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Passaggio dalle elementari alle medie, come aiutare il bambino

di Giuseppe Gagliano

04 Settembre 2012

Nei cinque anni della scuola primaria di base, il bambino non ha imparato solo a leggere e scrivere e gli elementi della socialità, ha vissuto un quinquennio di maturazione fisica ma soprattutto psichica. Se la scuola materna aiuta il bambino ad esprimersi, le elementari lo dirigono nell’impostazione del suo linguaggio e della sua personalità ed il lavoro dell’educatore è quello di incanalare gli impulsi istintivi e le potenzialità creative della classe, convogliando il gruppo in un programma didattico .

Adesso il bambino è pronto per affrontare un altro grande salto: nei tre anni che verranno il bambino si scontrerà con la propria adolescenza che comincerà presto con una pubertà imbarazzante nella quale verranno esclusi, per la prima volta, i genitori.

Il bambino uscirà definitivamente dall’utero materno per intraprendere il viaggio che comincia proprio dalla prima media e finirà verso la fine del quinquennio delle superiori.

È importantissimo che proprio questo passaggio non lasci lacune. Il genitore dovrà imparare a dare spazio al bambino che presto non sarà più tale, mettendosi da parte quanto basta ma cercando di essere presente quando occorre. Mettersi da parte non significa assentarsi in una falsa latitanza come, d’altro canto, essere presente non significa spiare il figlio ed origliare per ammortizzare ogni batosta che la vita inevitabilmente presenta.

A volte il bambino non vive bene il passaggio perché non vorrebbe sganciarsi dalla protezione genitoriale. Bisogna fargli capire che da parte della famiglia nulla è cambiato perché nella famiglia non è avvenuto nessun cambiamento strutturale, né affettivo.

D’altra parte è sbagliato proteggere il figlio se qualche insegnante sembra prendere il sopravvento su di lui. Il compito dell’insegnante è, essenzialmente, quello di spronare il bambino in modo che egli renda al massimo e possa trarre appagamento dal proprio successo. Spesso l’insegnante aggiusta il tiro se si accorge di essere stato duro. Capita, però, che l’educatore non abbia il tempo utile per espletare appieno il suo lavoro e che qualche genitore prenda le difese del bambino che arriva a casa lamentandosi. Sono facili le uscite di qualche genitore che accusa gli insegnanti di insensibilità, incompetenza e, soprattutto di aver preso di mira il proprio figlio. Sarebbe più utile ignorare l’atteggiamento dell’insegnante e chiedergli, invece, come rendersi utile collaborando da casa per il buon profitto scolastico ma soprattutto psicologico del figlio.

In questo modo il bambino uscirà dall’utero materno definitivamente e senza traumi da parte sua né da parte dei genitori.



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