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23 maggio, anniversario della strage di Capaci e della morte del giudice Giovanni Falcone

di Mamma Licia

23 Maggio 2012

23 maggio 1992 ore 17.58. Un boato sull’autostrada A29, udito a chilometri di distanza.

“C’è stata un’esplosione nei pressi dello svincolo di Capaci. Ci sono morti e feriti, è un inferno…”.

I morti sono tre agenti in servizio di scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Viaggiavano su una Fiat Croma color marrone che è stata investita in pieno dall’onda d’urto dell’esplosione e catapultata a un centinaio di metri di distanza dall’autostrada. I tre agenti aprivano il corteo blindato che stava scortando l’auto su cui viaggiavano il giudice Giovanni Falcone, sua moglie, Francesca Morvillo, e Giuseppe Costanza, l’autista giudiziario, seduto sul sedile posteriore. Sono loro i feriti di cui parla il comunicato dell’agenzia di stampa, ma il giudice e sua moglie lo saranno ancora per poco.

La Fiat Croma bianca, guidata dallo stesso Falcone, è sospesa sull’orlo della voragine aperta dai 500 chili di tritolo piazzati da Cosa Nostra in una galleria sotto quel tratto di autostrada.

Giovanni Falcone e Francesca Morvillo vengono portati di corsa in ospedale, ma non ce la faranno e moriranno poco dopo.

Un tratto dell’autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci e a pochi chilometri da Palermo, non c’è più. Al suo posto una voragine e frammenti di asfalto e pezzi di lamiera di automobili sparsi dappertutto.

Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro sono saltati in aria. Sono stati uccisi in un attentato mafioso. Materialmente da cinque uomini, tra cui Pietro Rampulla che confezionò e posizionò l’esplosivo e Giovanni Brusca, che azionò il telecomando al momento del passaggio dell’auto blindata del giudice.

La sua morte, era stato deciso, doveva avvenire “in modo eclatante”; doveva servire, secondo gli strateghi di Cosa Nostra, ad alzare il prezzo di quella “trattativa”, tra la mafia e lo Stato, che molto probabilmente era già stata avviata prima e non subito dopo la morte del giudice Falcone.

La strage di Capaci è ancora, dopo vent’anni, una storia di silenzi, depistaggi, trame, mezze verità.

Tra i mandanti della strage, condannati all’ergastolo, ci sono, tra gli altri, i nomi di Giuseppe Madonia (“Piddu”), il capo di Cosa nostra nella provincia di Caltanissetta; Benedetto Santapaola (“Nitto”), il rappresentante provinciale di Cosa nostra a Catania; Benedetto Spera, il capo del mandamento di Belmonte Mezzagno; Giuseppe Graviano, reggente del mandamento di Brancaccio; Carlo Greco, braccio destro di Pietro Aglieri, capomandamento della Guadagna, anch’egli ritenuto mandante della strage di Capaci; Bernardo Brusca, capo del mandamento di San Giuseppe Jato e fedelissimo di Totò Riina; Bernardo Provenzano, che a fianco di Totò Riina avrebbe deciso la morte di Giovanni Falcone.

Ogni anno, il 23 maggio, si tengono a Palermo ed a Capaci una serie di iniziative e manifestazioni in commemorazione della morte del giudice Falcone, della moglie e dei tre agenti della scorta.

Quest’anno, nelle sale del Palazzo Branciforte, nel cuore storico di Palermo, si terrà una mostra fotografica dedicata a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino. La mostra, allestita dall’agenzia giornalistica Ansa, che sarà inaugurata, alle 17.00, dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, raccoglie le istantanee tratte dall’archivio fotografico dell’ANSA che ricostruiscono la vita dei due magistrati, dalla nascita fino alla loro uccisione. Ci saranno anche foto private messe a disposizione dalle famiglie dei due magistrati che rappresentano momenti della loro vita familiare. All’interno della mostra sarà proiettato anche un filmato con immagini di repertorio realizzato della Tgr Rai Sicilia.

La mostra resterà aperta fino a settembre 2012.



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