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Rita Prigmore: sopravvissuta agli esperimenti del Reich

di Federica Federico

27 Gennaio 2021

Siamo abituati a legare l’idea della Giornata della Memoria al genocidio degli ebrei, ma tra i circa 7.000 prigionieri strappati alla crudeltà del campo di Auschwitz vi erano anche Rom e Sinti (un’etnia nomade appartenente alla famiglia degli zingari).

Non tutti conoscono la verità storica dello Zigeunerlager, la sezione di Auschwitz dedicata alle famiglie zingare: si trattava di 32 baracche in cui i tedeschi stipavano Rom e Sinti.

Storicamente lo Zigeunerlager rievoca il terrore, il fetore di uomini e donne vivi ma in decomposizione umana e morale, la fame, la fatica, il senso di abbandono e intorno il filo spinato elettrificato.

 

A Rom e Sinti toccò lo stesso destino degli ebrei, prima nei territori controllati dai nazisti e poi anche in quelli conquistati dalla filosofia fascista.

Il calendario italiano segnava la data del 9 aprile 1942, quando arrivava a Roma una “indicazione” dall’Ambasciata italiana di Berlino: gli zingari residenti nel Reich erano equiparati agli ebrei e pertanto tutte le leggi antisemite andavano estese all’etnia dei Rom e dei Sinti.

 

 Rita Prigmore: la neonata sopravvissuta agli esperimenti sui gemelli dei medici del Reich

Rita Prigmore: la neonata sopravvissuta agli esperimenti sui gemelli dei medici del Reich
Diritto d’autore : Mariagalochino ©123RF.coom ID Immagine: 145356288 con licenza d’uso.

Attraverso i sopravvissuti, come Rita Prigmore, la storia riporta testimonianze agghiaccianti.

 

Il destino “scelto” per Rom e Siti era legato ad atrocità quali:

  • sterilizzazioni,
  • sottrazioni di minori,
  • aborti praticati con ferocia pur di non far nascere bimbi di queste etnie
  • e una scellerata caccia ai gemelli.

I bambini della shoah sono stati oggetto di disumani esperimenti scientifici, i gemelli erano il genere più ricercato dagli “scienziati” del regime, una “merce rara” e disumanizzata che spesso pagava con la vita la colpa di essere venuta al mondo insieme a un fratello o a una sorella di grembo.

 

L'olocausto e i bambini esperimenti sui gemelli

L’olocausto e i bambini. Diritto d’autore : Rafaelbenari ©123RF.com ID Immagine: 36546331 con licenza d’uso.

La storia di Rita Prigmore è separata alla nascita da quella di sua sorella gemella, ciò proprio a causa della sperimentazione del regime fascista sui bambini.

 

Rita è una Sinti tedesca, originaria di Würzburg, città della Baviera in cui la sua famiglia d’origine era fortemente radicata. Malgrado lo zio militare, la mamma e il papà artisti e la vita ordinata e produttiva dei nonni che intessevano cesti per i viticoltori, Rita conserva strane cicatrici sulle tempie, il segno delle torture che subì appena nata.

 

La storia di Rita Prigmore incomincia nelle mani dei medici nazisti, strappata a sua madre e divisa brutalmente dalla sorella gemella, Rolanda.

 

Kurt, era lo zio di Rita, fratello maggiore della madre, apparteneva al corpo militare dei motociclisti, storicamente deputato a fare da scorta al Führer. Kurt era un soldato talmente in gamba da meritare l’attenzione dei superiori, ma quando i vertici militari decisero di promuoverlo dal suo passato emerse un origine sinti. Convocato all’ospedale di Würzburg, venne sterilizzato all’età di 25 anni.

 

L’intera famiglia fu tracciata e chiamata alla sterilizzazione, era questa la via dell’epurazione della razza in casi simili. Alla mamma di Rita la sterilizzazione fu proposta come alternativa al lager, ma, una volta in ospedale, i medici si resero conto che lei era incinta e e la gravidanza era gemellare.

Lo stato interessante della donna, maggiorato dall’attesa di due creature gemelle, cambiò i termini dell’accordo: avrebbe dovuto donare le sue figlie alla scienza per scampare alla violenza di un aborto imposto e sperare di salvare la vita delle sue creature.

 

Le gemelle, Rita e Rolanda, vennero alla luce il 3 marzo del 1943; senza un nome, senza la carezza della mamma e il suo latte confortante, furono immediatamente “rapite” dai medici del regime.

 

La gemella di Rita Prigmore è morta mentre tentavano di cambiarle il colore degli occhi, fu questa una delle prime torture a cui sottoposero l’infante lasciandola morire nel dolore.

 

Il colore degli occhi, insieme a quello dell’incarnato, bianco candido fino al pallore e al biondo dei capelli, erano considerati i tratti germanizzanti. Le scellerate ricerche dei medici del regime andavano verso la veicolazione della specie umana su questi canoni fisici, così a Rita e sua sorella avrebbero voluto instillare l’azzurro negli occhi. Rolanda è morta dopo iniezioni di inchiostro nelle pupille.

 

Rita, per parte sua, è salva grazie alla tenacia della mamma che non doma cercò le sue gemelle per giorni. Un’infermiera si mosse a pietà dinnanzi alla disperazione di quella madre e la condusse da Rita, il grosso cerotto sulla testa della neonata fu subito presagio di brutture. Dietro le disperate pressioni della donna, l’infermiera la portò anche al cospetto di Rolanda, ma la bimba era già cadavere. Proprio grazie al pietoso aiuto di quell’infermiera la mamma di Rita Prigmore riuscì a scappare dall’ospedale sottraendo la sua piccola ad altre barbarie.

 

Rita deve il suo nome al nascondiglio in cui la mamma trovò riparo: una cappella dedicata a Santa Rita, lì la neonata sopravvissuta fu battezzata e affidata alla Santa delle cause impossibili. Malgrado la tenacia e gli sforzi della mamma, pochi giorni dopo la Gestapo ritrovò Rita e nuovamente la rapì. Per oltre un anno la sua mamma non seppe più nulla di lei.

 

Rita Prigmore è un po’ figlia anche della Croce Rossa che la ritrovò permettendone il ricongiungimento con la mamma.

 

Rita è diventata una cittadina degli Stati Uniti, lì, molti anni dopo gli orrori del genocidio, ha ricostruito la storia della sua famiglia e i drammi della sua gente diventando testimone vivente di quanto accaduto anche a Rom e Sinti.

 

La mamma di Rita ha saputo crescere sua figlia facendo in modo che si allontanasse da tutto il male subito. La sua creatura le fu strappa da neonata, la riottenne ancora piccolissima dopo circa un anno di separazione forzata. Certamente la giovane età della bambina ha permesso alla mamma di crescerla nell’amore che tutto lenisve. Rita Prigmore è crescita, cioè, dimenticando tutto l’orrore che il suo corpo di infante aveva subito.

 

La scoperta del suo passato terribile è arrivata improvvisa ma in età adulta: Rita rimase coinvolta in un incidente, in ospedale i medici le chiesero conto di alcune cicatrici sul cranio e, solo allora, interpellò la mamma per avere chiarimenti.

Il retroscena di quelle ferite le ha cambiato la vita. Se oggi Rita Prigmore è una testimone della persecuzione nazista dei Rom, è anche vero che la madre è testimone del coraggio di tutte le donne perseguitate e, ancor di più, è testimone della maggiore forza dell’amore delle mamme sopra ogni atrocità.

 



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