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Come Spiegare il 1° Maggio ai Bambini

di Alessandra Albanese

30 Aprile 2014

Cari bambini volevo raccontarvi una storia, successa tanto tempo fa proprio nella giornata del 1° Maggio.

C’era una volta un villaggio di bambini in un posto lontano nel mondo.

In questo posto i bimbi costruivano le capanne sugli alberi, seminavano i campi, davano da mangiare alle galline e alle mucche e facevano i compiti per imparare a leggere e scrivere.

Tutti condividevano tutto, ed erano felici.

Ma un giorno alcuni bambini che si credevano più furbi decisero che loro avrebbero organizzato il lavoro e i compiti degli altri, e che il resto del villaggio avrebbe dovuto ubbidire.

Vollero subito farsi chiamare i padroni, e così cominciarono a imporre delle nuove regole.

Gli altri abitanti del villaggio, che non erano abituati a queste regole, tantomeno ai nuovi toni con i quali i padroni si rivolgevano a loro, non seppero inizialmente far altro che ubbidire.

Passò del tempo, e i padroni divennero sempre più rigidi e severi, e gli altri, i lavoratori, sempre più sottomessi e stanchi.

I lavoratori lavoravano e facevano i compiti tutto il giorno, senza tregua e senza risparmiarsi.

Un giorno però un paio di bambini lavoratori, curvi sui tavoli dove avevano passato ore a scrivere in corsivo e imparare le tabelline, con la schiena a pezzi, cominciarono a parlare tra loro: “Sentite, ma secondo voi è giusto che noi stiamo curvi qui dall’alba al tramonto solo perché pochi di loro ci hanno obbligato a farlo?” disse un bambino.

Gli altri timidamente abbozzarono un consenso: “Si, è vero, noi lavoriamo per loro, solo che loro non sono tutto il giorno a faticare, dovremmo chiedere delle altre regole”.

“La cosa che possiamo fare è chiamare altri e fare un gruppo così che insieme possiamo avere più voce, e andare a discutere coi padroni, e chiedere nuove regole” disse infine un terzo.

E così fecero: questo nugolo di bambini che stavano alla tabellina del tre (che sapevano contare meglio, perchè gli altri erano ancora a quella del due) organizzarono un gruppo che voleva sindacare le regole in vigore, e per questo si vollero chiamare sindacato.

Il sindacato, man mano che si spargeva la voce, riceveva sempre più adesioni, finchè il numero di bambini lavoratori divenne tale da potere pensare che se loro avessero smesso di lavorare, i padroni non avrebbero più potuto fare niente da soli.

Adesso il sindacato era grosso, i bambini si erano organizzati, e venne il giorno nel quale finalmente avrebbero discusso coi padroni.

“Noi vogliamo lavorare, ma abbiamo anche voglia di riposare. Dobbiamo stabilire delle regole che rispettino anche la nostra vita, e che ci consentano di giocare un po’ di più” disse il sindacalista capo al padrone che era andato incontro a questo gruppo formatosi proprio sotto la sua casa.

Il padrone era sbalordito, non avrebbe pensato che questi bambini si sarebbero potuti mettere insieme e chiedere a lui e ai suoi compari di giocare invece che di lavorare.

Inizialmente queste richieste furono negate: “Non se ne parla neanche –disse il padrone ai bambini lavoratori – il tempo di giocare non c’è, non possiamo stare tutto il giorno al parco o con i videogiochi in mano, dobbiamo costruire le capanne, dare da mangiare agli animali, andare a seminare il giardino”

Ecco che i sindacalisti e i padroni cominciarono a litigare furiosamente, tutti a cercare di proteggere le loro posizioni.

Dopo ore e ore di litigi, tirate di capelli, ci scappò anche qualche colpo di fucile a gommini, con conseguenti contusi da ambo le parti, i duellanti compresero che non ci sarebbe stata pace finchè non avessero stabilito un accordo, e conciliarono a un tavolo pieno di tortine e pane e marmellata.

Era un giorno di primavera, il gruppo composto sia da padroni che da bambini sindacalisti giunsero alla conclusione che durante la giornata si sarebbe lavorato e fatto i compiti solo fino a un’ora prima del tramonto, e che poi avrebbero tutti giocato al parco e visto i cartoni fino al carosello, e la domenica era festa per tutti.

E stabilirono infine, per celebrare la fine delle ostilità, che quel giorno di primavera, il giorno della pace, sarebbe stato ricordato per gli anni a venire come la Festa del Lavoro.

Ecco, il Primo Maggio si celebra nel mondo dei bambini, e anche in quello dei grandi, la festa dei lavoratori.



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