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Cosa hai fatto a scuola? Niente! Come far parlare tuo figlio

Cosa hai fatto a scuola? Niente! Perché i nostri figli, siano bambini, preadolescenti o adolescenti, rispondono sempre allo stesso modo.

di Federica Federico

13 Settembre 2023

Cosa hai fatto a scuola? Niente! Come far parlare tuo figlio

Quando andiamo a prendere i bambini a scuola, noi mamme moriamo dalla curiosità di sapere com’è andata la loro giornata e naturalmente ne chiediamo conto ai diretti interessati: “Cosa hai fatto a scuola?”. Comunemente la risposta è un laconico: “Niente!”. Lo stesso risultato sortisce la domanda “Com’è andata oggi?”, a cui loro rispondono: “Bene!” o “Normale!”. 

 

Perché i figli rispondono sempre “Niente” alla domanda “Cosa hai fatto a scuola?”

È nel funzionamento del cervello del bimbo piccolo, fino ai 5-6 anni che possiamo trovare una risposta a questo comportamento. Com’è nella psicologia dei più grandi che si radica il perché siano così tanto sfuggenti.

 

Cosa hai fatto a scuola? – Il “Niente” risposta dei bambini dai 24 mesi ai 5-6 anni

I bambini molto piccoli non hanno la capacità funzionale di recuperare i ricordi in modo ordinato e coerente, nemmeno quando si tratta di ricordi recenti o recentissimi. Su di loro l’impressione delle emozioni è quella che ha il peso specifico maggiore.

 

Dunque, cosa accade nel loro cervello quando gli chiediamo cosa hanno fatto durante la mattinata? Il bambino resta disorientato dinnanzi alla domanda del genitore e per uscire dall’empasse finisce col sottrarsi chiudendosi in un “niente”. 

 

Quel “niente” non è, pertanto, sinonimo di “non voglio dirtelo” o “fatti gli affari tuoi”, non è, quindi, una presa di distanza; atteggiamento, quest’ultimo, che riguarda, invece, l’adolescenza. Il “niente” che il bambino pronuncia significa: “non so come e cosa raccontarti; non decodifico la tua richiesta nè so sintetizzare una risposta”. Ed ecco che il genitore è chiamato a trovare il modo per superare il silenzio del bambino, ma come?

 
Cosa hai fatto a scuola? Niente! Come far parlare tuo figlio
Cosa hai fatto a scuola? Quando il bambino risponde: “Niente” e non si racconta – fonte immagine 123RF.com

Come far parlare tuo figlio piccolo con riguardo al cosa ha fatto a scuola

I bambini crescono per osmosi nella relazione con l’adulto, ovvero assimilano, imitano e ripropongono il nostro comportamento. Questo vuol dire che se noi facciamo qualcosa loro tendono a fare altrettanto, ovviamente nella misura delle possibilità tipiche dell’età che vivono. Pertanto, se noi siamo capaci di raccontare la nostra giornata probabilmente anche loro proveranno a farlo!

 

Attenzione: la mente del bambino non ha la stessa capacità  di un adulto di recuperare e restituire ricordi organizzati e ordinati, tenetelo presente! Sulla scorta di questa consapevolezza, il segreto è fare leva sulle emozioni: provate a raccontare le vostre emozioni affinché il bambino possa associarle ai propri ricordi e lasciarli emergere. 

 

Potrebbe accadere questo: mentre la mamma racconta di esseri arrabbiata col capo che le ha chiesto un lavoro complicato e l’ha fatta stancare, il bambino potrebbe lasciare emergere il racconto di un qualcosa che lo ha affaticato in prima persona, per esempio ha punteggiato tanto, ha disegnato molto, ha corso su e giù per il cortile giocando ad acchiaparella. Lo stesso, ovviamente, vale anche per le altre emozioni.

 

Siccome il bimbo è fortemente influenzato dal suo lato emozionale, richiamare le emozioni lo aiuta a recuperare i suoi ricordi e a raccontare gli accaduti in cui queste emozioni si sono manifestate.

 

Aiutare il bambino a raccontare la sua giornata scolastica: quando la mamma gioca d’anticipo

Del come stimolare l’emersione dei ricordi del bambino dopo la giornata a scuola, ho parlato in un video e un’utente ha condiviso con me un suo trucco: questa mamma tiene d’occhio il registro elettronico, così, se si accorge che i bimbi hanno svolto attività particolari, come leggere una favola, gioca d’anticipo e chiede alla sua bambina cosa le è piaciuto o cosa l’ha emozionata di quell’accaduto. 

Avete letto quella favola, è stato bello? 

 

A questo spunto, che fa leva sulle emozioni e sfrutta positivamente la tecnologia, vorrei aggiungere un dettaglio: alle domande che rivolgete ai bambini (Tu hai assistito alla lettura del libro, tu dimmi se ti è piaciuto) aggiungete le vostre esperienze, ogni dialogo e contatto col bambino è più efficace se personalizzato e positivizzato attraverso la concretezza di un fatto. 

 

Avete letto una favola che io conosco, a me piace tanto quel cavallo bianco. Te lo ricordi tu quel cavallo? Io mi ricordo che-quandoQuando ero piccola questa favola me la leggeva anche la mia maestra, a te è piaciuto ascoltarla a scuola?

 

A partire dai 5-6 anni i bambini hanno tutte le facoltà psico-cognitive per recuperare e raccontare gli accaduti quotidiani, ma spesso anche loro si sottraggono. 

 

Cosa hai fatto a scuola? – Il “Niente” risposta dei bambini dai 5-6 anni fino alla preadolescente (10-11 anni)

I bambini delle elementari e dei primi anni delle medie possono imbarazzarsi nel raccontare ai genitori il loro vissuto fuori dalle mura domestiche. Due sono le cause di questa reticenza: da un lato i bimbi possono temere di disattendere le aspettative di un genitore che gli chiede sempre e con frequenza di comportarsi bene, di essere attento, bravo, se non perfetto. Da un altro lato è normale che i piccoli sperimentino spazi di privatezza, solo ora incominciano a muoversi consapevolmente e autonomamente lontano dai radar di mamma e papà e svelare il loro modus operandi fuori casa può non essere una cosa immediata.

 

Vale con loro quello che vale con i bimbi più piccoli, ovvero aiutarli a riportare a galla i vissuti attraverso la pratica del dialogo: cominciamo noi per primi a raccontare ai figli le nostre giornate e come sono andate. Anziché porre la classica domanda: “Cosa hai fatto a scuola?”, mettiamo in campo il racconto emotivo del nostro vissuto: “Oggi ho rivisto quella collega, è stato molto bello; Ho affrontato un problema, l’ho risolto così; Mi ha fatto innervosire questo o quella persona, sono riuscita a mantenere la calma”.

 

Ad ogni età del bambino, è consigliabile porsi ai suoi occhi come un “osservatore gioioso”, in questo articolo stiamo per puntualizzare l’importanza di un genitore felice delle autonomie del figlio, nè invadente nè giudicante.

 

Con le stesse dinamiche che accompagnano l’amo delle emozioni nella mente del bambino piccolo, anche i più grandicelli tenderanno a raccontarsi per analogia emozionale con l’adulto. Ma qualcosa di diverso avviene quando i preadolescenti e gli adolescenti negano di raccontare il loro quotidiano.

 
Cosa hai fatto a scuola? Niente! Perché i nostri figli, siano bambini, preadolescenti o adolescenti, rispondono sempre allo stesso modo.
Cosa hai fatto a scuola? Niente! perché gli adolescenti non parlano di quello che fanno fuori casa – Fonte immagine 123RF.com

Cosa hai fatto a scuola? – Il “Niente” risposta di adolescenti e preadolescenti 

I ragazzi più grandi sono quelli che si barricano nelle loro camere dietro quelle porte che incominciano a chiedere a chiave. Il loro “Niente” è fattivamente una sottrazione all’invadenza dei genitori, è una porta chiusa a chiave!

 

E stai certo, caro genitore, che seppure tu non hai nessuna intenzione di invadere, la sola domanda (Cosa hai fatto a scuola?) è percepita dall’adolescente come intrusiva: i ragazzi vicini all’adolescenza sentono il bisogno di preservare i propri spazi.

 

È questa l’età in cui quell’IO abbozzato per lungo tempo trova sede in un corpo quasi adulto e pretende autonomo spazio decisionale e di azione. 

 

I ragazzi si mettono alla prova sia nella relazione con i pari, i compagni di classe, sia in quella con gli insegnati, gli adulti deputati a guidarli ma anche a “giudicarli”. Questo banco di prova, fortemente implicante per i ragazzi, fa sì che i nostri figli tendano ad escluderci dalla condivisone di ciò che accade fuori dalle mura di casa. Si tratta della loro palestra di vita sociale e pratica, quel luogo nel quale vogliono essere autosufficienti e sfuggire dal giudizio dei genitori.

 

Sono diverso da Te, è questo che il nostro ex-bambino sembra dirci in molti sguardi, quando ci considera vecchi, ingombranti, pesanti, arretrati. Come accorciare questa distanza mentre i figli, mossi dalla normale ansia di affermare se stessi, ci spingono lontano da loro?

 

Accorciare le distanze tra genitori e figli adolescenti

Ebbene, la prima buona abitudine di un adulto dovrebbe essere quella di non invadere lo spazio dei figli preadolescenti e adolescenti: nella misura della loro sicurezza, lasciate i ragazzi liberi di rischiare da soli assumendosi la responsabilità del loro agire.

 

Non sono stupidi, sanno che la mano del genitore potrebbe alleggerirli, ma la loro spinta interiore li porta a volersi lanciare anche senza paracadute: lasciateli liberi di fare i compiti da soli, di non studiare tutto, di gestire le relazioni con i professori, di assumersi la responsabilità di non aver completato un compito o di averne sbagliato un altro. Meno commenterete meno sarete percepiti dai vostri figli come una minaccia e più facilmente ritorneranno da voi quando avranno esaurito forze e possibilità. Lo stesso vale per l’abitudine di molti genitori al giudizio.

 

Mai giudicare

Non giudicare tuo figlio per le sue scelte e non provare a plasmarle alle tue volontà, a partire dalla scelta della scuola superiore fino a quella di come vestirsi e che amicizie frequentare (ovviamente nei limiti della liceità e sempre della sicurezza). Qualche volta i ragazzi non si raccontano ai genitori perché ne temono il giudizio verso loro stessi o verso i loro pari: in questo senso parlare male di amici, professori, contesti o attività con cui tuo figlio ha a che fare non è mai una buona idea.

 

Ingerenza e giudizio sono viste come minacce dall’adolescente che si vuole affermare perché trasmettono ai ragazzi l’idea che il genitore voglia costantemente esercitare su di loro un controllo pervasivo, ciò mentre i giovani progrediscono sulla spinta di sempre maggiori autonomie e nel momento in cui marcano i confini.

 

Gli adolescenti non vogliono assomigliarci, il modo più eclatante di farlo è sentirsi in aperto disaccordo con noi. Il nostro compito non è principiare una lotta per dimostrare supremazia, piuttosto abbiamo la responsabilità di aiutare il figlio a segnare confini morali consoni. Ma la distanza in cui il nostro ex-bambino si pone rispetto a noi non deve farci sentire minacciati: se la sfida dei ragazzi è differenziarsi da noi la nostra deve essere mantenere un punto di contatto che consenta loro di riconoscerci come amici e non come avversari.  

@montessorianamente.mamma Risposta a @piera.sg #preadolescenti e #adolescenti che non raccontano niente della #scuola #adolescenza #genitoridiadolescenti #educarerispettosamente #educareconrispetto #educareconcura #educareconamore ♬ suono originale – Federica Federico


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