.

Da almeno 30 anni, infatti, gli agenti controllavano i registri delle nascite e delle morti in cerca di identità di cui appropriarsi.

In questo modo gli agenti sotto copertura potevano crearsi degli alias, costruiti sulle generalità di bambini defunti. Ma non basta, per rendere più credibile la loro copertura in molti si procuravano i documenti necessari, come la patente di guida o il numero di previdenza sociale.

Alcuni di questi agenti avrebbero trascorso anni fingendosi una persona che in realtà era morta da tempo.

I vertici del “Metropolitan Police Service” (Met) hanno dichiarato che questa pratica al momento non è autorizzata, ma che intendono aprire un indagine a riguardo, in modo da scoprire se in passato le identità fornite agli agenti della Special Demonstration Squad (unità della Metropolitan smantellata nel 2008) sono state create utilizzando appunto tale prassi.

 

Il presidente del comitato degli affari interni al Parlamento, Keith Vaz, dopo aver appreso questa notizia ha dichiarato:

“pratica raccapricciante, che causa un danno enorme alle famiglie che scopriranno cosa succedeva alle identità dei loro bambini morti. Questo è assolutamente sconvolgente”.

Secondo alcuni dati, la tecnica di utilizzare bambini morti come alias, si sarebbe interrotta negli anni Novanta, quando le anagrafi britanniche sono state digitalizzate. Ma risulta che alcuni agenti avrebbero continuato a lavorare in questo modo fino al 2003. Se ne parla perfino nel romanzo di Frederick Forsyth “Il giorno dello sciacallo” del 1971, e proprio per questo motivo la polizia ha soprannominato questo metodo di ricerca delle identità,come il “jackal run”.

 

Due poliziotti che per lungo tempo hanno lavorato sotto copertura, hanno fornito un racconto dettagliato di come loro e altri agenti hanno usato le identità dei bambini morti.

Uno di loro che aveva preso l’identità di Pete Black, mentre era infiltrato in un gruppo antirazzista ha riferito che gli sembrava di calpestare la tomba del bambino di soli 4 anni a cui aveva preso l’identità.

L’uomo, di cui il “The Guardian” ha preferito non rivelare il nome, ha aggiunto:

“Una parte di me pensava a come mi sarei sentito se qualcuno avesse preso il nome di mio figlio morto per una cosa del genere”

Un altro ufficiale che prese il nome di un bambino morto in un incidente stradale, si è detto consapevole del dolore che avrebbero provato i genitori del piccolo, ma ha dichiarato che le sue azioni erano giustificate, perché erano finalizzate a “perseguire un bene superiore”.

 



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