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Nuovo Papa, quanto costa un conclave?

di Alessandra Albanese

16 Febbraio 2013

Quanto costa un conclave? Quattro milioni.

Il sindaco di Roma Alemanno ha chiesto al governo uno stanziamento di oltre 4 milioni di euro per il solo flusso dei pellegrini che si prevede a Roma durante il conclave per l’elezione del prossimo Pontefice, a marzo.

Soldi pubblici. Perché il Vaticano è uno stato a se, ma i pellegrini mica dormono, mangiano camminano solo dentro il Vaticano. E, nel bene e nel male, i conti li facciamo noi. Si tratterebbe di un intervento straordinario, per mobilitare il carrozzone di Polizia, Protezione Civile, media, trasporti. In tema di trasporti Alemanno ha previsto un aumento dei servizi pubblici da e per Città del Vaticano dalle principali stazioni ferroviarie.

E gia l’Unione Atei e agnostici si scatena in polemiche. Parla di propaganda elettorale e accusa per l’ennesima volta la chiesa di costare allo stato quasi quanto una manovra finanziaria.

UAAR (Unione atei agnostici e razionalisti) a parte, se non una manovra, un ponte di Messina, con i soldi dati alla chiesa, l’Italia se lo poteva costruire ogni anno.

Quando sono arrivato alla Cei, nel 1986, si trovavano a malapena i soldi per pagare gli stipendi di quattro impiegati” racconta qualche anno fa Mons. Camillo Ruini a Curzio Maltese, giornalista di Repubblica.

Sarebbe in effetti lui il deus ex machina del rimpolpo delle casse della chiesa negli ultimi vent’anni.

Dopo gli scandali del Banco Ambrosiano e gli intrighi di Calvi, negli anni ottanta la crisi economica era solo un incubo clericale. E Giovanni Paolo II chiamò lui, Camillo Ruini, vescovo di Reggio Emilia, che presiederà la Conferenza Episcopale Italiana dal 1986 al 2007. Un ventennio.

Durante il quale l’arguzia del cardinale riuscì a far diventare la Cei una “macchina per fare soldi”.

Qualcuno mormora che sia stato lui a “volere” l’elezione di Benedetto XVI.

Un altro boom è datato 1990, anno nel quale viene istituito l’otto per mille, e alla Cei arrivano vagoni di soldi da parte di tutti gli italiani che dichiarano anche cento lire.

Voluto dal Governo Craxi e realizzato da un certo Giulio Tremonti, oggi si considera che il gettito dell’otto per mille alla chiesa cattolica superi il miliardo di euro.

Ed è sempre il presidente della Cei che amministra ogni singola entrata e uscita delle casse.

Per sapere come vengono distribuiti questi soldi basta guardare i bilanci della Cei, quale fonte maggiormente attendibile.

E viene fuori che di tutto questo fiume di denaro solo il 20% circa viene speso per interventi di carità in Italia e all’estero. L’80% per autofinanziamento. E se si tolgono a questo 80% i costi per gli stipendi ai sacerdoti (lo sapevate che i sacerdoti percepiscono lo stipendio?), ancora oltre due miliardi restano nelle tasche della Cei per “spese di culto e di catechesi”

Oltre all’otto per mille si diceva, la chiesa beneficia anche dei “favori” dello stato italiano. Da un’inchiesta di Repubblica di qualche anno fa risultò che i costi della chiesa che gravano sul governo italiano sono più o meno simili ai costi della politica, se non in termini di costi, senz’altro come mancati introiti.

Sul sito dell’UAAR (ma anche molti altri scrittori hanno fatto le pulci ai numeri del Vaticano) c’è l’elenco completo, nel 2012 la chiesa è costata alle tasche degli italiani oltre 6 miliardi.

Dall’esenzione (o riduzione) di tutte le tasse (Ires Imu Irap e Iva) ai contributi statali per oratori, cappellani nelle forze armate, carceri, grandi eventi e scuole.

Dal pagamento degli insegnanti di religione alle agevolazioni per poste e canone TV, ai contributi per acqua, luce, gas, editoria.

Senza contare che a volte gli stessi contributi sono erogati da stato, regioni, province e comuni.

Insomma se la crisi economica ha colpito tutto il pianeta, c’è ancora un fazzoletto di terra dove questo spettro sembra non essere mai stato avvistato.

E’ di oltre 30 anni fa uno scritto di un teologo che ammoniva la chiesa per mali che essa stessa si faceva. “La Chiesa sta divenendo per molti l’ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l’ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo”. La firma di Joseph Ratzinger.



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