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Tecniche di preparazione al parto: il canto carnatico

di Alessandra Albanese

05 Giugno 2013

Il parto nella società occidentale moderna è molto spesso troppo “medicalizzato”: troppi i cesarei, molte episiotomie, spessissimo le donne si affidano alle anestesie, seppur parziali, per annullare il dolore in maniera chimica.

Certamente il progresso ha dato una grande mano alla medicina, ed è quasi sempre giusto approfittare di quanto di meglio esso ci doni.

Ma in molte altre culture tutto questo non avviene.

Lo stato interessante, come dice la parola stessa, è uno “stato interessante” e non “patologico”, e dunque varrebbe la pena essere trattato come tale.

Oggi molti corsi preparatori al parto hanno fatto dei “passi indietro” in questo senso: tendono a preparare le donne in modo da andare incontro al dolore in maniera preparata, puntando sulla ricerca di un proprio equilibrio e insegnando tecniche di rilassamento, meditazione, training autogeno.

Tra le pratiche che vengono da altri mondi e culture il canto carnatico.

Il canto carnatico è un canto tradizionale indiano, messo in atto per stimolare la meditazione e la visualizzazione.

Più che un canto vero e proprio sono degli esercizi di respirazione e vocalizzazione, chiamato infatti “canto delle vocali”: si inizia con una “M” si prosegue con le vocali, fino a concludere il ciclo con una “M” come in una specie di “ohm” utilizzata nella pratica yoga.

Questa tecnica venne introdotta in Europa negli anni 60 dal ginecologo francese Frédérick Leboyer.

La tradizione indu prevede anche un tamburo che scandisce il tempo, in modo da ritmare la respirazione della partoriente. Proprio questo è il vantaggio principale del canto carnatico: sincronizzare la respirazione alle contrazioni, in modo da aumentare la dilatazione, dominare il dolore e indurre il parto nella maniera più soft possibile.

Il canto va effettuato preferibilmente in luoghi silenziosi, in quanto base del canto è proprio il silenzio.

La bocca deve posizionarsi in modo da regolare il flusso dell’aria al momento dei vocalizzi. Il corpo deve adattarsi alle esigenze del momento durante il travaglio ed il parto.

Il canto carnatico può definirsi una sorta di introduzione alla meditazione.

Dal punto di vista psicologico poi, il canto consente una maggiore concentrazione, spostando l’attenzione della partoriente dal dolore al proprio io, riuscendo ad avere una migliore percezione dei messaggi che il corpo manda in questi momenti.

Sembra infatti che le donne che hanno utilizzato questa tecnica durante il parto siano ricorse in minor numero all’episiotomia, riuscendo in un parto più fisiologico.

Anche il bimbo gode del canto carnatico: sembra infatti che i vocalizzi materni riescano a dominare maggiormente lo stress da parto anche nel nascituro, che viene accompagnato dalla voce materna e lo aiuta a rilassarsi nel momento della nascita. Molti riconoscono anche un beneficio dovuto ad un maggiore “imprinting vibratorio” e attribuiscono al canto anche un legame più forte tra madre e figlio, il quale riesce a riconoscere immediatamente la figura materna grazie ai vocalizzi uditi nel grembo materno.

Il canto carnatico migliora dunque tutte le fasi della gravidanza, iniziando ancor prima del parto, continuando durante il travaglio, e favorendo l’espulsione grazie al dominio del dolore, che sicuramente non viene eliminato, ma anche il solo sollievo consente in quei momenti maggiore aiuto a mamma e bebè.



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