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Condannati a morte in Cina: uccisi in diretta tv

di Alessandra Albanese

02 Marzo 2013

Sembrava una scena del film di qualche anno fa con Sean Penn “Dead man walking”. Il film narrava della storia di un condannato nel braccio della morte di una prigione americana. Le ultime scene riprendevano l’esecuzione del condannato.

E anche in questo caso la realtà supera la fantasia.

In prima assoluta la Cctv, la televisione cinese, ha mandato in onda scene simili. Quattro condannati a morte si dirigono verso la stanza per l’iniezione letale. Con tanto di intervista. I giornalisti delle TV cinesi si sono avvicinati ai quattro prigionieri tentando alcune domande.

I detenuti erano stati condannati alla pena capitale per avere ucciso 13 pescatori sul Mekong, fiume birmano. E birmano era uno dei condannati, insieme ad un thailandese, un laotiano e un quarto di nazionalità sconosciuta. Il birmano è Naw Kham, “il padrino del Mekong”, a capo di un’organizzazione che nel 2011 attaccò un’imbarcazione sul Mekong per utilizzarla nel traffico di droga. I tredici pescatori vennero imbavagliati e giustiziati.

Stampa di propaganda, sostengono in molti. Il governo cinese infatti tende con queste azioni a mostrare il pugno duro per quanti attentano alla vita dei cittadini cinesi all’estero, com’è successo in questo caso. Pugno duro anche per le autorità corrotte. Sembra che Naw Kham avesse “comprato” la polizia locale per agire indisturbato al confine tra Cina e Birmania e introdurre la droga nel paese.

Le critiche a quest’atto sono piovute da ovunque, a partire dai social cinesi stessi, come Weibo.

Amnesty International stima che i condannati a morte in Cina siano migliaia, condanne per numero superiori a tutto il resto del mondo. E questa è la stima, la cifra reale è segreto di stato.



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