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Metodo premi punizioni: non è efficace per educare i figli

di Federica Federico

06 Maggio 2019

C’è chi criticamente sostiene che dovrebbe esistere una scuola anche per imparare a fare i genitori, forse perché esserlo oggi è più difficile che mai siccome viaggiamo in un mondo in corsa e in costante aggiornamento. Quel che è certo è che una scuola per genitori insegnerebbe (se fosse, ovviamente, una buona scuola) ad andare oltre le stereotipizzazioni, i metodi preconfezionati e le facili soluzioni.

 

metodo premi - punizioni

Metodo premi punizioni
Fonte immagini 123RF con licenza d’uso

 

Uno dei modelli educativi più rigidi e meccanici di sempre è il metodo premi punizioni, oggi vogliamo provare a “fare scuola” su questo comprendendone i limiti e le limitate opportunità di applicazione

 

Sono molti i genitori che riducono il rapporto educativo a un “se fai bene ottieni un premio”, mentre “se fai male ottieni una punizione”.

 

Il metodo premi punizioni si basa sulla determinazione di un obiettivo pre-imposto e sulla pacifica identificazione di due comportamenti: uno corretto (il fai bene) e uno sbagliato (il fai male).

 

Determinazione dell’obiettivo nel modello premi punizioni

 

Spesso lo scopo a cui si vorrebbe condurre il bambino, per esempio il buon risultato scolastico, piuttosto che la nanna all’ora giusta o l’ordine nella stanzetta, viene barattato con un premio senza essere previamente concordato, discusso e metabolizzato.

 

In parole povere nel metodo premi punizioni è il genitore a impostare l’obiettivo.

 

Il premio rischia di essere percepito dal bambino non come una conquista, quanto, piuttosto, come un baratto: io (bambino) ti do il comportamento che vuoi, tu (genitore) mi dai il premio che io desidero ottenere e la punizione diventa un rischio del mestiere di figlio.

 

Il premio sfugge quindi dal concetto di risultato conseguito in ragione di un obiettivo positivo e il rapporto educativo diventa un contratto tra parti diverse, con ruoli diversi e diverso potere di negoziazione.

 

Metodo premi - punizioni

Metodo premi punizioni
Fonte immagini 123RF con licenza d’uso

 

Il metodo premi punizioni somiglia più a un addestramento animale che non a un progetto educativo genitoriale

 

Un po’ di storia sulle teorie del comportamento ci riporta al pedagogo Skinner.

 

Skinner è il papà del cosiddetto “condizionamento operante”, senza scendere in troppi tecnicismi, possiamo sintetizzare il suo lavoro nell’esempio costituito dalla sua macchina per cavie: la Skinner Box.

 

Lo studioso munì una gabbietta per topi di luci, suoni, un dispenser per il cibo e una levetta; in corrispondenza sempre della stessa associazione di luci e suoni, premendo la levetta il topo poteva ottenere del cibo dal dispenser. Alla comprensione cooperante del ratto (l’animale capiva l’associazione luci e suoni e, contemporaneamente, cooperava premendo la leva) corrispondeva un rinforzo positivo, cioè un premio.

metodo premi - punizioni

Questa teoria sperimentale potrebbe suggerire l’applicabilità ai cuccioli d’uomo di un analogo sistema di rinforzi, ma in sè spiega i limiti del metodo premi punizioni:

 

  • il meccanismo della ricompensa è estraneo a chi la deve ottenere (il topo viene addestrato per decodificare con successo quello che alla fine è un meccanico automatismo);
  • nessuno spazio è lasciato alla soggettività e si presume che un umano ne abbia da vendere.

 

Vi potrà sembrare strano, ma gli esperimenti sugli animali hanno letteralmente fondato la psicopedagogia, col tempo, però, la pedagogia ha pacificamente ammesso il valore intrinseco e individuale del bambino. Maria Montessori costituisce il più celebre esempio di pedagogista capace di riconoscere l’autodeterminazione (da cui l’autocorrezione) dell’infante.

 

Se volete usare un metodo premi punizioni nel processo di educazione dei vostri figli, è bene che ne conosciate i limiti:

 

  • un buon obiettivo va condiviso col bambino.

 

I bambini non crescono bene senza il riconoscimento consapevole dei giusti obiettivi verso i quali muoversi. E’ importante spiegare loro cos’è giusto e cosa è sbagliato lasciandoli riflettere sulla ricaduta delle azioni, sulla loro consequenzialità e sul loro valore emotivo e emozionale. In questo senso devono sbagliate, correggersi e persino vedere le nostre debolezze. Imporre un obiettivo a un bimbo senza un dialogo di fondo, senza la costituzione dialogante di un’idea di giustizia, equivale a imporre qualcosa di estrinseco.

 

  • Il premio deve essere percepito come il frutto di uno sforzo positivo e personale.

 

Se pure promettete a vostro figlio un premio, siate capaci di inserirlo in un progetto di crescita per cui non riducetelo al “corrispettivo di una prestazione”.

 

Hai fatto bene il compito e allora io ti pago!

 

Inserite il premio in uno scambio di affettuosità, nel riconoscimento di un progresso, nella complessiva considerazione della buona responsabilità e maturità del bambino.

 

  • La punizione non è un ricatto.

 

Allo stesso modo la punizione non deve essere il corrispettivo di un fallimento.

 

Il metodo premi – punizioni sembra molto stringente, lascia poco spazio alla individualità, sembra prescindere dalla collaborazione familiare e dal dialogo. Pertanto, riflettete sui suoi limiti prima di applicarlo pedissequamente nella relazione con i vostri figli.



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