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Chi è la zia preferita: cose da non chiedere al bambino

di Federica Federico

10 Settembre 2019

Il bambino non conosce il concetto di preferenza così come sintetizzato dall’adulto, piuttosto apprezza la soddisfazione dei bisogni e ne assorbe i benefici nel momento in cui si realizzano. “Chi è la tua zia preferita?” è, pertanto, una delle domande più sbagliate che si possa porre a un bambino, allo stesso modo non è corretto chiedergli se preferisce la mamma al papà o viceversa.

 

Con domande del genere si ingenera una condizione “forzata”, ovvero si pretende dal bimbo una comparazione affettiva che gli è estranea e a cui è “strutturalmente” impreparato.

la zia preferita

La sindrome della zia preferita – Fonte immagine 123RF. com con licenza d’uso

Quella della zia preferita è una sindrome adulta. Mai domandare al bambino: “Chi è la tua zia preferita?”

 

Maria Montessori parlava di pregiudizio adultistico per significare come gli adulti non riescono ad esemplificare i sistemi sociali affinché possano essere fruibili ai bambini e da loro facilmente assimilabili. In altre parole, noi grandi spesso costruiamo una realtà a misura di adulto non capace di soddisfare i bisogni dei più piccoli.

 

La sindrome della zia preferita è un “male diffuso”, sopratutto tra sorelle e amiche intime; tutte le donne della tribù puntano al massimo affetto del bambino.

Ebbene sappiate che questa ambizione è solo vostra, il bambino non vi capisce, ovvero non comprende quale ragione sta dietro una comparazione affettiva:

 

Ieri ero io la tua zia preferita, ti sei dimenticata che abbiamo usato i miei colori, i miei quaderni, il mio tavolo e le mie tempere?”;

 

Non sei tu la zia preferita, sono io. Oggi siamo a casa mia e fa il bagno nella mia piscina, allora la zia preferita sono io!”;

 

Dillo tu, dillo tu chi è la tua zia preferita”.

hi è la tua zia preferita?

Non chiedete mai ai bambini: “Chi è la tua zia preferita?”
– Fonte immagine 123RF. com con licenza d’uso

Chi è la zia preferita? Non chiedetelo ai bambini: il bene non si preferisce, si costruisce in modi e termini sempre unici e differenti.

 

Una simile pressione ingenera nel bambino una serie di dubbi: per lui l’affetto è ciò che dovrebbe essere in radice, cioè la soddisfazione di un bisogno emotivo che nei più piccini è comunemente corrispondente a cose semplici, come, per esempio, sentirsi coccolati, rispettati e considerati. Per i grandi, invece, l’affetto si complica col complicarsi dei bisogni e la comparazione nasce come processo di sintesi della vita in una logica materialistica (quella del do ut des) a cui il bimbo è ancora estraneo.

 

In altre parole, chiedendo chi è la zia preferita (o l’adulto in cima alla lista del bene) state “imponendo” al bambino di valutare il suo stesso bisogno d’amore e di classificarlo in un ordine di priorità. Ingenerando questa esigenza, al bimbo sarà sottratta la spontaneità dell’amore e la sua naturale inviolabilità. L’affetto del bambino è incondizionato cioè sine conditio, la sola cosa che conta è il bisogno, quello che il bimbo manifesta e l’adulto soddisfa. Del resto è per questo che i bambini si legano affettivamente alle maestre piuttosto che alla babysitter, con loro non hanno legami di sangue ma costruiscono legami di empatia.



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