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Come insegnare la buona educazione e le regole ai figli

di Dott.ssa Rita Moré

19 Gennaio 2011

Ma come si educa un bambino? Come si spiegano ed inculcano al figlio le giuste regole del vivere civile? In che modo si impartisce un corretto stile di vita?

È impossibile per chiunque dare una risposta unitaria e sempre valida a queste domande, in verità non esiste “il modo giusto di educare”, piuttosto esistono vari e diversi strumenti per arrivare al cuore dei figli!

Oggi una Amica Mamma ci espone le sue perplessità sul percorso di crescita che sta seguendo suo figlio. Non è raro che un genitore abbia difficoltà a comprendere, interpretare e giustificare certe “attitudini” del bambino; spesso ci domandiamo dove abbia imparato questa o quella cosa (dalle parolacce, agli spintoni, dell’uso della voce alta alle bugie), non sempre riusciamo subito ad incanalare il piccolo verso il buon comportamento.

Qui di seguito la richiesta della nostra Amica e il parere espresso dalla pedagogista, la Dott.ssa Morè:

<<Gentile esperto,vorrei riferire una problematica che mi tocca personalmente.Ho un bimbo di tre anni il quale ogni qual volta entra in contrasto con uno dei genitori (perchè magari gli si proibisce di fare qualcosa) o con un suo coetaneo, che gli sottrae un giochino,reagisce con violenza .E’ figlio unico e da noi genitori, per primi, è molto coccolato. Io cerco di essere paziente ma difronte a questi suoi atteggiamenti che mi irritano perdo la calma e spesso lo punisco con uno schiaffone o lo spavento. Mi rendo conto di sbagliare ma proprio non riesco ad ignorarlo e credo,tra l’altro ,che non sia giusto fare finta di niente. Io e mio figlio viviamo con i miei genitori poichè non sono sposata tuttavia io e suo padre ci frequentiamo e rare volte abbiamo litigato in sua presenza. Il bambino è molto amato da tutte e d ue le famiglie dei nonni. Poichè io ho lasciato il suo papà quando lui aveva pochi mesi e temo di avere sofferto la depressione post parto con frequenti sbalzi di umore ,soprattutto perchè non dormivo la notte,la mia più grande proccupazione è quella di avere la colpa di questo suo temperamento un pò violento.Sottolineo che con gli estranei, ma anche con me stessa, è un coccolone ma se gli proibisco qualunque cosa reagisce violentemente.Vorrei capire se fa parte dell’età evolutiva,se è solo una espressione di rabbia e soprattutto come posso insegnargli a dominare la violenza.Lui guarda molti cartoni ma di genere tranquillo mai lotte e combattimenti.Spero di ricevere un consiglio,cordiali saluti.>>

Tutti sanno che l’essere figlio unico rappresenta una condizione particolare. In generale il figlio unico è avvantaggiato sul piano culturale, linguistico e cognitivo e, non dovendo dividere l’affetto dei genitori con fratelli o sorelle concorrenti, non soffre di gelosie. Ma sul piano della socializzazione il figlio unico esce decisamente svantaggiato. Infatti egli è quotidianamente a contatto con adulti disponibili e tolleranti nei suoi confronti. Ciò lo rende più esposto agli attacchi degli altri bambini perché non è abituato a difendersi. Di qui il suo reagire con aggressività e violenza anche se un coetaneo gli ha semplicemente sottratto un giochino. Da questo punto di vista intervenire è facile. Gli adulti, consapevoli di quel che comporta l’essere figlio unico, dovrebbero sin dai primi anni di vita del bambino consentirgli di stare con dei coetanei.

Altra questione è l’aggressività e la violenza che il bambino mostra nei confronti dei genitori o degli adulti che agiscono nella sua sfera familiare. Nelle note fornite si legge che il contrasto con i genitori si presenta quando magari gli viene proibito qualcosa e si sottolinea che è un bambino molto coccolato. Certamente è naturale e inevitabile coccolare i propri figli, ma qui si tratta di un figlio unico che, come dicevamo, non è abituato a dividere le coccole con un fratellino o una sorellina. Avendo l’esclusività dell’affetto dei genitori gli risulta molto difficile il misurarsi. Spetta dunque sempre all’adulto, genitore e non, nella sua opera educativa dargli il senso della misura e fargli comprendere che l’affetto non può ignorare regole di comportamento fondamentali. Ma occorre farlo per tempo, non lasciar prima correre e minimizzare per poi intervenire improvvisamente punendo. Il bambino non è in grado di comprendere una punizione che arriva improvvisa quando, come si dice nelle note fornite, il genitore perde la calma. Comportandosi in tal modo il genitore disorienta il proprio figlio. La maturazione mentale non consente al bambino di comprendere le ragioni della punizione; egli la vive solo a livello emotivo e inconsciamente pensa che è messo in discussione l’affetto dei genitori nei suoi confronti e può arrivare addirittura a colpevolizzarsi per l’accaduto. In tal modo non si vince la violenza o l’aggressività, anzi la frustrazione che l’ha generata tende ad aumentare.

Rimanendo nel caso specifico mi sentirei da un lato di tranquillizzare la mamma e di invitarla a non colpevolizzarsi più del dovuto ricordandole che in fin dei conti essere genitore è il mestiere più difficile del mondo, dall’altro la inviterei a fare tesoro delle esperienze sin qui maturate come genitore. Perciò occorre che si faccia più consapevole delle dinamiche infantili e che sia un po’ più decisa e soprattutto pronta nell’educare il proprio figlio all’accettazione delle regole del vivere sociale.



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