Sono le ultime rivelazioni di Fedez sull’ effetto rebound a sottolineare ancora una volta come non si può parlare di salute non includendo anche quella mentale. Sebbene sia un argomento controverso e ancora impregnato di pregiudizi e vergogna, i disturbi della sfera emotiva e psicologica, come Federico ha coraggiosamente mostrato, pesano nel quotidiano e nei rapporti con i propri famigliari.
Cosa sono gli psicofarmaci
Quali siano le motivazioni che spingano a voler o a dover assumere questo tipo di prodotto non bisogna dimenticare che queste sostante sono farmaci e come tali, oltre all’effetto atteso, sono responsabili anche di possibili effetti collaterali.
Gli psicofarmaci agiscono sul sistema nervoso centrale, mediando e modulando la trasmissione tra neuroni. A seconda del tipo e del meccanismo di azione si differenziano in:
- ansiolitici;
- antidepressivi;
- antipsicotici;
- stabilizzanti dell’umore;
- psicostimolanti.
I disturbi psichiatrici per cui si usano questi farmaci sono spesso multifattoriali, dipendono cioè da un concatenarsi di diverse condizioni fisiche, psicologiche e ambientali che danno luogo alla patologia.
I meccanismi d’azione degli psicofarmaci sono molto vari: agiscono a livello del sistema nervoso centrale per modularne la trasmissione dell’impulso. L’uso di queste sostanze genera nel breve periodo modificazioni nel funzionamento dei neuroni, mentre in tempi più lunghi sono responsabili di un adattamento funzionale delle cellule e delle aree cerebrali.
Chi può prescrivere gli psicofarmaci
La risposta allo psicofarmaco è soggettiva, dipende cioè da chi assume il medicinale: la sensibilità e l’efficacia di uno stesso farmaco possono variare significativamente tra un individuo e l’altro, così come anche i possibili effetti collaterali.
Per questo motivo l’uso di alcuni psicofarmaci può essere autorizzato dal medico di base, mentre per altri è necessaria obbligatoriamente la prescrizione del neuropsichiatra. La prescrizione, ma anche la posologia e la durata del trattamento sono strettamente personali, per cui non è né corretto né salutare utilizzare farmaci prescritti ad altri, neanche se conviventi sotto lo stesso tetto.
Gli effetti collaterali: dipendenza e tolleranza
Gli effetti collaterali variano secondo il meccanismo d’azione dello psicofarmaco. I più comuni sono:
- disfunzioni sessuali;
- tachicardia, secchezza della bocca, costipazione
- abbassamento della pressione e vertigini;
- ansia, insonnia o sonnolenza, problemi nella memoria;
- variazioni del peso corporeo o eritemi.
Raramente può avvenire l’effetto paradosso, una situazione particolare e imprevista in cui dopo l’assunzione dello psicofarmaco si ottiene l’effetto opposto a quello previsto. Sebbene sia un’eventualità molto rara, bisogna avvertire immediatamente il proprio medico.
Caratteristica comune a tutti gli psicofarmaci è l’instaurarsi della cosiddetta tolleranza farmacologica: il corpo con il tempo si abitua alla dose assunta per cui il farmaco non fa più effetto. Un altro aspetto che non si può ignorare è la dipendenza che queste sostanze inducono nell’organismo.
Effetto rebound: come smettere di assumere gli psicofarmaci
A seguito della dipendenza e delle modificazioni fisiologiche causate dall’assunzione di psicofarmaci, smetterne l’uso può essere impegnativo.
In primo luogo è bene sapere che queste sostanze non possono essere abbandonate di punto in bianco, ma bisogna dare il tempo al proprio corpo di riabituarsi a non usufruirne. Di conseguenza anche l’interruzione deve essere strettamente monitorata dal medico al quale vanno comunicati tutti gli eventuali effetti collaterali.
Può capitare, come nel caso di Fedez (la sua esperienza è raccontata nel video posto in calce all’articolo – ndr), che l’assunzione deve essere interrotta bruscamente perché ridurre gradualmente lo psicofarmaco potrebbe essere ancor più pericoloso.
Fare ciò però espone a dei grandi rischi:
- la crisi di astinenza dovuta alla dipendenza che la sostanza psicotropa ha generato;
- l’effetto rebound o fenomeno di rimbalzo: i sintomi per cui si è iniziata la terapia tornano massicciamente e amplificati;
- la recidiva della malattia.
Questo è dovuto al fatto che l’organismo non ha avuto tempo di recuperare le sue condizioni precedenti al trattamento e risente di uno squilibrio dato dalla mancanza dello psicofarmaco.
Come afferma lui stesso, Fedez riporta annebbiamento delle capacità cognitive, spasmi alle gambe, vertigini e nausea (dice di aver perso 5 kg in 4 giorni) e tuttora soffre di quelle che lui chiama “sudorazioni pazze”.
A questi sintomi si possono aggiungere:
- ansia,
- insonnia
- attacchi di panico.
I sintomi si possono presentare dopo 36 ore dall’interruzione dello psicofarmaco e possono durare fino a 6 settimane.
Effetto rebound, psicofarmaci e psicoterapia
Nel suo comunicato Federico conclude esprimendo la sua volontà a prendersi cura della sua salute mentale e lascia un consiglio fortemente condivisibile.
“Prendetevi cura della vostra salute mentale, delle vostre ferite. Se non lo farete saranno le vostre ferite a reclamare il bisogno di essere curate nella maniera anche più brutta possibile.”
Coerentemente con il suo condividere ogni aspetto della propria vita sui social, ammette di aver sbagliato a non supportare l’assunzione degli psicofarmaci con un percorso di psicoterapia che egli stesso definisce “più complesso, più in salita e più doloroso”.
È da sottolineare come recentemente sia stata rivalutata l’integrazione tra psicoterapia e terapia farmacologica in patologie come depressione, ansia o simili: l’uso degli psicofarmaci allevia i sintomi e dà modo al paziente di affrontare il percorso per riconoscere e superare le cause dell’insorgere della malattia.
Psichiatra e psicologo non sono più figure antagoniste e in competizione, ma cooperano per la salute mentale e fisica del paziente. Le malattie mentali e i disagi psicologici hanno bisogno di essere curate perchè “si tratta di condizioni che possono compromettere la qualità della vita, delle relazioni, oltre che peggiorare il decorso di qualunque malattia organica“, citando Emi Bondi presidente della Società italiana di psichiatra (Sip).
Prendersi cura di sé vuol dire anche non ignorare la salute mentale, ma agire, curarla e proteggerla come si fa per i distretti più tangibili, come ad esempio i denti, il cuore o la pelle.
Il ruolo della famiglia
Un altro aspetto che questa vicenda mette in evidenza è il ruolo della famiglia. Fedez parla con gratitudine e amore della moglie che “ha dovuto badare ad una famiglia intera e a me, in questo periodo”. Ed è questo aspetto, prima ancora dell’ effetto rebound, che non va sottovalutato: la nostra salute incide su chi vive con noi e ci ama.
Riconoscere e condividere un bisogno con i propri cari, metterli a conoscenza della necessità di intraprendere un qualche percorso o una qualche terapia è questo stesso un passaggio per la cura.
È fondamentale non chiudersi in se stessi ma condividere pensieri e problemi con chi ci ama e ci sta vicino della nostra situazione. Questo perché da un lato nella condivisione vi è una liberazione del malessere al di fuori di noi stessi e dall’altro si mette a conoscenza chi ci sta vicino della difficoltà che si sta passando e della risonanza che questa situazione negativa può avere nella famiglia. Un partner consapevole sarà più comprensivo e non si troverà impreparato a fronteggiare eventuali momenti di crisi o mancanze.
Sostenere chi si ama nel percorso di guarigione è scontato per quel che riguarda malattie fisiche e visibili come otiti, influenze, ma anche cardiopatie, tireopatie, o altre più nefaste. È necessario che sia normalizzato anche il sostegno per la psicoterapia o la terapia con psicofarmaci necessari per la salute mentale del famigliare e di conseguenza del benessere della coppia e di tutta la famiglia.
Cosa fare in presenza dei figli
Se sono presenti figli piccoli è necessario non far arrivare a loro le difficoltà e proteggerli da quello che potrebbe destabilizzarli o preoccuparli e che non capirebbero fino in fondo. Invece è giusto coinvolgere o almeno mettere a conoscenza, con le dovute precauzioni e i dovuti filtri, i figli più grandi del fatto che vi sia una situazione complicata, dando sempre la speranza che sia uno stato momentaneo e che rientrerà il prima possibile.
È infatti la famiglia e il focolare il punto di riferimento primario alle esigenze vitali ed è anche la prima che risentirà di cambiamenti malesseri o situazioni di difficoltà che ogni componente andrà ad incontrare nel corso della vita.
In collaborazione con il dott. Matteo Pasquini, psicoterapeuta ed esperto dell’età evolutiva