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Alessandro Favilla: per la sua morte condannati 3 pediatri

di Federica Federico

29 Marzo 2018

Oggi la giustizia ha trionfato, è questo l’esordio del post Facebook con cui la mamma di Alessandro Favilla annuncia la sentenza che chiude cinque anni di lotte giudiziarie:

 

la morte di Alessandro Favilla, dieci anni all’epoca dei fatti, avvenne il 25 ottobre 2012. Il bimbo stava male da parecchi giorni ma furono vani i consulti richiesti dai genitori. I medici sottostimarono grandemente il problema di Alessandro, la causa della sua morte fu poi una crisi respiratoria.

Alessandro Favilla

Alessandro Favilla morì tra le braccia dei genitori inermi.

 

Il giudice, Stefano Billet, ha condannato tre pediatri per omicidio colposo: due anni di reclusione per la dottoressa Elisabetta Spadoni;un anno e quattro mesi per il dottor Graziano Vierucci, medico dell’ospedale di Lucca e per il pediatra di famiglia, Giuseppe Fontana.

 

Le fonti stampa che ne danno comunicazione sottolineano che le pene vanno oltre le richieste del pm.

 

La mamma e il papà applaudono alla giustizia anche perché, in onore alla verità, sono state indagate per falsa testimonianza due infermiere chiamate a deporre sui fatti.

 

Aessandro Favilla poteva essere salvato:

 

“Il bambino – conclude il pm – accusava sintomi che avrebbero dovuto spingere i medici che l’hanno visitato a disporne il ricovero con urgenza. C’è stato un misto di negligenza e di imprudenza che ha fatto loro sottovalutare una situazione grave che ha portato alla morte del bambino. Insomma, se fosse stato ricoverato almeno il 20 ottobre, Alessandro Favilla si sarebbe potuto salvare”.

 

“E’ solo tosse, non ha niente”, invece Alessandro è morto soffocato (Video Verità)

 

Emanuele e Alessia Favilla, i genitori di Alessandro, hanno combattuto per il lor bambino ma hanno vinto un a battaglia di giustizia che concorre alla protezione di tutti i nostri figli.

 

Una sentenza come questa impone ai medici di massimizzare l’attenzione, di avere cura del loro mandato, di non trascurare né negare attenzione; è, in questo senso, una sentenza civile.

 

Nessuno potrà mai restituire un figlio ai suo genitori e all’affetto dei nonni ma la giustizia può restituire speranza al Paese perché è in grado di intercettare il valore e il bisogno della responsabilità, intesa come presupposto di ogni azioni che abbia una ricaduta su un altro essere umano.



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