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Il Pianto di una Madre Siriana per la Figlia Morta di Stenti (Foto Choc)

di Maria Corbisiero

03 Maggio 2014

guerra in siria

Ho sentito spesso parlare della guerra civile siriana attraverso i telegiornali, leggendo di attacchi, molte volte anche mortali, sui quotidiani o vedendo, attraverso il web, le terribili immagini di un popolo martoriato.

Tutto appare così atroce eppure così distante, ben lontano dai nostri problemi, dalla nostra quotidianità…

Racconti di un conflitto che perdura da anni e che, a detta di chi lo vive in prima linea, sembra avere un’unica soluzione: la morte di massa di persone innocenti.

Primi fra tutti i bambini, anime candide costrette agli stenti, all’orrore e al dolore di una vita che li ha privati di tutto men che dell’affetto di chi li ama, impossibilitati però ad alleviare le loro sofferenze.

Genitori sotto assedio che, assolutamente inermi, sono costretti ad assistere all’inesorabile morte dei propri figli che lentamente si spengono sotto i loro occhi, nel silenzio più assoluto, nell’oblio di chi, lontano, non può vedere né sentire…

Asmae Dachan, giornalista e scrittrice marchigiana di origine siriana, classe 1976, e Sebastiano Nino Fezza, cinereporter inviato speciale Rai, attraverso i loro blog personali, rispettivamente “Diario di Siria” e “Nino Fezza Cinereporter”, stanno cercando di dare una voce a questo popolo mostrando, in modo integrale e senza censure, ciò che accade in Siria.

Immagini cruente e racconti strazianti che mettono a dura prova anche gli animi più forti, testimonianze che ci “avvicinano” ad una realtà a noi totalmente sconosciuta.

Sono venuta a conoscenza di questo loro “opera di informazione” attraverso uno scritto della stessa Dachan, pubblicato il 15 novembre del 2013 e titolato “Il pianto di una madre siriana per la figlia morta di stenti”.

Eccone un estratto:

guerra in siriaL’urlo disperato di una madre rompe un silenzio che dura da oltre un anno. Un anno che avrebbe potuto essere il più bello della sua vita, quello della nascita della sua bambina. Un anno, invece, passato sotto la minaccia di un’arma silenziosa, invisibile, per questo ancor più subdola e pericolosa: l’assedio.

Un anno di privazioni, di stenti, di malattie in cui la neonata ha patito sofferenze atroci, che l’hanno portata fino alla morte. Giorno dopo giorno la madre l’ha vista perire e ha perito insieme a lei, l’ha tenuta in braccio bagnandole il viso con le sue lacrime, sussurrandole all’orecchio il suo amore e la sua impotenza, cullandola per farla addormentare mentre la fame le mordeva lo stomaco. Anche i medici non hanno potuto nulla, sotto assedio anche loro e senza strumenti, né farmaci utili.

Perché l’assedio è questo: è una condanna a morte esecutiva, in cui vengono isolati quartieri e villaggi e non si lasciano circolare le persone e i mezzi e non ci si può fornire di viveri e medicinali.

Ora che le piccola ha smesso di soffrire, alla madre non resta che il dolore, un dolore insopportabile, disumano, un dolore che in quell’urlo disperato denuncia l’ingiustizia di questa situazione”.

A testimonianza del racconto un video, un filmato che, per mia scelta, non ho voluto inserire in quanto ritengo troppo forte, tanto da urtare la sensibilità del lettore meno suscettibile.

Un video che mostra il corpo senza vita della piccola e, sul lettino accanto, la madre che piange e si dispera per il più insopportabile dei dolori, la perdita del proprio figlio.

La giornalista conclude il suo racconto con “Non consegniamo questo dramma all’oblio” ma, ancora oggi, troppe anime innocenti continuano a perdere la vita…

Fonte: Diario di Siria

 



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