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Che cos’è la Sindrome di Medea

di Federica Federico

16 Giugno 2022

Sindrome di Medea

L’uccisione di un minore è un atto vile! Quando si tratta di bambini, la violenza è un’arma di sopraffazione mossa contro un soggetto fragile che non è nella condizione psico-fisica di opporsi. L’ultimo e più recente rapporto EURES – Ricerche Economiche e Sociali – stima che in Italia 447 bambini sono stati vittime di maltrattati e figlicidio negli anni tra il  2000 e il 2017, un dato in forte incremento rispetto agli anni 70, 80 e 90.

 

L’ultimo caso di cronaca in ordine di tempo, il figlicidio di Elena, 5 anni, uccisa dalla sua mamma nella loro casa in provincia di Catania, sta facendo parlare di Sindrome di Medea.

 

Sindrome di Medea e in che misura ha a che fare con il figlicidio

Elena frequentava la scuola dell’infanzia; poche ore prima della sua morte la mamma era andata a prenderla all’asilo e, come ogni giorno, l’aveva abbracciata forte restituendole quel calore che per i bambini è casa e sicurezza.

Martina, la madre, l’ha uccisa con un’arma da taglio, ma ne ha confessato l’omicidio, nonché l’occultamento del cadavere, solo dopo aver tentato di inscenare un rapimento. 

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Il movente del folle gesto sarebbe la gelosia; a un esame più introspettivo potrebbe essere il dolore per la relazione intrattenuta dall’ex compagno con un’altra donna e per la paura che la sua bambina potesse legarsi a questa diversa ed “estranea” figura femminile. Questo quanto riportato dalle fonti stampa. Ed è, a fronte di ciò, che in molti hanno incominciato a parlare di Sindrome di Meda come causa patologica di questo reato.

Cos’è la Sindrome di Medea

Diciamo subito che la Sindrome di Medea, evocativa del mito greco di Medea e Giasone, è una condizione patologica scatenata dall’odio per l’ex compagno e dalla gelosia riferita a una sua nuova condizione di equilibrio lontano e oltre la famiglia che ha lasciato:

una madre lasciata dal compagno\marito e accecata dalla gelosia, quando quest’ultimo ricomincia ad amare un’altra donna,  per vendicarsi, uccide i figli privando il padre del bene più grande, quell’amore che sopravvive alla rottura del rapporto. 

 

Nella mitologia greca, Medea era la figlia della maga Circe, ci troviamo, quindi, a confrontarci con donne già circondate da una grigia alea di mistero, scaltre e ammaliatrici (la scaltrezza è un elemento che la clinica psicologica ricerca nelle donne affette da questa sindrome). Dopo aver amato Giasone e aver partorito i suo figli, Medea viene tradita. Tale è l’odio che nutre per Giasone da decidere di ferirlo nel modo più atroce, ovvero uccidendo la prole. 

 

Nella dicotomia amore passionale (amore per il compagno) e amore puro (amore per i figli) questa seconda espressione d’amore scompare perché la prima arde ogni barlume di consapevolezza e coscienza. Senza contare che la mamma assassina uccidendo i figli prova a “cancellare” la maternità stessa con tutto il carico di “errori e dolori” che vi attribuisce in una visione distorta della realtà.

 

Nessuna sindrome si palesa in maniera pura, ovvero, al di là dei casi di scuola, i malesseri psicologici si adattano sempre al contesto in cui si realizzano. In altre parole un comportamento, come quello di mamma Martina, può essere accostato a una sindrome, in questo caso la sindrome di Medea, ma non è detto che si verifichi una perfetta aderenza tra i fatti, la scena del crimine, e la teoria.

Definizione di scuola della Sindrome di Medea

Lo psicologo Jacobs, padre della teorizzazione di Meda alle fine degli anni ’80, definisce la sindrome più o meno in questo modo (la nostra ne resta, ovviamente, una massima sintesi):

nel complesso di Medea si identifica il comportamento materno finalizzato a cancellare il rapporto tra padre e figlio dopo le separazioni conflittuali e sofferte. L’omicidio, qui, ha una valenza simbolica perché, nell’uccide la prole, la mamma vuole azzerare, distruggere e annullare il legame che quella creatura ha con il padre. 

Il caso di Catania non detto che rispecchi perfettamente la definizione di scuola di Sindrome di Meda, in qualche modo l’odio della mamma di Elena potrebbe essersi focalizzato sul rapporto tra la sua bambina e la nuova compagna del papà aprendo la strada a un complesso groviglio di insoddisfazioni, paure, tensioni e blocchi emotivi. Senza considerare che la stessa sindrome può interessare anche i papà: il padre diventa Medea quando uccide la prole per gelosia verso la ex compagna impegnata in una nuova relazione.

Sindrome di Medea e raptus

Riferendosi alle dinamiche che hanno portato all’omicidio di Elena, l’avvocato della mamma ha dichiarato che quello di Martina è stato un interrogatorio “drammatico di una donna distrutta e molto provata che ha fatto qualcosa che neppure lei pensava di poter fare. […] Ha agito come se qualcuno si fosse impadronito di lei  dimostrandosi tutt’altro che fredda e calcolatrice”

 

Si confonde spesso il concetto di raptus con quello di deresponsabilizzazione, il raptus non toglie responsabilità a un criminale, piuttosto spiega come,  in una condizione ambientale avversa e in cui nessuno si è reso conto di un disagio, il male possa esplodere e manifestarsi improvviso e irrefrenabile. 



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