
Il tribunale civile di Milano pronuncia una decisione rivoluzionaria: i genitori sono “custodi” delle immagini che realizzano dei propri figli e sono responsabili dell’utilizzo che ne viene fatto sia se pubblicano volontariamente contenuti o non controllano dove vengano pubblicati.
Il provvedimento richiama espressamente la possibile commissione del reato di trattamento illecito di dati personali e, anche se, non lo dice in modo esplicito, l’articolo 650 del Codice penale secondo il quale: Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206.
Di chi è la foto di un minore
L’immagine di una persona è tutelata sia dal Codice civile del 1948 (che stabilisce il diritto al risarcimento del danno per le pubblicazioni di immagini di persone senza autorizzazione o in modo da lederne il decoro), sia da quello penale del 1930 (che punisce l’offesa alla dignità e della reputazione comunicando con più persone), sia dalla legge sul diritto d’autore del 1941 (che pone limiti all’utilizzo del ritratto).
Queste regole valgono anche per le foto (e i video) dei figli realizzati dai genitori, i quali potranno anche essere “proprietari” del ritratto secondo la legge sul diritto d’autore ma non possono usare il frutto della loro “content creation” per sfruttare l’immagine del minore.
Quando si può pubblicare la foto del proprio figlio
Il tribunale di Milano dichiara che è possibile condividere pubblicamente le immagini dei propri figli ma richiama un dovere giuridico generale che grava sulle spalle di chi esercita la potestà genitoriale: proteggere il decoro, la dignità e la sicurezza del proprio figlio.
Quindi spetta ai genitori valutare, caso per caso, l’opportunità di rendere indiscriminatamente disponibili le immagini che ritraggono i propri figli, a prescindere da chi le ha realizzate e dunque a maggior ragione se sono stati loro a produrle.