Parto: L’insieme dei fenomeni che portano alla nascita del bambino. Se si verifica tra la 38esima e la 41esima settimana di gravidanza si definisce parto a termine; se avviene prima della 38esima settimana si definisce parto pretermine; se si verifica oltre la 41esima si definisce parto post termine; se inizia in modo spontaneo si definisce parto spontaneo; se si ricorre a farmaci per indurlo (induzione del travaglio) o portarlo avanti si definisce parto indotto o pilotato rispettivamente; se si ricorre ad interventi chirurgici, nel caso di fase espulsiva lenta, è definito parto operativo o strumentale ed è eseguito utilizzando forcipe o ventosa. Se esistono i tempi tecnici senza creare sofferenza fetale, in genere si ricorre al parto cesareo. Il parto spontaneo si svolge schematicamente nelle seguenti fasi: periodo prodromico, che inizia quando le contrazioni uterine diventano regolari e coincide con l’inizio del travaglio; periodo dilatante, le contrazioni regolari modificano il collo dell’utero raccorciandolo e dilatandolo (questo periodo ha una durata maggiore alla prima gravidanza rispetto alle successive); periodo espulsivo, quando, a dilatazione completata, il bambino scende nel canale del parto e viene spinto dalla mamma ad uscire; periodo del secondamento, quando le contrazioni dell’utero, a nascita avvenuta, espellono la placenta e i suoi annessi.
Parto attivo: In questo tipo di parto viene abbandonata la posizione distesa sul lettino. La donna, durante il travaglio, è libera di muoversi e di assumere le posizioni che le risultano più comode (accovacciata, seduta, in piedi…). Questo tipo di parto sfrutta la forza di gravità nella prima fase del travaglio e della dilatazione del collo dell’utero, e la donna avverte contrazioni meno dolorose e il travaglio si svolge in modo più rapido. Ancora non tutte le strutture mediche hanno a disposizione speciali sedie o attrezzature per il parto attivo ma la tendenza è in forte aumento.
Parto (con taglio) cesareo: Intervento chirurgico che viene eseguito per estrarre il feto dalla cavità uterina tramite incisione nell’addome e nell’utero della madre, al termine del quale vengono estratti anche la placenta ed i suoi annessi. Si ricorre a tale parto per salvaguardare la salute della madre e del bambino, e numerose possono essere le cause: sofferenza fetale, eclampsia, microsomia, arresto della dilatazione del collo dell’utero, arresto non rimediabile delle contrazioni uterine, infezioni trasmissibili al bambino attraverso il canale del parto. Il taglio è ormai praticato quasi esclusivamente orizzontalmente ed ha il vantaggio, rispetto al taglio verticale, di rimarginarsi meglio e più velocemente in quanto segue le linee naturali del tessuto addominale. Inoltre, in caso di una seconda gravidanza, non si avranno rischi di lacerazioni. Il taglio verticale è ancora in uso nel caso di cesareo d’urgenza, in altre parole se durante il travaglio, o a parto iniziato si riscontrano problemi che possono causare danni sia al bambino sia alla madre. Ma generalmente il parto cesareo viene deciso prima della fine della gravidanza per evidenti motivazioni, come l’eccessiva grandezza del feto rispetto alla struttura della madre o per evitare il contagio d’infezioni in donne affette da HIV o altre malattie, ed in questo caso si parla di parto cesareo programmato o elettivo.
Parto gemellare: La presenza di due o più feti, logicamente, rende la procedura del parto più complessa, anche perché i feti possono avere una presentazione diversa. Alcuni medici ritengono più sicuro, e meno doloroso, effettuare un parto cesareo, soprattutto in caso di gravidanza multipla. Ma se i gemelli (omozigoti e non) si presentano entrambi con la testa si può procedere serenamente con un parto spontaneo. Può anche accadere che il primo si riesca a far nascere naturalmente, mentre il secondo, per complicazioni nate al momento (blocco delle contrazioni espulsive o altro) venga fatto nascere con parto cesareo.
Parto in acqua: Metodica poco utilizzata in Italia, senza ancora sufficienti studi scientifici a sostegno, che sfrutta i vantaggi di rilassamento che ha il corpo della donna immersa in acqua, per ottenere un parto il meno doloroso possibile per la gestante ed il meno traumatico per il bambino. La vasca per il parto misura in genere 180 per 160 centimetri ed ha una profondità di circa 80, per permettere alla zona addominale di essere sempre immersa nell’acqua, anche se la donna assume varie posizioni. Il bambino, nascendo, si troverà in un ambiente simile a quello in cui ha vissuto nei nove mesi della gravidanza (liquido amniotico) ed avvertirà in modo più dolce il passaggio dalla vita intrauterina a quella extrauterina. In alcune strutture dotate di tale apparecchiatura, comunque, la vasca viene utilizzata solo nella fase del travaglio. Per il parto, la donna viene fatta uscire dall’acqua per procedere nella maniera tradizionale. Si pensa che il passaggio da uno stato all’altro, quindi con un cambiamento degli effetti della forza di gravità, faciliti la discesa e quindi l’espulsione del bambino.
Parto indotto: Vedi Induzione del travaglio.
Pelvi: Bacino femminile, composto dal canale cervicale a dalla vagina che al termine della gravidanza diviene il canale del parto.
Pelvimetria: Si tratta della misurazione dei quattro diametri interni della pelvi della donna incinta (trasversale, anteroposteriore, obliquo sinistro e obliquo destro) per poter conoscere l’ampiezza del canale del parto. Per realizzarla si impiega un compasso esterno, chiamato pelvimetro esterno, attualmente poco comune. La misurazione interna è invece effettuata attraverso la visita ginecologica. Si tratta comunque di una pratica obsoleta il cui uso va scomparendo. Nel caso in cui la pelvi risulti stretta rispetto al feto, il ginecologo consiglierà un parto cesareo.
Pianto del neonato: Subito dopo la nascita, il pianto del neonato è il segnale dell’attivazione della sua “nuova respirazione”. Piangere, poi, diverrà il suo mezzo di comunicazione per segnalare i suoi bisogni: un neonato non piange mai senza motivo ed è per questo che l’angoscia di non riuscire a sedare un attacco di pianto è molto forte nei genitori, soprattutto se alla loro prima esperienza. I messaggi che il bimbo cerca di dare con il pianto sono: ho fame, provo dolore (solitamente al pancino), ho problemi di stitichezza, mi avete fatto paura (con un suono troppo forte, o con un gesto improvviso), mi state facendo male (magari stringendolo troppo o prendendolo con una manovra sbagliata), non riesco a dormire…Le mamme, solitamente dopo pochi giorni, riescono a codificare i vari tipi di pianto per dare al proprio piccino il sollievo più immediato.
Pirosi: Termine medico per indicare il comune bruciore di stomaco. In gravidanza gli elevati livelli di progesterone possono provocare un rilasciamento del cardias (valvola che normalmente impedisce il reflusso del contenuto gastrico, solitamente acido) nell’esofago. Ne deriva un’infiammazione della mucosa esofagea che causa la sensazione di bruciore, che compare spesso di notte. Andando avanti con la gravidanza la pirosi può essere provocata dalla compressione esercitata dall’utero sullo stomaco, facendo rifluire il contenuto nell’esofago. Un metodo per combattere la pirosi è di mangiare poco, spesso ed almeno un paio d’ore prima di andare a dormire.
Placenta: Organo attraverso il quale la madre trasmette le sostanze nutritive e l’ossigeno al feto. La placenta, bagnata da un lato dal sangue materno e dall’altro dal liquido amniotico, è costituita da una serie di ramificazioni allungate chiamate villi coriali. La placenta viene espulsa al termine del parto, in genere spontaneamente. Se ciò non accade si può somministrare nel cordone ombelicale una dose di ossitocina, che favorisce il distacco della placenta e la sua conseguente espulsione.
Placenta previa: Impianto della placenta all’estremo inferiore dell’utero, vicino alla cervice (Vedi Collo dell’utero) o addirittura sopra di essa. In questo modo viene ostruito il canale del parto ed il bambino viene fatto nascere mediante parto cesareo.
Polidramnio: Aumento del liquido amniotico che ne determina una quantità maggiore rispetto alla norma. Tale situazione molto spesso si accompagna a malformazioni fetali ed è causata da gravidanze multiple o dal diabete della gestante. Il trattamento consiste nell’estrarre la quantità di liquido amniotico in eccesso, ripetendo il procedimento se necessario. L’operazione si effettua con una puntura sull’addome localizzando, con l’aiuto dell’ecografia, una tasca nel sacco amniotico in cui non è presente il feto ed estraendo con cautela il liquido (amnioriduzione).
Pollachiuria: E’ la necessità di urinare spesso, uno dei sintomi più comuni della gravidanza, che può comparire sin dai primi giorni del concepimento e che in genere si fa più intensa verso gli ultimi mesi quando aumenta la pressione sulla vescica.
Posizioni del feto: Vedi Presentazione.
Pre-eclampsia: Definita anche ipertensione gravidica o gestosi, è un disturbo che si manifesta con aumento della pressione, gonfiori diffusi alle mani, al viso, alle gambe per ritenzione idrica, presenza della proteina albumina nelle urine (segno di una disfunzione renale). Questo disturbo non è molto diffuso e colpisce le donne che già soffrivano di ipertensione prima della gravidanza, le obese, le diabetiche, le forti fumatrici, le donne in attesa di gemelli, le donne che hanno meno di 20 anni o più di 40 anni e sono alla prima gravidanza. Questo disturbo non va trascurato poiché può essere pericoloso anche per il bambino, ed il rischio maggiore è che possa evolversi in eclampsia. Si può diagnosticare attraverso l’esame delle urine che controlla i valori dell’albumina.
Prelievo del sangue del cordone ombelicale: Questo procedimento, molto semplice e del tutto innocuo sia per la mamma che per il bambino, avviene al momento del parto, dopo che il bambino è nato, poco prima dell’espulsione della placenta, quando il cordone è già stato reciso. L’ostetrica disinfetta accuratamente il cordone ombelicale ancora attaccato alla placenta, inserisce un ago nella vena ombelicale (sul cordone) e raccoglie il sangue, che defluisce in una sacca sterile. Questo prelievo può essere effettuato sia dopo il parto naturale sia dopo il parto cesareo. Qualsiasi mamma sana può donare il sangue della placenta, con l’unica avvertenza di sottoporsi, prima del parto, ad un prelievo di sangue per escludere la presenza di alcune malattie; si tratta in ogni caso di esami che la futura mamma farebbe comunque. La donatrice deve, inoltre, acconsentire ad eseguire lo stesso controllo dopo sei mesi dal momento del parto, per escludere la presenza delle stesse possibili malattie esaminate prima del parto. Il sangue del cordone ombelicale rappresenta un materiale biologico facilmente prelevabile, conservabile in laboratorio e prontamente disponibile per un trapianto. Per il prelievo del midollo osseo, invece, occorre ospedalizzare il donatore ed effettuare un’anestesia spinale o generale prima di procedere al prelievo. Inoltre il sangue del cordone ombelicale è costituito da cellule fetali immunologicamente immature che ne abbassano la percentuale di rigetto rispetto a quella del midollo osseo, da parte del ricevente riscontrato compatibile. Il prelievo del sangue placentare può essere eseguito in molti ospedali, che sono in grado di fare riferimento a una struttura specializzata, dove la sacca di sangue viene elaborata e preparata per l’utilizzo ( una cioè delle cosiddette banche del sangue). Per avere informazioni su tali strutture è possibile visitare il sito della Adisco, http://www.adisco.it.
Presentazione: La presentazione è la grossa parte fetale che per prima si affaccia al canale del parto, senza però ancora entrarci (impegno). Le grosse parti fetali sono la testa (presentazione cefalica), il sedere (presentazione podalica), la spalla (presentazione di spalla). Raramente può manifestarsi una presentazione di faccia.
Primigravida: Donna alla sua prima gravidanza.
Prodromi di travaglio: Si tratta di contrazioni ritmiche e ripetute che le donne in gravidanza avvertono pochi giorni prima del parto, soprattutto la notte. In genere svaniscono cambiando la posizione, alzandosi dal letto e al mattino.
Progesterone: Ormone prodotto, durante il ciclo mestruale, dal corpo luteo (piccolo ammasso di cellule che riempie il follicolo ovarico dopo che ne è uscito l’ovulo maturo, pronto per la fecondazione): ha la funzione di preparare la cavità uterina ad accogliere l’uovo fecondato. Durante la gravidanza è prodotto dalla placenta ed è necessario per il regolare svolgimento della stessa, e per tale motivo viene anche chiamato ormone della gravidanza. La sua deficienza nei primi quattro mesi di gestazione determina generalmente l’aborto.
Progestinico: Forma sintetica di progesterone simile all’ormone prodotto naturalmente dalle ovaie.
Prolattina: Ormone prodotto dall’ipofisi con funzione di mantenere il corpo luteo in attività e di provocare la produzione di progesterone; inoltre regola lo sviluppo della ghiandola mammaria e stimola la secrezione lattea.
Prostaglandine: Queste sostanze, normalmente prodotte dall’organismo, stimolano in gravidanza la comparsa delle contrazioni uterine. In caso di induzione del parto vengono somministrate sotto forma di candelette vaginali o di gel applicato sul collo dell’utero per favorire la dilatazione della cervice. La procedura può essere ripetuta più volte nell’arco della giornata, con intervalli di circa 6 ore ma talvolta un’ulteriore dose non è necessaria perché già solo la prima può essere sufficiente ad indurre l’inizio del travaglio.
Proteinuria: Perdita di proteine con le urine. Si verifica nel corso di molte malattie renali ed in gravidanza può essere uno dei sintomi della pre-eclampsia: una lievissima perdita di proteine è comunque regolare in gravidanza.
Prurito gravidico: Fastidio molto comune, anche senza la presenza di bolle o lesioni sulla cute della donna, dovuto a vari fattori tra i quali l’attivazione della circolazione ed i cambiamenti ormonali.
Ptialismo: Si tratta di un eccesso di salivazione che in genere si manifesta insieme alle nausee. Alcune donne dichiarano anche di avvertire un sapore metallico in bocca. Può scomparire dopo i primi mesi di gravidanza oppure durare tutto il periodo di gestazione, e manifestarsi anche durante il sonno notturno.
Puerpera: Così è detta la donna nei primi 42 giorni successivi al parto.
Puerperio: Periodo che inizia immediatamente dopo il parto e che si conclude 6-8 settimane più tardi. In questo periodo avviene la normalizzazione degli apparati coinvolti dalla gravidanza e dal parto.
Punteggio (o Indice) di Apgar: Tale metodo, ideato dalla pediatra americana Virginia Apgar, permette di valutare l’adattamento del neonato alla vita extrauterina. In punteggio di Apgar valuta cinque “sintomi clinici” (colorito, attività respiratoria spontanea, tono muscolare, eccitabilità riflessa e frequenza cardiaca) registrati a 1 minuto e a 5 minuti dopo la nascita. Un punteggio totale di 7 o più significa che il neonato è sano.