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Carnevale educa i bambini alla gioia, fanno eccezione i costumi vergognosi

di Federica Federico

03 Marzo 2019

Il Carnevale educa i bambini alla gaiezza, dimostra loro che nella vita – quella stessa in cui sono chiamati a una pedissequa regolarità – l’ordine delle cose può essere sovvertito per pacifica ammissione di tutti e nella gioia comune! Nel rispetto costante dell’altro, l’illusorio, l’immaginato, il fantastico può, per un tempo limitato, diventare possibile e lecito.

 

Il Carnevale è una licenza sociale che esorcizza la rigidità della vita e ci concede di vestire panni che non sono nostri.

 

Il Carnevale educa i bambini alla gioia

Fonte immagine 123RF con licenza d’uso

 

Ciò a cui nemmeno il Carnevale dovrebbe mai cedere è la contraddizione della morale

 

Lo psicologo sociale americano Orville Brim sosteneva che in età infantile il bambino viene a contatto con i valori cosiddetti stabili, sviluppa le sue motivazioni, getta le basi di ciò in cui crederà da adulto e stabilizza i suoi presupposti, ovvero radica quei principi a cui non rinuncerà o rinuncerà solo parzialmente nel corso della vita.

 

Di fatto la decenza, l’empatia, il rispetto sono valori a cui noi adulti dovremmo consacrare l’educazione dei figli non ammettendo mai cedimenti di sorta, invece non è così, almeno non in ogni caso.

 

I bambini sono sempre più spesso giustificati dai genitori per le loro esuberanze, per esempio quello che accade a scuola (che sia la derisione di un compagno o l’opposizione scorretta alla maestra) succede, a detta dei genitori, quasi sempre per una causa estrinseca. Questa stessa giustificazione “esterna” il genitore la dà spesso anche a se stesso:

 

a Carnevale, per esempio, tutto è ammesso anche se è ai limiti dell’ignoranza, della xenofobia, della decenza.

 

Francesco Emilio Borrelli, giornalista e Consigliere Regionale della Campania di Davvero Verdi, ha raccolto alcune foto di un Carnevale diseducativo, incomprensibile e ingiustificabile. Sul suo profilo Facebook, ha pubblicato ritratti emblematici di un Carnevale che non educa nè i bimbi nè gli adulti e lo ha fatto, con grande coraggio, a dispetto di tutti quelli che superficialmente possono chiosare con un “Fatevi una risata!

 

C’è una bambina vestita da prostituta o quantomeno fotografata in una posa che, complice il vestito, evoca un uso indecoroso della maschera;

c’è un bambino vestito da Hitler, sorridente in un costume che è tutt’altro che uno scherzo ,non fosse altro che per la scia di sangue, orrore e distruzione che questa figura storica ha lasciato dietro di sé;

c’è un bambino vestito da piccolo deportato in un campo di concentramento, il costume di questo piccolo e ignaro figlio vorrebbe richiamare, “per la somiglianza col protagonista”, il bimbo de “Il bambino con il pigiama a righe”, praticamente un evocazione di dolore e morte.

Il Carnevale educa i bambini all’emozione di non essere se stessi rimanendo, però, tali

 

Dinnanzi a questi costumi, però, viene da pensare a quale sia l’aspirazione dei genitori per i figli. Risulta impensabile che un bambino voglia vestire i panni di un assassino, quelli di un bimbo mandato a morire o quelli di una donna che mercifica il suo corpo.

 

I genitori dovrebbero essere responsabili della ricaduta educativa delle scelte che fanno per i figli, la crescita non è un gioco, essa è, momento dopo momento, un’opportunità, colta o mancata. D’altro canto, all’interno di questo processo, il gioco stesso è un serissimo passaggio.



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