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Inserimento difficile al nido e attaccamento alla mamma

Inserimento al nido: a che età inserire il bambino al nido, quanto dura l'inserimento, come preparare il bambino alla scuola, cosa fare se piange troppo, se non mangia a scuola o se incomincia a dormire male, come comportarsi se fa i "capricci" e come affrontare possibili regressi.

di Federica Federico

16 Settembre 2022

Inserimento difficile al nido

Molti genitori stanno avendo a che fare, proprio in queste settimane, con l’ingresso a scuola dei figli e non tutto fila sempre liscio, soprattutto quando i bambini sono molto piccoli e affrontano le loro prime esperienze scolastiche. C’è chi dice che un inserimento difficile al nido, in modo particolare, sia un po’ la norma e che anche i bimbi apparentemente più resilienti possono, prima o poi, avere un crollo

 

Del resto i bambini del nido hanno un’età compresa tra i 3 mesi e 36 mesi, sono, dunque, bimbi molto piccoli che sino all’ingresso nella loro prima scuola (intesa come ciclo scolastico) hanno vissuto in casa e hanno potuto fare affidamento (emotivo) su stabili figure di riferimento, spesso sulla mamma

 

Con l’ingesso al nido il bambino viene liberato al mondo, ma resta  piccolo e il suo cuore, il suo animo e il suo corpo sono ancora inesperti, né sanno gestire le emozioni nuove. Il distacco è in sé un’emozione ed è del tutto nuova.

 

Inserimento difficile al nido: le cause

Comunemente il nido è la scelta necessaria che compiono i genitori lavoratori quando i congedi parentali sono esauriti e mamma e papà devono tornare al lavoro. Questa premessa fa luce su due aspetti fondamentali dell’ingresso a scuola (che, di fatto, possono essere anche le due cause chiave di un inserimento difficile al nido):  

  1. I bambini del nido sono molto piccoli e pertanto mancano loro molte consapevolezze, per esempio non comprendono ancora che il distacco dalla mamma può essere temporaneo; hanno ancora difficoltà ad affidarsi agli estranei e, all’inizio, sentono con forza che le maestre per loro tali sono, ovvero delle sconosciute; non hanno maturato la percezione del tempo e il dolore del distacco può essere per loro infinito;
  2. Il distacco è bidirezionale, ovvero coinvolge bambini e famiglia con reciprocità, in particolare coinvolge emotivamente la mamma che può persino sentirsi in colpa o frustrata per dover tornare a lavoro. I bambini, per parte loro, percepiscono l’atteggiamento emozionale dei genitori e ne sono influenzati.
 

Non esiste un inserimento perfetto, nemmeno esiste un protocollo di inserimento al nido valido per tutti i bambini, così come le cause di un inserimento difficile sono soggettive e muti-fattoriali. La fretta nel portare a compimento l’inserimento; l’ansia dei genitori; una routine giornaliera troppo faticosa per il bambino sono fattori chiave a cui prestare attenzione se il piccolo manifesta difficoltà nel muovere i primi passi a scuola. 

 
A che età inserire il bambino al nido
Inserimento difficile al nido, anche questione di età.

A che età inserire il bambino al nido

L’età di inserimento del bambino al nido non sempre è una scelta dei genitori, spesso il nido rappresenta una necessità. Tuttavia vanno considerati dei fattori che incidono sulle  possibili difficoltà di inserimento del bambino al di sotto dell’anno di vita:

  • differente percezione del tempo e dello spazio;
  • attaccamento alla mamma;
  • difficoltà di adattamento al nuovo ambiente scolastico.
 

Nel 1° anno di vita il bimbo non ha il senso del tempo, questo significa che la distanza dai genitori può facilmente apparirgli indefinita e può percepire il distacco come un abbandono perché non riesce e rendersi conto che dopo un dato tempo, in sé limitato, mamma e papà torneranno a riprenderlo.

 

Sotto l’anno di vita il contatto fisico con la figura di riferimento prevalente, generalmente la mamma, è essenziale, volendo tradurre questo concetto in un’immagine possiamo dire che il bambino trova nell’abbraccio della mamma la soddisfazione ad ogni suo bisogno. L’attaccamento alla mamma può essere particolarmente evidente tra i 6 e i 9 mesi, ovvero quando il bambino vive la figura di riferimento primario come rifugio, manifesta massima diffidenza verso gli estranei e cerca la mamma con insistenza vivendo la sua assenza con sofferenza.

 

Il bambino vive la casa come il suo mondo, tale è l’ambiente in cui è abituato a passare le sue giornate (pertanto questa idea di casa-mondo confortante e sicuro può essere estesa anche alla casa dei nonni se il bimbo la abita con continuità), questo equivale a dire che l’adattamento al nuovo ambiente scolastico può non essere immediato per il bambino.

 

Nido a 12 mesi: differenze con i bambini più piccoli

In una massima approssimazione possiamo dire che dopo l’anno di vita il bambino diventa emotivamente più autonomo per cui l’ingresso al nido può essere più semplice dai 12 mesi in poi. Per ragioni di migliore predisposizione emotiva alla conoscenza del mondo, per lo sviluppo di una più matura fiducia nell’alto, ovviamente nei limiti della soggettività del bambino, e per una progressiva autonomia fisica in fieri, dopo l’anno di vita il bambino è tendenzialmente più pronto all’inserimento a scuola.

 

Come preparare il bambino all’inserimento al nido

  • Sperimentare brevi distacchi in ambiente sicuro;
  • Abituare il bambino al contatto con gli estranei;
  • Spiegare al bambino cos’è il nido e perché ci andrà, la verità conta per i bambini tanto quanto il vostro atteggiamento positivo;
  • Non allontanarsi mai di nascosto ma salutare sempre il bambino.
 

È consigliabile che i genitori sperimentino brevi separazioni dal bambino che sta per essere iscritto al nido, questo allenamento deve essere graduale e possibilmente condotto in un ambiente familiare. Potere, per esempio, affidarlo alle cure della nonna o di una zia lasciandolo in casa, nel posto, cioè, più sicuro e tranquillo per il bimbo stesso.

 

L’educazione che impartiamo ai nostri figli è sempre anche un’educazione sociale, sebbene questo aspetto dell’educare sia stato molto limitato dalla pandemia. Presentare al bambino le persone nuove, favorire il suo interesse esortandolo a non essere diffidente verso l’estraneo, far sì che il piccolo viva nella socialità e non la tema sono tutti ottimi punti di partenza.

 

Per quanto piccolo, vostro figlio vi ascolta sempre, abbiate cura di fornirgli delle spiegazioni positive cariche di parole chiave che possano introdurlo a una nuova consapevolezza e che siano misurate alla sua età. Conta manifestare positività, al di la delle parole, infatti, il bambino coglie l’atteggiamento emotivo del genitore, pertanto comunicare emozioni positive equivale a stimolare la positività del bimbo stesso.

 

Salutate sempre il bambino, anche durante le fasi di un inserimento al nido difficile e se il bimbo è triste o piange

In tutte le situazioni in cui la mamma deve allontanarsi dal figlio, ma in modo particolare mentre si sta curando l’inserimento al nido del bambino, è importantissimo salutarlo, questo vale anche per i papà! All’atto del saluto, al bambino va dato un riferimento comprensibile che possa consentire al piccolo di percepire quando tornerà il genitore: “Verrò a prenderti dopo pranzo”.

 

Posto che i bambini piccoli non riescono ad astrarre riferimenti temporali come quelli che noi adulti otteniamo dalla lettura dell’orologio, è bene fissare dei punti di riferimento temporale riconoscibili dal piccolo (dopo pranzo, dopo la merenda): il bambino saprà che la mamma arriverà dopo il pranzo, in questo modo avrà una certezza e un punto di riferimento concreto a cui ancorare l’idea confortanyte del ricongiungimento con la madre.

 
Inserimento difficile al nido, quanto dura
L’inserimento è importante che sia graduale, non vi è un protocollo né una durata fissa e uguale per tutti i bimbi.

Quanto dura l’inserimento del bambino al nido

La dura dell’inserimento non è prevedibile a priori, essa si modula sulle specificità del bambino. Ciò che si può statistiche è la durata media di un inserimento al nido che si aggira intorno alle 2 settimane di scuola. Le mamme che devono iscrivere il bimbo al nido per ragioni lavorative devono tenere conto del dato appena esposto, eventualmente è bene anticipare l’inserimento al nido rispetto alla ripresa del lavoro assicurando, così, alla mamma una piena partecipazione ad esso, almeno in quei 15 giorni che comunemente sono nodali per il piccolo.

 

L’inserimento deve essere graduale

La gradualità dell’inserimento è essenziale, in questa fase delicata per il bambino, faticosa per la famiglia e cruciale nell’instaurarsi della relazione bambino-maestra è importante che il distacco dai genitori e l’immersione nel nuovo ambiente avvenga per piccoli passi.

 

Con riguardo ai più piccoli, un gioco per contrastare l’ansia da abbandono del bambino è il gioco del cucù (ci riferiamo qui ai bambini intorno ai 6 mesi): il bimbo molto piccolo non riesce ad immaginare l’esistenza di ciò che non sussiste nel suo campo visivo, gradatamente comprende che un oggetto può esistere anche se non lo vede, come la palla finita sotto il divano o la mamma nascosta dietro le manine che serrano gli occhi. Ed ecco che un gioco semplice diventa palestra di resilienza al distacco. 

Mai promettere regali o ricompense in cambio della permanenza a scuola

Il regalo, promesso in cambio della permanenza scuola senza piangere, non è un buon motivatore per il bambino, il suo adattamento non va barattato con un premio. La logica premi-punizioni impedisce al bambino di trovare personali ragioni di soddisfazione e i suoi stimoli, nonché di dare prova di resistenza alle frustrazioni.

Inserimento difficile al nido: regressioni e “capricci”

Che cosa sono le regressioni: il bambino torna indietro sui suoi stati di avanzamento, per esempio fa la pipì addosso o bagna il letto, quando oramai non accadeva più, oppure vuole di nuovo il ciuccio, eccetera. Tecnicamente i pedagogisti, gli educatori e i medici vi diranno che il bambino torna su un funzionamento precedente, ma di fatto lo fa per trovare conforto.

 

Quando il bambino subisce uno stimolo esterno destabilizzante tenta di rifugiarsi in qualcosa che lo faceva sentire al sicuro, per esempio il ciuccio. Generalmente questo passetto indietro è temporaneo e il bimbo torna ai suoi normali comportamenti da solo. Può accadere anche in conseguenza delle destabilizzazioni dipendenti dall’ingresso a scuola che implicano nuovi orari, adattamento ai nuovi spazi e alle nuove figure di accudimento, le maestre, nonché acquisizione di nuovi comportamenti sociali.

 

Dinnanzi ai piccoli regressi:

  • mai sgridare i bambini,
  • assecondarli senza trascurare di favorire un nuovo riequilibrio, per esempio concedergli di dormire nel lettone ma ricordandogli che oramai è grande e che è già così bravo da dormire nel suo letto;
  • creare dei ponti che rappresentino per i bambini tangibili punti di contatto e di continuità tra la loro casa e il nuovo ambiente, ovvero l’asilo.
 

Attività ponte

Per esempio intrecciate dei braccialetti di fio o createne con delle perline e indossateli, uno per mamma, uno per papà e uno per il bimbo; questi oggetti rappresenteranno un ponte tra voi, la casa e il nido, indossandoli il bambino percepirà una unione anche nella distanza fisica. Questa attività si presta ad essere compita con i bambini dai 24 mesi in poi ed è un consiglio valido anche in caso di inserimento del bambino alla scuola materna, quindi può essere realizzata anche con bimbi più grandi.

 

Se il bambino si lagna e non vuole andare a scuola non opponetevi, dimostrate, invece la vostra comprensione, fategli capire che apprezzate i suoi sforzi e, a suon di “Io ti capisco”, cercate di identificare i fattori che a lui appaiono come disturbanti.

 

Tenete sempre conto che quando i bimbi sanno parlare, anche se non perfettamente, è importante che usino raccontare le loro giornate, ciò gli serve anche a verbalizzare i sentimenti, oltre che a sentirsi fulcro dell’interesse del genitore.

 

Cosa fare se il bambino piange tanto

Meno sa parlare, più è piccolo e più l’inserimento del bimbo al nido potrà essere bagnato da fiumi di lacrime. Quello del bambino che piange non è, però, necessariamente un inserimento difficile: i bambini che parlano poco o non hanno ancora iniziato a parlare usano il pianto come sfogo delle molte emozioni, a volte anche contrastanti, che provano, pertanto le lacrime dei bambini  non devono destabilizzare i genitori!

Mangiare al nido
Il nido è anche educazione sociale e il pasto condiviso concorre a questo aspetto della crescita.

Cosa fare se il bambino non mangia

Durante un inserimento difficile al nido (ma anche alla scuola materna oppure alle elementari) il bambino può rispondere col corpo alle emozioni difficili e nuove che sta vivendo o e può rifiutare il cibo o mangiare molto poco. Non mangiare a scuola non è quindi un atto di ribellione, per come noi adulti possiamo intenderla, esso è un atto di “rifiuto fisico”, lo stomaco si chiude perché il bimbo non è a suo agio. Per meglio dire, l’inappetenza può essere una risposta alle emozioni del bimbo.

 

Date al piccolino i suoi tempi di adattamento. Qualche volta il rifiuto del cibo si estende anche a casa, ma il più delle volte questo atteggiamento regredisce da sé.

 

Cosa fare se il bimbo comincia a dormire poco e male 

Le ansie quotidiane si ripercuotono sui ritmi sonno-veglia anche dei bambini. La cosa più giusta che un genitore possa fare quando nota una alterazione dei ritmi e delle abitui del sonno del bambino che ha appena iniziato il nido è rassicurare il piccolo nonché estendere e amplificare le azioni routinarie della ninna.

 

L’inserimento al nido ha un valore pregnante proprio in quanto fase di transizione, tenete questo sempre a mente e vivetelo come l’opportunità per strutturare nuove, affidabili e confortanti abitudini familiari.

 


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