Sciopero Sicilia – Forza d’urto e Forconi in protesta.
Ma chi sono e cosa chiedono?
La forca, o forcone in siciliano, è un attrezzo agricolo che serve a raccogliere il fieno e la paglia ma anche il letame ed il terriccio. Dal 16 gennaio 2012 molti ne hanno sentito parlare perché è diventato il simbolo di un neonato movimento di protesta, tutto siciliano, che sta facendo tanto discutere di sé: il Movimento dei Forconi.
Nato dall’unione di agricoltori, artigiani, pastori e allevatori dell’Isola “stanchi del disinteresse, quando non del maltrattamento, da parte delle istituzioni”, il Movimento dei Forconi si è costituito, alcuni mesi fa, con l’intento di lottare contro lo status quo ed il potere costituito.
Mariano Ferro, agricoltore ed uno dei fondatori del Movimento, intervistato da www.ilcambiamento.it , parla della disperazione del popolo siciliano, abbandonato dalle istituzioni locali e nazionali, e del crollo dell’economia dell’Isola ed annuncia una nuova, pacifica rivoluzione.
Ma, in concreto, cosa chiedono i Forconi?
Uno. Defiscalizzazione dei carburanti e dell’energia elettrica.
Due. Blocco delle procedure esecutive della Serit-Equitalia.
Tre. Piano di Sviluppo Rurale siciliano.
Quattro. Intervento della Giustizia affinché si penalizzi e si lotti il taroccaggio dei prodotti.
Cinque. Maggiori controlli e di tracciabilità dei prodotti.
Sei. Utilizzo in maniera più razionale e intelligente dei fondi europei.
Ma soprattutto i Forconi chiedono di essere ascoltati dalle forze politiche locali e nazionali e di veder accolte le loro rivendicazioni.
Per questo, riunitosi con gli autotrasportatori dell’Aias nel gruppo “Forza d’Urto”, il Movimento dei Forconi ha annunciato la sua prima grande iniziativa: il blocco totale del trasporto in Sicilia nelle giornate dal 16 al 20 gennaio. L’inizio di una lotta, a detta del leader del Movimento, che nasce contadina ma che spera di coinvolgere l’intera società civile siciliana. Studenti, operai, professionisti, pensionati, imprenditori, commercianti, indignati ed affamati.
E così, dalla mezzanotte del 16 gennaio, la Sicilia si è fermata. Si è fermata sui porti, da dove non si muovono più i tir che trasportano le derrate alimentari, ormai andate a male, si è fermata sulle autostrade e sugli scorrimenti veloci, creando rallentamenti nel traffico e ritardi nei trasporti locali, si è fermata nei distributori di benzina, dove non può più arrivare un goccio di carburante, si è fermata sugli scaffali dei supermercati, ormai vuoti perché i camion che avrebbero dovuto rifornirli di merce sono bloccati, si è fermata sui campi, dove stanno marcendo frutta e verdura perché non possono essere consegnati, si è fermata negli uffici, dove gli impiegati non possono arrivare perché bloccati nei punti nevralgici delle città, si è fermata ai cancelli del petrolchimico di Gela, dove si vieta l’ingresso ai lavoratori turnisti e ai giornalieri.
Sono quegli inevitabili disagi che il gruppo Forza d’Urto ha chiesto a mo’ di sacrificio ai siciliani, per la rinascita dell’Isola, per una nuova “rivoluzione anti casta” che dalla Sicilia si vuol estendere a tutta la Penisola!
Ma al di là dei forconi impugnati con rabbia, qualcosa di positivo sta accadendo in Sicilia, anche se non era nell’intento – almeno iniziale – dei manifestanti. La benzina è finita e le strade sono meno trafficate e poche macchine contribuiscono ad inquinare l’aria. Ma non solo, è aumentata la vendita a km zero, perché i prodotti locali sono l’unica merce che ancora può essere trasportata dal produttore al consumatore.
Perché non fermarsi a riflettere su questo? Perché non iniziare una vera piccola rivoluzione comprando solamente i prodotti siciliani e favorendo così l’economia locale? Ma bisognerebbe farlo sempre, non solo quando si è costretti.