Le mamme dei bulli sono complici dell’atteggiamento dei figli, più spesso di quanto non si creda farebbero qualsiasi cosa pur di giustificare i loro ragazzi.
Loro conoscono la violenza, sia essa fisica o verbale, del figlio, ne hanno saggiato l’aspirazione alla sopraffazione e hanno visto l’ansia farsi cattiveria, ma, molto banalmente, non hanno voluto prendere provvedimenti.
Le mamme dei bulli rifiutano la natura dei figli perché ne sono le radici, se da un lato non sanno e non vogliono rimettersi in discussione, dall’altro sono esse stesse così come sono i loro bambini, ovvero ansiose di prevaricazione e dominio.
Vi racconto una storia vera, sanza che alcun riferimento che possa identificare persone o contesti:
la mamma del bulletto che conosco io è una donna modesta, convinta, però, che la vita le sia avversa più di quanto non le sia stata fatale la sua continua tendenza ad adagiarsi tentando più di approfittarsi degli altri che non di costruire occasioni propizie nella vita.
Ad ogni passo, quando si rende conto che le cose si mettono male, questa donna\mamma cerca il suo colpevole e, così, anche un amico, anche chi le sta porgendo una mano o l’ha aiutata può diventare il capro espiatorio di questa o quella situazione, tutto pur di non mettersi in discussione in prima persona. E poi, quando non c’è proprio via d’uscita, tira in ballo la sfortuna e le parole diventano maldicenze e cattiverie. Il figlio le somiglia! Nel bambino, com’è naturale che sia, i processi sono solo esemplificati e più accelerati, ma sono esattamente gli stessi.
La mamma del bullo e il bullo sono madre e figlio, è per questo che tra le mamme dei bulli difficilmente se ne troverà una capace di affrontare il problema, il suo e quello del ragazzo che sta crescendo.
La scuola, intesa come centro di formazione della società largamente considerata (quindi una scuola al servizio dei ragazzi e delle loro famiglie), è complice delle mamme dei bulli ogni qualvolta depone le armi. Durante l’anno scolastico appena passato ho notato che laddove il rapporto docente – genitore si fa difficile è facile che il formatore scelga la strada più breve: isolare la famiglia stringendo il suo lavoro all’osso, ovvero restando fedele a un modello di scuola vetusto in cui l’insegnante è veicolo di saperi meccanici e “annunciatore” di buoni e cattivi voti senza giudizio morale e sociale.
Quando non intendono comunicare, dialogare e affrontare il problema, le mamme dei bulli andrebbero isolate socialmente dai gruppi classe delle altre mamme, non parlo solo di gruppi WhatsApp ma di gruppi in senso sociale, fisico e comunicativo, ovvero le altre mamme dovrebbero fare fronte comune a tutela delle vittime e, in ragione di un recupero del bullo, dovrebbero pretendere una presa di coscienza delle mamme dei bulli non avallando fenomeni di negazione e nascondimento.
Il recupero di situazioni di bullismo è non possibile se diplomaticamente si evita di chiamare il fenomeno col suo nome e di chiamarlo in causa dinnanzi alla mamma del bullo, a suo figlio, ai docenti.
Oggi uno dei problemi del bullismo è il nascondimento del problema: le mamme non ammettano che i figli si definiscano bulli perché i loro atti di delinquenza, così etichettati socialmente, diventano una responsabilità genitoriale; le scuole temono fortemente di essere tacciate di bullismo e fanno di tutto pur di minimizzare; le altre mamme diventano quelle del “meglio non averci a che fare”.
Bisogna, dunque, riflettere sul fatto che la società contemporanea sta mischiando più problemi: bullismo, indifferenza e omertà e questo aggrava tutto!