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Bambino Malato di Varicella Spacciato per Bimbo con Tumore

di Federica Federico

23 Febbraio 2017

Sarah Allen è la mamma di Jasper, le immagini del suo bambino sono diventate virali in un momento infelice della vita del piccolo: all’età di due anni ha contratto la varicella in una forma violentissima e le sue foto hanno fatto il giro del mondo.

Foto del bambino malato di varicella, ecco perchè la famiglia non ne ha mai fermato la diffusione.

bambino malato di varicella

La famiglia ha addirittura voluto e garantito la diffusione delle immagini del coropicino di Jasper martoriato dalle pustole, lo scopo è sempre stato quello di sensibilizzare e informare i genitori su questa malattia e sulle sue conseguenze.

 

Inaspettatamente, però, la madre del piccolo ha dovuto fare i conti con un atto di sciacallaggio inaccettabile: le foto del bambino malato di varicella sono state spacciate per foto di un bimbo malato di cancro e accompagnate da una esplicita richiesta di “mi piace” e condivisioni attraverso Facebook.

bambino malato di varicella

Facebook, come ogni piattaforma social, espone l’utente a una serie incommensurabile di notizie, la fruizione dei post che circolano attraverso i social deve avvenire con buon senso:

  • è bene non cliccare mai mi piace, non condividere mai e non commentare mai “a comando” ovvero rispondendo ad un invito esplicito e senza avere piena contezza dell’argomento del post.

Le foto del bambino malato di varicella, rubate e presentate come immagini di un piccolo paziente oncologico, erano state proposte al pubblico del social network in questo modo:

“Questo piccolo ha il cancro e ha bisogno di soldi per l’operazione. Facebook ha deciso di aiutare donando 2 dollari per 1 Like, 4 dollari per un commento e 8 dollari per ogni condivisione.”

Facebook non dona dollari per Like, commenti e condivisioni e nemmeno paga nessuno per le pubblicazioni su questa o quella pagina. Ciò che accade, invece, è che, dopo molti mi piace, con tanta interazione (ovvero grazie ai commenti) e complici le condivisioni, le pagine crescono diventando eventualmente appetibili anche a fini pubblicitari.

 

I mezzucci truffaldini per ottenere vitalità su una pagina Facebook hanno lo scopo di far crescere la pagina stessa.

 

Bambino malto, metti un Like”; “Sta morendo, scrivi amen” o inviti simili,quando le storie che raccontano non sono vere, mortificano l’intelligenza di chiunque e sono poco etici .

 

Accade spesso, anche troppo spesso, che le storie narrate da post acchiappa Like e acchiappa clic non siano veritiere. C’è chi le chiama bufale e c’è chi le inventa solo per rimpinguare di “Mi piace” pagine e portali poco seri.

  • Ricordate che non è detto che l’immissione in rete delle notizie avvenga sempre con etica e cautela, l’etica e la cautela, però, possono essere controllate da ciascuno di noi nel processo di condivisione e circolazione dei post.

Spesso l’utente riceve l’invito a condividere immagini di sofferenza, ma non sempre l’intento della condivisione è quello di sensibilizzare o informare. Chi fruisce di Facebook deve gestire i suoi “Mi piace”, i suoi commenti e le sue condivisioni per fermare ciò che è sgradevole o ingiusto, inappropriato o scorretto.

La mamma di Jasper ha denunciato e reso possibile la chiusura dell’acconut intestato a un tale “Pooran Singh” (vedi shot fotografico allegato a questo scritto). Pertanto non è più presente in rete l’account su cui le foto del bambino malato di varicella erano state pubblicate spacciandole per immagini di un bimbo affetto da tumore.

L’intestazione dell’account denunciato potrebbe non corrispondente a una persona fisica. In questo senso anche nella concessione delle amicizie e nella scelta dei “Like” dovremmo sempre essere cauti. Facebook sta alzando la guardia contro le bufale. Il nostro compito è isolare chi fa cattiva informazione e segnalare gli abusi.

 

Siamo stati avvertiti che qualcuno avrebbe potuto usare le foto di mio figlio – ha dichiarato la mamma di Jasper -. D’altra parte se si cerca “varicella” su Google le foto sono lì. Ma non avrei pensato a un uso simile.”

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