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Asilo: paura, pianti e rifiuto del bambino, come aiutarlo, la pedagogista

di Dott.ssa Rita Moré

02 Settembre 2010

Sarà il suono di una campanella a segnare tra pochi giorni l’ingresso del tuo bambino nella scuola.

E’ al via un nuovo anno scolastico e per molti bambini, con l’ingresso nella scuola, si apre una delle esperienze più importanti della propria vita sociale. Per la maggior parte dei bambini quest’esperienza comincia a 3 anni con l’ingresso nella scuola materna, mentre altri hanno già sperimentato la vita nel nido. Al nido in prevalenza sono affidati i bambini che hanno entrambi i genitori impegnati nel lavoro.

E’ anche una questione di mentalità e cultura a determinare queste scelte. Infatti molti genitori, pur lavorando, preferiscono ricorrere a nonni, parenti stretti, ove presenti, o a baby sitter e comunque pensano che il proprio bambino cresca meglio tra le mura domestiche. In questa sede non poniamo i problemi connessi al nido e limitiamo il nostro intervento alla scuola materna, fiduciosi che siano sempre più rari i casi di bambini che fanno l’esperienza della scolarizzazione per la prima volta a 5-6 anni quando devono frequentare la scuola elementare.

Quando il bambino si presenta a scuola per la prima volta ha già un bagaglio di esperienze che ne hanno adattato il comportamento ed ha già avuto contatti con altre persone al di fuori dell’ambito familiare. Non per questo l’ingresso nella scuola deve essere considerato evento trascurabile. A chi tra noi non è capitato di assistere alle scene che accadono nei primi giorni di scuola ai portoni e sulle scale d’accesso alla scuola?

Alcuni bimbi piangono, altri restano aggrappati alla mamma, altri ancora restano immobili e sembrano incapaci di qualsiasi gesto, alcuni si lasciano prendere per mano dalle maestre ma restano incerti e timorosi e solo pochi mostrano serenità nel congedare la mamma e nel dirigersi verso l’aula. E’ decisamente interessante osservare e studiare le posture che il bambino assume nei primissimi contatti con questo nuovo mondo e proprio da queste posture alle maestre può venire un valido aiuto al loro difficile compito educativo.

Sappiamo che la famiglia in qualche modo prepara il proprio bambino all’evento e lo fa mettendo in campo la propria mentalità, la propria affettività ma anche le proprie esperienze pregresse nei confronti dell’istituzione. In ogni caso tutti cercano di allettare il bambino e puntano sul grembiulino o sullo zainetto di ultima generazione, magari con la stampa dei super-eroi o delle eroine preferite dal proprio bambino. Il coinvolgimento comporta che li si vada ad acquistare insieme e che vengano scelti dal bambino direttamente.

E tutto sembra funzionare alla perfezione fino all’ora fatidica anche perché al bambino è stato ripetuto continuamente che ormai è grande e deve fare cose da grandi. I grandi, papà e mamma, vanno al lavoro, escono di casa ed ora deve farlo anche lui. Il bambino sembra aver compreso, tant’è che spesso lo ripete convinto a persone della cerchia familiare, cui,orgoglioso, mostra anche grembiulino e materiale vario. Eppure quando arriva il momento la scena non è quella che i genitori si aspetterebbero, dato il loro impegno preparatorio, e spesso il bambino appare in panico.

I genitori non devono colpevolizzarsi e pensare di aver fatto poco per preparare il bambino. Devono piuttosto essere consapevoli che quest’esperienza, che comporta la relazione con adulti e bambini sconosciuti, facilmente può fare riaffiorare problematiche degli anni precedenti.

Affinché la nuova esperienza possa essere affrontata dal bambino occorre che sia stato soddisfatto in precedenza il suo bisogno di sicurezza e che egli sia stato sorretto ed educato ad essere autonomo, a prendere iniziative. Sappiamo che ogni bambino è un’individualità a sé e che quindi la reazione richiama di volta in volta fattori molto diversi che trovano spiegazione nell’ambiente familiare e nello sviluppo di ciascuno ma che sempre riportano agli anni prescolari. Negli anni che precedono l’ingresso nella scuola materna, il bambino può aver fatto esperienze che più di altre rischiano di compromettere l’esperienza scolastica.

Tra tutte possono incidere l’improvviso cambiamento della figura materna, la presenza di genitori troppo ansiosi, il disaccordo tra genitori, un legame troppo esclusivo tra mamma e bambino, il posto o la posizione del bambino all’interno del nucleo familiare, l’arrivo di un fratellino, l’eccessiva permissività, genitori con alle spalle esperienze frustranti nei confronti della scuola o anche con scarse aspirazioni, con mentalità ristretta o pregiudiziale o invece perfezionisti. E’ certo che a seconda delle sue esperienze il bambino vivrà la scuola in maniera diversa e l’insegnante ha a disposizione una vasta gamma di comportamenti che ne segnalano il disagio.

Ad esempio un bambino, cui è toccato di lasciare improvvisamente la figura materna, anche dopo i primi approcci, e nonostante gli sforzi dell’insegnante, può mostrarsi poco comunicativo e non facile all’iniziativa e al coinvolgimento. In realtà per tutto il tempo della permanenza a scuola penserà solo a ritornare a casa.

Un bambino che ha genitori troppo ansiosi potrebbe mostrarsi incapace di autocontrollo e a scuola, come in qualsiasi altra situazione nuova, apparire spaesato e pensare di essere stato abbandonato dai genitori. Di qui un’aggressività che, non potendo o volendo rivolgere verso i genitori, rivolge verso la maestra vista come la persona che gli vieta di restare a casa.

Il rifiuto di stare a scuola può essere anche determinato dal disaccordo dei genitori che il bambino vive in casa. Il bambino potrebbe sentirsene colpevole e perciò tendere, benché combattuto, a non allontanarsi da casa per non fare torto ai genitori.

Quando la mamma stabilisce con il proprio bambino un legame troppo esclusivo certamente non ne sollecita la crescita e lo rende da lei dipendente. Facilmente il bambino che vive una tale esperienza può avvertire come un pericolo tutte le altre figure femminili e perciò anche la maestra che deve accompagnarlo nella sua esperienza scolastica.

Un figlio unico, un ultimogenito o comunque un figlio preferito o tenuto, e a dismisura, al centro dell’interesse, ha bisogno sempre di essere riconosciuto come tale dall’ambiente in cui si trova, perciò quando si trova a scuola, insieme a tanti altri bambini e l’attenzione della maestra non può essere solo per lui, può mostrare disorientamento e necessitare di tempo per inserirsi.

Occorre prestare attenzione anche alla situazione determinata dall’arrivo in casa di un fratellino. Le dinamiche relazionali del bambino con i genitori e con il nuovo arrivato sono molto delicate e non sono infrequenti nel bambino comportamenti dettati dalla gelosia. La coincidenza con l’esperienza scolastica può determinare disagio o addirittura il bambino può rifiutarla perché la vive come punizione per la sua gelosia e i suoi comportamenti. Il rifiuto quasi sempre si manifesta con il disinteresse per tutto ciò che avviene a scuola.

Se un bambino ha genitori troppo permissivi non è abituato a trovare limiti alle sue azioni nelle regole imposte dai genitori, perciò a scuola potrà risultargli molto difficile adattarsi all’ordine e alle richieste dell’istituzione.

Può capitare che un genitore abbia avuto un’esperienza scolastica frustrante, ma se egli intende compensarla attraverso il figlio lo renderà privo di iniziativa. Analoga mancanza di iniziativa e libertà il bambino potrà avvertire di fronte a genitori perfezionisti, pronti a pianificarne fino all’eccesso le attività. Se il bambino non decide finisce sotto pressione e può rifiutare di applicarsi. Così pure le scarse aspirazioni dei genitori o la loro sfiducia nell’istituzione scolastica possono rendere difficoltosi i rapporti del bambino in un ambiente sociale più vasto della famiglia come quello scolastico.

Se i genitori hanno una mentalità ristretta e pregiudiziale e il bambino non viene soddisfatto nelle sue curiosità ritenute dai genitori inadatte, anzi viene continuamente rimproverato e educato al silenzio, facilmente potrà rifiutarsi di capire qualunque cosa provenga dagli adulti.

Ciò detto, occorre sottolineare l’estrema importanza di questa esperienza, che resta enormemente emozionante per il bambino che fa tantissime e importantissime scoperte. La classe scolastica rappresenta un microcosmo sociale, essa rispecchia nel suo piccolo le varie dinamiche e le varie tensioni che si ritrovano nella società. La scuola è un terreno estremamente favorevole al costituirsi di gruppi e questi aiutano molto il bambino nella sua crescita.

Il gruppo dà sicurezza, protegge il bambino dall’angoscia di esprimere i propri sentimenti. Le paure, le ansie trovano modo di esprimersi facilmente nella comunicazione di gruppo attraverso il racconto delle proprie imprese. La socializzazione delle proprie esperienze permette al bambino di riconoscerle come comuni, tipiche dell’età e perciò di superare pressioni, ansie e sensi di colpa.

I genitori devono sorreggere e incentivare il bambino nel corso di quest’esperienza e tenere presente che l’inizio della scuola coincide per molti bambini con la prima separazione a lungo dalla famiglia, che è necessario un adattamento a un gruppo numeroso di compagni, che gli si impongono delle regole nuove e in un lasso di tempo relativamente breve spesso fonte di stress.

Inoltre non è raro riscontrare nel bambino, in coincidenza dell’ingresso nella scuola, una maggiore fragilità fisica. Infreddature, disturbi del sonno, perdita di peso ed altri sintomi possono essere ricorrenti e possono essere altrettante forme di rifiuto o disagio del bambino. Anche di fronte a tali manifestazioni occorre che il genitore mantenga equilibrio e serenità e non dimentichi che lo sviluppo è un percorso fatto di crisi, transizioni e riadattamenti ma che sempre il bambino prova gioia nel crescere, nell’impadronirsi di una nuova capacità. Abbiamo mai osservato un bambino che dopo essere riuscito in qualcosa di nuovo è felice e si compiace esercitandosi a lungo nella capacità acquisita? Abbiamo mai notato l’effetto che produce un nostro intervento atto a correggere in qualche modo questi esercizi del bambino? Già a 3 anni il bambino si arrabbia e non accetta di buon gradi i nostri interventi.



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