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Andrà tutto bene, ma anche No

di Federica Federico

11 Marzo 2021

E’ passato un anno dal 9 marzo 2020, il giorno in cui l’incubo si concretizzò nell’istituzione rigida e senza deroghe del lockdown nazionale. Avevamo consumato i nostri ultimi giorni di normalità … senza nemmeno saperlo.

 

Ricordo che ogni mattina ed ogni sera scendevo tre rampe di scale, bussavo il campanello della vecchietta che abita al primo piano e l’aiutavo con la terapia postoperatoria, era stata dimessa da poco e i suoi figli vivono lontano; ricordo che mi faceva trovare il caffè caldo e mi raccontava della vita con quella semplicità che solo la saggezza sa maturare.

 

Ricordo gli abbracci di mio padre e quando lasciavo che le labbra schioccassero sulle sue guance morbide, questo e il sapore e l’emozione che più mi manca della vita pre-covid, ma non riesco più a baciarlo così, in verità non ci vediamo quasi mai (per precauzione, chiamiamo così la paura che lui, alla sua età, possa contagiarsi), solo l’estate ci ha concesso una tregua senza troppa serenità.

 

Ricordo gli abbracci tra mia figlia e le amiche, alle 7:30 del mattino nel cortile della scuola; ricordo l’entusiasmo che la mia ballerina sprigionava nella sala di danza, e l’odore del treno delle 5:00 AM quando l’accompagnavo a Roma per i suoi corsi di potenziamento o i viaggi in macchina per prendere parte agli stage.

Ricordo molte cose, tutte perdute! E sono certa che i miei ricordi, almeno per sentimento e ispirazione, non si differenzino molto da quelli di tante altre mamme, donne, figlie, mogli e persone tutte.

 

Andrà tutto bene, ma anche No

Andrà tutto bene, ma anche No.
Diritto d’autore : sayfutdinov ©123RF.com

Andrà tutto bene, ma anche No: il tempo sta facendo la differenza, ma non quella buona.

 

Ci dicevano: “Andrà tutto bene” e lo abbiamo fatto scrivere ai bambini su striscioni multicolore, ci hanno pervaso di arcobaleni, ma non è andato tutto bene!

 

Ricordo che discussi con una mia carissima amica perché a lei questa frase motivazionale suonò male sin da subito, mi disse: “Andrà tutto bene non lo faccio scrivere alle bambine, per qualcuno è già andata male!” Carla, questo il nome della mia amica, aveva ragione, oggi devo riconoscerle una capacità di prognosi di molto maggiore della mia, la sua non era disillusione era intelligente realismo.

 

Credevamo di diventare migliori, c’è stato chi ha elogiato la rigenerazione della natura, l’ho fatto anche io, sebbene non ho mai creduto che l’uomo fosse capace di rinascere alla stessa stregua dei corsi d’acqua, del mare e dell’aria purificata.

Non siamo diventati migliori, al contrario sembriamo più soli, qualcuno molto più povero e la carenza di danaro, la precarietà del lavoro, l’insicurezza, le aumentate difficoltà di trovare assistenza sanitaria e sociale hanno fatto di ognuno di noi un essere ancora più spaventato, in parte egoista e in sostanza smarrito.

 

Direi che andrà tutto bene, ma anche No, è la sola affermazione che resta salva!

 

Il distanziamento è una condizione di sicurezza, questo è innegabile, ma è anche il primo responsabile delle ferite emotive della Covid e sono proprio queste ferite invisibili le più difficili da sanare.

 

Il mondo ha vissuto disastri naturali e attentati e ha curato gli aspetti psicologici delle tragedie sulla base degli effetti estrinsechi e tangibili di essi, quegli effetti a cui i ricorsi storici, per quanto tragici, ci hanno educato. Ebbene, nessuno conosce ancora quali saranno gli effetti obiettivi del distanziamento sociale nel lungo termine, soprattutto con riguardo a bambini e adolescenti la cui più importante formazione è sempre stata quella relazionale.

 

Fin quando i giovani (l’anello debole e messo in coda alla catena, se non dimenticato) saranno ignorati, non andrà tutto bene!

Il governo, quello nazionale e quelli internazionali, hanno collocato giovani e bambini in panchina, una panchina grigia e isolata, spesso sminuita da frasi del tipo: “Non stanno mica andando in guerra” o “Non hanno mica patito la fame come i nonni”.

I nostri figli, a discapito della calma apparente, letteralmente consumata sotto gli arcobaleni colorati dai bambini, si sono visti costretti a stravolgere la loro vita completamente rinunciando a ciò che li incardinava nel mondo. Mancano loro tante cose che hanno a che fare con questa relazione singolo-mondo, per esempio:

  • la presenza nel contesto sociale classe;
  • la prova di resistenza emotiva dinnanzi al pubblico mentre recitavano nello spettacolo di fine anno, spettacolino preparato con fatica e sudore;
  • il distacco dalla famiglia nella gita scolastica.

 

Dal Bambin Gesù di Roma è stato recentemente lanciato un appello all’attenzione alla salute mentale degli adolescenti e dei pre-adolescenti: nella fascia d’età 12 – 18 anni i tentativi di suicidio e gli atti di autolesionismo sono aumentati del 30%.

 

La seconda ondata ha avuto un peso determinante sulla salute mentale dei giovani e la terza, che pare sia già arrivata, rischia di essere ancora più incidente.

 

In modo particolare, due sono gli atteggiamenti tipici degli adolescenti:

  • l’ira: ci sono ragazzi che, nell’incapacità di darsi una spiegazione e, soprattutto, di vedere una fine, diventano violenti, arrabbiati e oppositivi. Sono questi i figli più a rischio autolesionismo;
  • la chiusura a riccio: ci sono ragazzini che traducono in avvilimento l’impossibilità a reagire proattivamente contro il virus e, così, si chiudono in loro stessi.

Il suicidio, come l’autolesionismo (ovvero l’azione scellerata di imprimersi tagli e ferite, in modo particolare sulle braccia) hanno sempre afflitto i giovani, il vero problema è che la pandemia ha aumentato le cause scatenanti che portano a detti atti:

  • ansia,
  • senso di insicurezza,
  • sensazione di non appartenenza al gruppo sociale.

 

La covid sta facendo dei nostri ragazzi alberi senza radici, potrebbero cadere al suolo rovinosamente.

 

Con riguardo ai bambini, le stesse ragioni emotive succitate si traducono in diverse manifestazioni del disturbo:

  • paura di ammalarsi,
  • ipocondria,
  • apatia,
  • carenza di stimoli,
  • capricci e pianti improvvisi e immotivati,
  • stanchezza diffusa,
  • pipì a letto,
  • regressi di vario tipo come la ricerca del lettone di mamma e papà durante la notte,
  • incubi.

 

Andrà tutto bene, ma anche No, almeno fin quando non avremo cura dei nostri figli, di tutti i figli

Andrà tutto bene, ma anche No, almeno fin quando non avremo cura dei nostri figli, di tutti i figli Diritto d’autore : Jaromir Chalabala @123RF.com

Andrà tutto bene, ma anche No perché i nostri figli sono infelici!

La DaD, nata come soluzione emergenziale per fermare la diffusione del virus dovrebbe essere finalmente potenziata e meglio vissuta, la scuola dovrebbe sforzarsi di “riaprire” in sicurezza, fors’anche solo per limitate attività laboratoriali e lavori di gruppo, eventualmente mirati, e tenendo conto della possibilità di organizzare una nuova didattica integrata in para-presenza. Sarebbe ora di mettere in campo la tattica delle bolle sociali controllate.

 

Con la DaD abbiamo assistito, e tristemente continuiamo ad assistere, al disperato tentativo dei docenti di portare online la stessa struttura di interazione praticata (e direi anticamente praticata) nella scuola in presenza. Ma quello delle famiglie è oggi un ruolo di dolore: la scuola non solo didattica e non è questo il momento storico della lezione frontale.

 

Attività di gruppo, piattaforme di dibattito, apprendimento esperienziale, sono solo pochi esempi di come fare scuola in rete potrebbe equivalere a una innovazione stimolante. Salva sempre la necessità di strutturare luoghi di incontro a fisica distanza che restino sicuri.

 

I bambini hanno necessità di incontrarsi, i giovani hanno necessità di liberarsi dalla famiglia, questi bisogni non possono più essere secondari né per lo Stato di diritto né per quello di fatto.

 

La Covid sta ferendo emotivamente tutti, non solo le persone e le famiglie direttamente interessate dall’infezione. Tuttavia si può intervenire, almeno in favore dei giovani:

  • abbiate cura di concedere tempo ai vostri figli, anche solo mezz’ora al giorno, semplicemente per parlare;
  • assicuratevi che nessuno sia virtualmente solo, ma non sovraccaricateli di impegni online solo parascolastici, come corsi, attività sportive o catechismo. Sfruttate l’online anche come un salottino virtuale per le chiacchiere o per vedere un film in compagnia;
  • favorite lo svolgimento collettivo dei compiti, la scuola dovrebbe favorire le attività di gruppo.

Ricordate che i ragazzi hanno bisogno di continuare a sentirsi parte di un contesto sociale stabile.

  • Favorite, allo stesso modo, l’incontro online con i nonni, i cugini e i parenti.

 

Il mio personale consiglio da mamma è di scavare nel profondo dei nostri figli provando a fare appello ai loro talenti, fateli leggere, fateli viaggiare con la fantasia, fateli ballare, fateli cantare, fateli disegnare.

 

I miei ragazzi 12 e 13 anni e mezzo, grazie a un Professore di arte capace di toccare corde profonde, stanno sviluppando una meravigliosa capacità di comunicare col disegno e i loro lavori sono specchio di emozioni profonde e vibrazioni sensibili di anime bisognose di vita.

 

Luigi mi ha concesso di pubblicare la sua notte, per disegnarla è uscito sul balcone al freddo della sera, io da mamma gli ho urlato dietro di infilare il giubbotto e lui da adolescente si è lamentato della mia “cura” … ne è nato un disegno, un momento di riflessione, uno di osservazione, uno di confronto e tutto questo non è banale!

 

disegno luigi

©VitadaMamma – disegno Luigi



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