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Giornata Mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili

di Mamma Simona

06 Febbraio 2012

L'oltraggio fisico è una ferita alla femminilità della donna che non ha ragione di esistere6 febbraio – Giornata Mondiale contro le mutilazioni genitali femminili

Amnesty International lancia un allarme: 135 milioni di donne mutilate nel mondo, cifra arrotondata per difetto, data l’impossibilità di una stima precisa, nei paesi di origine del fenomeno.

Sono 2 milioni le donne a rischio infibulazione ogni anno.

La mutilazione genitale praticata alle bambine prevede due tecniche: l‘escissione con cui viene rimossa una parte dell’apparato genitale femminile o l’infibulazione che può avvenire con o senza escissione e che prevede la “cucitura”di parte della vagina.

Nel6 febbraio si celebra la Giornata Mondiale contro le mutilazioni genitali femminilil’immediato le conseguenze sono determinate, in alcuni casi, dalle scarse condizioni igieniche in cui viene operata la giovane donna: assenza di anestesia e sterilizzazione degli strumenti, pratiche eseguite con lamette di improvvisazione (pezzi di vetro, cocci, pietre, lattine), metodi di sutura rimediati (spine, stecche di legno); la bambina rischia di perdere la vita per le conseguenze delle inevitabili infezioni.

Anche qualora le condizioni igieniche siano “più curate”, le conseguenze psico-fisiche sono aberranti: shock , cheloidi, stenosi, cisti e difficoltà ad urinare, dismenorre.

L’intervento sulla parte più femminile della donna ha origini molto antiche, risalenti con probabilità a 3-4mila anni avanti Cristo. Sono giunti a noi documenti che testimoniano recisioni femminili ad opera di popolazioni di fenici, etiopi, ittiti, egiziani e perfino romani. Nel 15esimo secolo l’operazione era compiuta in occidente, in quanto causa di comportamenti criminali da parte dei soggetti femminili.Fino al 20esimo secolo in Europa si praticava la clitoridectomia per contrastare “malattie” quali: la masturbazione, l’isteria, la malinconia e la ninfomania ed ancora per tumori, emorroidi, cecità, epilessia, asma.

La pratica era dunque conosciuta in tutto il mondo, col tempo e con la presa di conoscenza della follia con cui veniva giustificata, è stata abbandonata 6 febbraio si celebra la Giornata Mondiale contro le mutilazioni genitali femminilie ripudiata nel mondo occidentale, mentre in alcuni paesi, sopratutto africani, viene ancora perpetuata; in Etiopia si procede con la mutilazione quando la bambina ha solo 8 giorni di vita, in Arabia 10 settimane, in Somalia 3-4 anni per la clitoridectomia o 8-10 per l’infibulazione, tra le tribù Masai si pratica dopo il matrimonio, altrove viene praticata a seguito della prima gravidanza.

In alcune aree più povere del globo, dove resistono culture ben radicate alla tradizione e dove l’informazione e il progresso sono uno strumento accessibile a pochi, l’infibulazione è un’operazione contemplata, percepita non come una condanna di sofferenza ma come uno strumento che combatte l’emarginazione. Infatti l’infibulazione è la condizione, in certe culture, necessaria per l’identificazione della donna come moglie e madre, in linea con il modello sociale accettato dalla comunità; senza, la donna perde il suo status, rimanendo emarginata. Il fenomeno rientra nella “normalità culturale”.

Fortunatamente, grazie alla campagna di sensibilizzazione e a decreti di governi che ne sanciscono l’illegalità, anche nelle zone più povere della Terra, il fenomeno sta scemando; sempre più donne mutilate nei paesi di origine, ricorrono a centri specializzati per la6 febbraio si celebra la Giornata Mondiale contro le mutilazioni genitali femminilide-infibulazione.

Nell’Ospedale Careggi di Firenze, è stato predisposto un ambulatorio che si occupa delle donne che hanno subito mutilazioni degli organi sessuali; qui ogni hanno si praticano circa 200 operazioni di de-infibulazione, viene fornito sostegno psicologico e sanitario per restituire loro una vita “normale”.

L’informazione è volta a diffondere i danni psico-fisici che la donna mutilata vive; solo capendo le conseguenze, troppo spesso ignorate, si possono superare le reticenze di chi si dichiara fedele alla tradizione.

In Italia la pratica di mutilazioni genitali femminili è stata vietata con la legge 7 del 9 gennaio 2006 che prevede pene detentive da 4 a 12 anni per chi la pratica, con aggravante se la vittima è minorenne.

Il Dipartimento delle Pari Opportunità promuove campagne di informazione volte a contenere il fenomeno, poichè, a seguito dei flussi migratori, si è presentata la necessità di intervento per contenere il fenomeno, teso ad evitare che donne infibulate sottopongano le proprie figlie allo stesso trattamento.

L’oltraggio fisico è una ferita alla femminilità della donna che non ha ragione di esistere.



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