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Lo screening neonatale: punturina sul tallone del neonato

di Mamma Licia

18 Giugno 2010

E’ nato e tra qualche ora dovrà eseguire il suo primo, importantissimo test.

Tra la settantaduesima ora (3° giorno) e la centoventesima ora (5° giorno) di vita il vostro bambino sarà sottoposto allo screening neonatale (obbligatorio dal 1992, legge-quadro n. 104 del 5.5.1992).

In cosa consiste?

Con una lancetta “pungitopo” verranno prelevate dal suo tallone alcune gocce di sangue che, raccolte su carta bibula (assorbente) e inviate al più vicino Centro screening neonatale, saranno analizzate per la diagnosi precoce di alcune rare ma gravi malattie endocrino-metaboliche che, pur presenti alla nascita (sono congenite), non si manifestano nei primi giorni di vita. Il prelievo deve essere effettuato prima della poppata o almeno tre ore dopo il completamento della stessa.

Le screening neonatale permette di diagnosticare la fenilchetonuria, l’ipotiroidismo congenito e la fibrosi cistica.

La fenilchetonuria è una malattia metabolica causata da deficit di fenilalanina idrossilasi, l’enzima che converte la fenilalanina in tiroxina. Tale deficit provoca accumulo di fenilalanina che è causa di gravi alterazioni neurologiche, irreversibili dopo le prime settimane di vita.

Se non curata, la malattia può provocare ritardo mentale, ritardo nell’accrescimento e morte precoce; se individuata precocemente è curabile con una dieta povera ma non priva di fenilalanina.

Lipotiroidismo congenito è un disturbo dovuto all’insufficiente produzione di ormoni tiroidei. I danni dovuti alla carenza protratta di questi ormoni sono molteplici e diffusi a tutti gli organi; in particolare, le lesioni a carico del sistema nervoso centrale determinano grave ritardo mentale.

L’individuazione precoce di questa malattia permette, con una specifica cura ormonale, una crescita ed uno sviluppo normale del bambino.

La fibrosi cistica (o mucoviscidosi) è una malattia respiratoria molto grave che compromette la durata della vita e la sua qualità. Essa coinvolge l’apparato respiratorio, il pancreas, il fegato, l’intestino e l’apparato riproduttivo, soprattutto nei maschi.

Pur non esistendo ancora, purtroppo, una cura specifica, la sua diagnosi precoce permette di attuare un programma di prevenzione e cura delle complicanze, ritardando il più possibile l’evoluzione della malattia e quindi il danno irreversibile di organi ed apparati.

Lo screening neonatale è spesso fonte di stress psicologico per i genitori, causato, soprattutto nel caso della fibrosi cistica, dai molti, troppi, falsi positivi – ovvero bambini risultati positivi allo screening o con valori limite, ma non affetti dalla malattia. In questi casi è necessario ripetere il test a distanza di circa 15-20 giorni. E l’attesa è molto, ma molto stressante. Lo sa benissimo chi di voi ha avuto la mia stessa esperienza o una simile. Ve la racconto:

Quando è nato il mio primo bambino non sapevo dell’esistenza di questo screening né in che cosa consistesse. Due giorni dopo la nascita di L. – ero ancora in clinica – un’infermiera mi dice che devo tenerlo a digiuno per almeno tre ore perché devono fargli la “punturina” per lo screening. Va bene, mi dico, sarà un esame di routine che fanno a tutti i neonati e da quel momento me ne dimentico. Finalmente torniamo a casa, e tra mille dubbi e perplessità inizia la mia nuova vita da mamma. Una mattina – erano passati sette giorni dalle dimissioni – squilla il telefono e dall’altro capo della cornetta un dottore mi comunica che L. è risultato borderline all’esame per la fibrosi cistica e che bisognava ripetere l’esame fra sette giorni. Silenzio. Un mio “sì” soffocato chiude la conversazione. Il mio bambino aveva forse la fibrosi cistica. Il mio bambino era destinato ad una vita difficilissima. Non sento più le gambe, mi siedo, sono paralizzata. L. comincia a piangere, ha fame, lo attacco al seno, ma continua a piangere. Lo guardo e piango anche io. Ho la sensazione che il flusso di latte si sia bloccato e che è questo il motivo del pianto del mio bambino. Non riesco più a nutrirlo, sono distrutta. Lo abbraccio e gli dico, tra le lacrime, che lui resterà sempre il mio bambino, che io non lo abbandonerò mai e che gli rimarrò sempre accanto.

Ho pianto per tutti quei lunghissimi sette giorni, ho pianto per gli altri successivi sette giorni di attesa per avere il responso del nuovo test. Ho pensato tanto al mio bambino, alla sua vita forse ormai per sempre compromessa, a me che non ho potuto impedire tutto questo.

Allo scadere dei quindici giorni telefono in clinica per avere il risultato dell’esame. Una voce squillante e saltellante mi dice che mio figlio non ha la fibrosi cistica e che si è trattato solamente di un falso positivo. Solamente di un falso positivo. E tutto questo solamente per un errore da laboratorio.

Mi figlio era sano, ma la felicità dei primi giorni con lui, i più delicati, i più importanti, era ormai perduta per sempre.

Questo articolo ha natura divulgativa e non sostituisce il parere del medico, che va sempre richiesto ove necessario



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