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Tragedia aerea di Addis Abeba: chi sono le vittime italiane

di Federica Federico

11 Marzo 2019

Sono 157 le vittime accertate della tragedia aerea di Addis Abeba dove, ieri mattina, un Boeing 737 diretto a Nairobi è precipitato poco dopo il decollo. Il velivolo trasportava uomini e donne di 32 nazionalità diverse, molti di loro erano impegnati, a vario titolo, in progetti umanitari, culturali, di sviluppo e di aiuto alle popolazioni africane.

tragedia Aerea di Addis Abeba vittime

Vittime della tragedia aerea di Addis Abeba

 

Secondo una prima stima, di loro32 sarebbero cittadini kenyani, 9 etiopici, 18 canadesi, 8 provenienti rispettivamente da Cina, Usa e Italia; 7 da Francia e Gran Bretagna, 6 dall’Egitto, 5 olandesi e 4 da India e Slovacchia.

 

Il volo era ricco di personalità importanti del mondo della cultura, del volontariato e dell’attivismo pro Africa perché oggi nella capitale del Kenya si apre la quarta sessione dell’Assemblea Onu sull’Ambiente.

 

Portare l’aiuto all’Africa significa sostenere il progresso e lo sviluppo di una terra senza tradirne la cultura né sfruttarne il potenziale, significa permettere alle popolazioni di crescere e far crescere il loro territorio, significa rispetto per la parola “casa”, ovunque sia nel mondo la casa e l’appartenenza.

 

Tra le 157 vittime della tragedia aerea di Addis Abeba si conta anche la presenza di otto italiani, ma la stampa rende nota l’identità di 7 di loro.

 

L’Italia ha perso degli eroi silenziosi che avevano votato la loro vita all’aiuto internazionale.

 

E’ morto Paolo Dieci, fondatore e presidente del Cisp, del Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli, un’associazione che raggruppa 14 ong italiane e che nasce votata a portare sostegno nelle zone più povere, complesse e pericolose del Pianeta. Ma Paolo Dieci era innanzitutto un papà che lascia la moglie e tre figli.

 

Sono morti Carlo Spini e la moglie Gabriella Vigiani, di Sansepolcro (Arezzo).

 

Carlo Spini, medico in pensione, era il presidente della onlus bergamasca Africa Tremilasua, con lui moglie Gabriella Vigiani, infermiera in pensione. La tragedia aerea di Addis Abeba si è portata via anche il commercialista e tesoriere della onlus Matteo Ravasio.

 

Questa onlus aveva già permesso la costruzione di un ospedale in Zimbabwe e stava progettando di portare in Senegal macchine agricole inutilizzate e dismesse in Italia.

 

Sono morte Virginia Chimenti e Maria Pilar Buzzetti entrambe professionalmente impegnate presso il World Food Programme e inserite in programmi di sostegno allo sviluppo sostenibile di popoli.

 

Virginia Chimenti aveva 30 anni, 31 la sua collega. Virginia aveva studiato alla Bocconi di Milano ed ora ricopriva il ruolo di funzionaria e consulente del “Budget officer” dell’organizzazione; Pilar, invece, aveva studiato all’Università di Tor Vergata e poi conseguito una laurea specialistica alla Luiss, autrice di diverse pubblicazioni era stata consulente per l’associazione di studio, ricerca e internazionalizzazione in Eurasia e Africa.

 

E’ morta anche un po’ della più sensibile e bella cultura italiana: tra le vittime della tragedia aerea di Addis Abeba c’è pure il professor Sebastiano Tusa, archeologo di fama internazionale.

 

Il viaggio del professore doveva terminare a Malindi dov’era impegnato in un progetto dell’Unesco.

 

tragedia aerea di Addis Abeba

Nella foto: in alto a sinistra l’assessore ai Beni Culturali della Regione Siciliana Sebastiano Tusa, archeologo di fama internazionale; subito dopo le foto dei i tre componenti della ong bergamasca Africa Tremila: il presidente Carlo Spini – 75 anni e sua moglie l’infermiera in pensione Gabriella Vigiani ; a segiure il tesoriere della onlus Matteo Ravasio. Nella seconda fila di foto a partire da destra: Virginia Chimenti, funzionaria del World Food Programme dell’Onu, Maria Pilar Buzzetti, e Paolo Dieci, presidente di Cisp e partner di Unicef in Kenya.

 

Le vittime italiane dimostrano come l’Italia nel mondo si muova con tanto cuore e altruismo silenziosi, questi connazionali vanno celebrati per l’impegno quotidiano che hanno profuso per i più deboli e per i dimenticati.



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