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2 orfani soli che hanno bisogno di aiuto

di Federica Federico

08 Gennaio 2021

Leta ha messo le ali a 44 anni, è morta consumata da una lunga battaglia contro il tumore. Più giustamente dovremmo dire che è stata vinta dalla dura esperienza che l’evoluzione della sua condizione di malata oncologica l’ha costretta ad affrontare. Dopo la sua morte restano 2 orfani soli che hanno bisogno d’aiuto, si trovano in una situazione economicamente difficile.

 

2 orfani soli che hanno bisogni d’aiuto

2 orfani soli che hanno bisogni d’aiuto.
Diritto d’autore : Sanchai Khudpin ©123RF.com ID Immagine: 44277639 con licenza d’uso.

 

Leta si ammala nel 2011, 1o anni di lotte e speranze. I figli meritano una vita dignitosa, anche senza la loro mamma.

 

Leta non aveva ancora compiuto 34 anni quando la sua vita venne segnata da una diagnosi infausta: era affetta da un tumore raro al timo (una timectomia allargata con diagnosi istologica di carcinoma neuroendocrino, come precisano le cugine che si stanno battendo per assicurare ai nipoti un futuro oltre la morte della mamma). Allora Leta era già mamma e i figli erano bimbi piccoli.

 

In quell’infausto 2011 Leta iniziava le cure: chemioterapie, risonanze magnetiche e interventi chirurgici. Era l’avvio di un lungo calvario.

 

Nel 2014 Leta riceveva una diagnosi, se possibile, ancora peggiore: gli esami evidenziavano altre tracce tumorali nel suo corpo, c’erano noduli multipli in sede mammaria sia a destra che a sinistra. Era il segno tangibile di un nefasto progredire della malattia.

 

Nel 2016 il tumore di Leta lambiva la zona cerebrale, ma questa mamma guerriera non voleva affatto demordere e continuava a seguire le cure dell’istituto romagnolo per lo studio dei tumori.

 

Proprio quando un piccolo miglioramento sembrava rischiarare la sua vita, nel 2018 un altro focolaio tumorale invadeva il corpo di Leta.

10 anni dopo la diagnosi la mamma guerriera di Kristian e R. muore, se ne è andata il 4 dicembre 2020 lasciando un enorme vuoto.

Ora i figli di Leta sono 2 orfani soli che hanno bisogno di aiuto. 18anni Kristian e 14 la sorella R., sono dei giovani soli al mondo che devono fare i conti con le responsabilità, oltre che col lutto.

Questi due giovani non hanno che la nonna materna. Del papà si sono perse le tracce molti e molti anni fa, mentre la nonna è arrivata in Italia, prima del Covid, per aiutare sua figlia malata, ma, non appena sarà possibile, non potrà fare a meno di tornare in Albania, sua terra di origine.

 

Il mondo già soffre la crisi della pandemia e i giovani già vedono ridursi le loro possibilità e anche le loro confortanti relazioni, difficile pensare che possa essere semplice per due ragazzi, come lo sono Kristian e R., muoversi in questo mondo e affrontarvi un lutto così grave proprio adesso.

 

2 orfani soli che hanno bisogno di aiuto, sono le cugine di Leta a chiedere sostegno a tutte le mamme.

 

I due fratelli vivono in una casa popolare a Ravenna, una giornalista impegnata sulla cronaca locale si è interessata a loro e fa sapere che i servizi sociali si sono attivati. Malgrado ciò, le cugine non hanno potuto fare altrimenti che chiedere aiuto pubblicamente perché materialmente serve di più. Kristian è volenteroso e già è alla ricerca di un primo impiego, ha da poco compiuti i suoi studi.

 

Non è da escludere che a questi due giovani orfani possa servire uno psicologo, non solo hanno perduto una mamma, ma l’hanno vista spegnersi lentamente.

Care mamme di Vitadamamma, anche se non potete aiutare direttamente, vi chiediamo di portare lontano questa storia con un doppio intento:

  • qualcuno potrebbe avere un’occupazione da proporre a Kristian garantendogli così la possibilità di avere cura della sorella,
  • inoltre tutti potrebbero trovare nella memoria di Leta uno spunto di riflessione.

Leta ci fa riflettere sul fatto che il cancro è una malattia lenta, invalidante e spesso inesorabile, lascia grandi vuoti che sovente inghiottono affetti, speranze e prospettive. Quando restano dei figli giovani, se non piccoli, la morte di una donna per cancro è un dramma che si consuma lentamente e la società dovrebbe prepararsi a lenire anche le ferite di chi resta.



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