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Natasha Chokobok: è morta la mamma scomparsa da Legnago

di Federica Federico

20 Aprile 2019

La scomparsa di Natasha Chokobok si è conclusa con l’epilogo peggiore possibile: la donna, che era sparita nella tarda serata del 9 aprile, allontanandosi dalla sua abitazione di Porto di Legnago senza né documenti né cellulare, è stata rinvenuta cadavere sulle rive dell’Adige.

 

ll corpo di Natasha Chokobok è stato avvistato da un elicottero dei Vigili del fuoco di Padova, il velivolo si era alzato in volo proprio per partecipare alle ricerche, l’uso del mezzo fa parte del piano di ricerca persone scomparse sostenuto dalla prefettura di Verona.

 

Il corpo era riverso sulla riva, metà fuori e metà dentro l’acqua, come una vita a metà tra la gioia di essere mamma e il dolore di un’esistenza che non l’appagava, probabilmente, per via di un compagno violento ma amato.

 

Sebbene da un primo esame esterno del cadavere non siano emerse tracce di violenza, subito dopo il rinvenimento delle spoglie senza vita di Natasha Chokobok le “voci” intorno alla sua sofferenza di donna sono emerse come sassi scagliati contro il presunto colpevole (fosse anche il colpevole indiretto di tutto ciò).

scomparsa di Natasha Chokobok , è morta

La stampa documenta il rinvenimento e il riconoscimento del corpo: sul fiume è arrivata prontamente anche la mamma di Natasha Chokobok e sua sorella Veronica

 

Ditemi che non è lei“, urlava la mamma, poi un malore che l’ha costretta a ricorrere alle cure dei medici di Legnano, infetti è stata dedotta in ospedale proprio mentre il corpo della figlia veniva fotografato, esaminato, spostato dal luogo dove la morte lo ha catturato per sempre.

 

Il corpo senza vita è stato rinvenuto venerdì 19 aprile verso le 13:00 sull’isolotto in mezzo all’Adige, tra il ponte di Porto di Legnago e quello della ferrovia.

 

Gli abiti della donna corrispondevano a quelli che indossava la sera della scomparsa: il giubbino nero, i jeans e le scarpe da ginnastica, sono stati il primo indizio della sua identità, insieme ai capelli biondi, alla corporatura e al luogo del ritrovamento. In quella zona dell’Adige, infatti, Natasha Chokobok era solita andare a camminare, forse andava ad affogare i suoi pensieri.

 

Nessuna traccia appetente di violenza, ma sarà l’autopsia a chiarire le cause della morte della donna.

 

La stampa nazionale riporta le testimonianze dei familiari di Natasha Chokobok, il quadro che emerge racconta di violenze e soprusi: Ha fatto tutto il possibile per portarla a morire“, avrebbe detto lo zio riferendosi al compagno della donna; la stessa fonte stampa racconta che Natasha, prima di allontanarsi da casa, avrebbe consegnato a sua madre una documentazione medica che la riguardava e le avrebbe confidato: “Qui ci sono le prove che Alin mi picchiava“.

 

Intanto il marito è colui che ha allertato i soccorsi, è colui che dovrà dire alla loro bambina che la mamma non c’è più, è colui che avrebbe chiesto subito se la compagna era viva, non appena raggiunto dalla notizia del ritrovamento. Informato della morte di Natasha, l’uomo avrebbe pronunciato poche parole: “Ma come ha potuto fare una cosa del genere?“.

 

Alin è anche l’uomo che ha acceso candele sul fiume dove la compagna è morta e che ora si preoccupa di come proteggere la sua bambina: “Dovrò dirle che la mamma non c’è più“, all’uscita da scuola le ha sussurrato: “La manna ti vorrà sempre bene, dovunque andrà“.

 

Gli inquirenti, però, sono chiamati ad accertare il ruolo di quest’uomo nella scomparsa e nella morte di Natasha Chokobok

 

Sta di fatto che la coppia aveva appena acquistato casa e non solo, avevano prenotato una vacanza per la quale già possedevano i biglietti. Questi sembrano indizi lontani dall’idea di un suicidio, ma c’è un’altra faccia della medaglia: Alin, romeno di origini, faceva coppia fissa con Natasha da 7 anni, avevano una bimba di 6 anni, lui è un instancabile lavoratore, anche per 14 ore al giorno presta lavoro come saldatore e la sua fedina penale è pulita. La stampa , però, racconta di due denunce, mai discusse giudizialmente perché ritirate, la dununciante sarebbe stata proprio Natasha. Questo dato si riallaccerebbe perfettamente ai racconti dei familiari: “E ogni volta che andavamo a prendere lei all’ospedale le dicevamo di lasciarlo. Ma lei tornava sempre da lui“, così la stampa ne riporta le testimonianze.

 

Il compagno avrebbe raccontato anche di accertamenti medici compiuti da Natasha, non ne è chiara, però, la circostanza e la causa. Saranno le autorità a processare tutti gli elementi di questa vicenda.

 

La sola cosa certa che resta nel dolore è una bimba che, ad appena 6 anni d’età, deve fare i conti col profondo dolore di aver perduto la mamma.



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