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Carabiniere ucciso: nessun intermediario né informatore

di Federica Federico

01 Agosto 2019

La stampa ha tratteggiato lo sfondo dell’ambiente della droga dietro la morte del servitore dello Stato Mario Cerciello Rega, il Carabiniere ucciso da un giovane americano in cerca di “sballo” è stato coinvolto in un’operazione dall’apparenza semplice: un cavallo di ritorno.

 

Le fonti stampa, però, hanno dato un ruolo di specie al derubato, colui che chiamando in causa le forze dell’ordine ha dato il via all’operazione finita in tragedia:

 

dell’uomo si è detto che aveva fatto da intermediario tra i ragazzi e gli spacciatori, qualcuno lo ha identificato come un informatore (vitadamamma non ha mai riportato quest’ultima tesi che ora citiamo solo per completezza di informazione).

 

Non sono un intermediario nè un informatore

 

Questa la dichiarazione dell’uomo di cui la stampa aveva già fatto nome e cognome (vitadamamma non ne ha mai riportato le generalità preferendo dare informazioni sui fatti senza includere dati sensibili di chi aveva – e ha – ancora un ruolo “dubbio” nelle circostanze).

Carabiniere ucciso

Il presunto intermediario e il Carabinere ucciso, la dichiarazione che cambia lo scenario della morte di Mario Cerciello Rega

 

L’uomo, indicato dalla stampa come l’intermediario degli americani alla ricerca di droga, fa le sue condoglianze alla moglie di Mario Cerciello Rega (il Carabiniere ucciso, ndr) e confessa: “Ho avuto paura, minacciato da chi mi rubò lo zaino“.

 

 

Carabiniere ucciso, tutti si chiedevano perchè l’intermediario di una vendita di droga, peraltro falsa, avesse deciso di coinvolgere le forze dell’ordine. Ma questa dichiarazione cambia lo scenario.

 

Qui di seguito la nota diffusa attraverso il difensore: ”Queste righe le scrivo innanzitutto per rendere onore all’uomo valoroso che, con il suo lavoro di carabiniere, ha salvato la mia vita e purtroppo perso la sua. Ai familiari del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, alla sua giovane moglie, vanno le mie sincere condoglianze.

 

In questi giorni e notti passate pensando alla tragedia che ha distrutto la famiglia del carabiniere che mi ha salvato la vita, ho letto e sentito dai media sulla vicenda curiose e false ricostruzioni che proseguono anche dopo la conferenza stampa degli inquirenti.

 

Ho avuto paura, quando ho chiamato il mio numero di cellulare, chi ha risposto non ha solo preteso denaro e droga per riconsegnare le mie cose. Mi hanno minacciato, dicendo che sapevano dove abitavo e sarebbero venuti a cercarmi.

 

Nel borsello rubato, oltre al documento d’identità, c’erano anche le chiavi della casa dove vivo con mio padre, che è molto malato, mia sorella e mio nipote. Ho avuto paura che potessero far del male a me e soprattutto a loro, e per questo ho chiesto aiuto al 112. Le stesse minacce che avevano rivolto a me, sono state ripetute poco dopo, quando, con il telefono in viva voce, ho richiamato di fronte ai carabinieri il mio numero di cellulare.

 

Non mi addentrerò nei fatti della notte tra il 25 e il 26 luglio, ma desidero chiarire che non sono un intermediario di pusher né, tanto meno, un informatore delle forze dell’ordine.”

(Fonte citazione: Quotidiano.net)

 



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