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Sono mamma e non sono felice, sono una cattiva madre?

di Federica Federico

18 Gennaio 2021

Poco dopo il parto, complici le prime notti insonni e i primi tentativi falliti di recuperare immediata fiducia e dimestichezza (anche intima) col proprio corpo, moltissime mamme soffocano un’inattesa infelicità. La neo mamma, quella stessa donna che si incanta dinnanzi alla bellezza di suo figlio, vive spesso un’apparentemente scomoda e delicata instabilità emozionale.

E’ mamma, ha dato la vita, ma non è felice, almeno non lo è pienamente. Perché?

 

 

Sono mamma e non sono felice, sono una cattiva madre?

Sono mamma e non sono felice, sono una cattiva madre?
Diritto d’autore : Elena Medvedeva ©123RF.com con licenza d’uso ID Immagine: 161593318

“Sono mamma e non sono felice, sono forse una cattiva madre?”

 

Non conta che i figli siano stati desiderati e che le gravidanze siano andate a buon fine, non è determinante l’intensità del parto e delle ore di travaglio, conta, invece, la discrepanza tra l’atteso e il reale. La mamma si trova ad affrontare una situazione emotiva – relazionale e sociale coinvolgente, al punto tale da stravolgere ciò che ella stessa era e sentiva di essere prima del figlio e raramente questo nuovo esistere corrisponde alle aspettative.

 

Questa infelicità fragile e soffocata, nascosta e negata, è figlia della falsità e del conformismo della società moderna.

La società che ci “culla” consegna a tutti frutti plastici e immaginifici più spesso di quanto non consegni verità.

 

“Sono mamma e non sono felice, pertanto sono una cattiva madre!”

 

Ci sono almeno 10 motivi per cui una neo mamma si discosta dalla felicità di plastica costruita nelle pubblicità dei pannolini, vediamoli motivo per motivo:

  1. sono mamma e non sono felice perché dormo troppo poco;
  2. sono mamma e non sono felice perché mio figlio sta sempre attaccato al seno;
  3. sono mamma e non sono felice perché mi manca il tempo per me stessa, anche per fare una doccia;
  4. sono mamma e non sono felice perché ho i punti che tirano e bruciano, non riesco nemmeno a fare pipì; ho le ragadi e mi sono venute le emorroidi per lo sforzo del parto;
  5. sono mamma e non sono felice perché mi sono accorta di non avere più autonomia;
  6. sono mamma e non sono felice perché questo non è più il mio corpo;
  7. sono mamma e non sono felice perché nessuno mi aiuta né mi capisce;
  8. sono mamma e non sono felice perché non riesco a fare l’amore col mio compagno\marito;
  9. sono mamma e non sono felice perché tutti parlano e nessuno mi ascolta;
  10. sono mamma e non sono felice perché non mi aspettavo tutto questo.

 

C’è questa buffa associazione della mamma alla super eroina di chi sa quale cartone animato, bisognerebbe farla finita!

La mamma non è un essere mitologico o una creatura ultra potente e multitasking, capace di girare il mestolo nel minestrone mentre cambia il pannolino e magari guidando contemporaneamente lo sputnik nello spazio.

Questa crescente attenzione alle dotazioni di serie della “macchina mamma” si discosta dalla verità di ciò che siamo: noi siamo persone con le nostre fragilità, i sogni, le debolezze e le aspirazioni.

 

In quanto persone, al di là dell’assolvere al ruolo biologico di generatrici, scegliamo di mettere su famiglia insieme ad un’altra persona, generalmente il papà. Mamma e papà (o comunque le figure genitoriali di riferimento) devono cooperare nella vita familiare, soprattutto dopo la nascita del bambino.

 

Bisognerebbe smetterla di credere che mamma e bambino sono un microcosmo in cui il primo dipende dalla madre e la seconda è onnipotente solo perché ha partorito.

 

Una mamma ha sempre bisogno di aiuto e non perchè sia inadatta, inadeguata o incapace. Qualunque mamma:

  • necessita di un sufficiente numero di ore di sonno, pertanto su questa terra abbiamo bisogno di papà che cambino i pannolini (e non ci vuole una laurea in ingengneria per farlo);
  • ha bisogno di tempo per se stessa, anche per andare dal parrucchiere e tornare così a sentirsi bella (e non è una perdita di tempo, è, invece, l’acquisizione della consapevolezza di un nuovo ruolo assolto pur rimanendo la persona di sempre);
  • ha bisogno di ascolto e di aiuto finalizzato ai suoi bisogni.

 

Molte delle insicurezze delle noemamme dipendono dal fatto che nonne, zie e papà sono più propensi a “consigliare\giudicare” che non ad ascoltare.

Solo sull’ascolto si fonda l’aiuto valido, quello prestato in modo da assecondare le esigenze individuali della mamma senza svilirne il ruolo.

 

Da parte sua la mamma non deve temere di chiedere e delegare, ove necessario anche di pretendere aiuto.

I compiti di cura del bambino non devono, cioè, concentrasi su un unico genitore.

 

La maternità è una realtà imperfetta, ricordatelo ed è lecito e naturale che sia tale.

 

Ammettere l’umanità della mamma è il primo passo verso famiglie più collaborative e vere in cui la madre non sia un mito né un’accentratrice istituzionale del potere e dell’educazione dei figli. Soprattutto è un fatto che una madre infelice diventa facilmente una mamma disfunzionale, ovvero, anche inconsciamente, la donna non appagata non riesce a cogliere e assecondare i bisogni dei figli e della famiglia.

La mamma serena assolve alla sua funzione di accoglienza e giuda, la mamma infelice non può farlo perché lei per prima non si sente accolta ed è sbandata.

 

Famiglia è cura delle fragilità, espressione dei sentimenti e delicata collaborazione a sostegno di ciò che ciascun membro è e del meglio che potrà diventare.



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