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Bambini Rubati alle Famiglie per un Esperimento

di Federica Federico

20 Agosto 2015

Correva l’anno 1950, la Groenlandia era una colonia della Danimarca, alcuni bambini groenlandesi, di età compresa tra i 6 e i 10 anni (già con un bagaglio culturale e linguistico proprio e radicato), furono sottratti alle famiglie d’origine per essere “deportati” in Danimarca e dati in affidamento a genitori danesi: i bambini rubati alle famiglie e condotti fuori dalla loro patria erano inconsapevoli vittime di un esperimento governativo, miseramente fallito.

La verità su quell’abbandono che ha segnato diverse vite è emersa dal racconto di un giornalista danese e dalla pubblica denuncia che, attraverso la BBC, ha fatto una delle vittime,Helen Thiesen adesso 71enne.

Helene Thiesen, una dei bambini rubati alle famiglie racconta la sua storia di figlia vittima della “deportazione-sociale” dalla Groenlandia alla Danimarca, lo fa avanzando una richiesta di verità che ancora non è stata del tutto soddisfatta.

bambini rubati alle famiglie esperimento sociale

A metà del 1900 la Danimarca, che avrebbe dovuto proteggere la Groenlandia sua colonia, avrebbe deciso che la civilizzazione dei groenlandesi andava stimolata e promossa, dalla documentazione recentemente raccolta è emerso che gli oriundi venivano considerati come un popolo ancora poco civilizzato, dedito alla caccia delle foche e non ancora raggiunto dallo sviluppo, solo una piccola percentuale degli oriundi groenlandesi parlava danese e la tubercolosi mieteva moltissime vittime.

Il governo danese avrebbe perciò ideato un progetto di contaminazione culturale quantomeno “macchinoso”: a quanto pare, decise di sottrarre alle famiglie di origine alcuni fanciulli di età compresa ira i 6 e i 10 anni e di affidarli a famiglie danesi affinché potessero apprendere la lingua e la cultura per portarle, poi, in Groenlandia “contagiando” i conterranei.

Bambini rubati alle famiglie con lo scopo ultimo di contagiare di civiltà una terra considerata arretrata, un esperimento sociale avvenuto intorno al 1950 ed emerso oggi, in tutta la sua brutalità, grazie al racconto di una sopravvissuta.

bambini rubati alle famiglie per un esperimento sociale

Helene Thiesen oggi 71enne, fu uno dei bambini rubati alle famiglie per l’esperimento sociale

Colonizzare per definizione vuol dire stabilire propri insediamenti in un territorio ridotto a colonia, con uno scopo di sfruttamento economico e per introdurre nella colonia un diverso tipo di civiltà.

Contro ogni principio umano oltre che progressista, la Danimarca, stando al racconto di Helene Thiesen, finì col sottrarre alla Groenlandia i suoi figli a dispregio della cultura groenlandese, dell’integrazione e della consapevole conquista del progresso sociale.

La BBC sintetizza il duro accadimento storico con una rigidità che è, però, veritiera ed emblematica: “nel 1950, un gruppo di bambini Inuit sono stati sottratti alle loro famiglie in Groenlandia per essere ri-educati secondo il modello dei cittadini danesi.

Helene Thiesen ricorda così il giorno in cui fu data in adozione al governo: ”E’ accaduto durante una bella giornata estiva, due imponenti signori danesi si presentarono a casa nostra portando con loro un interprete […] Hanno chiesto a mia mamma il permesso di portarmi in Danimarca dove avrei imparato a parlare danese e mi sarebbe stata garantita una buona istruzione. Hanno presentato la cosa come una grande occasione per me.

La signora Thiesen era da poco rimasta vedova, il marito era morto a causa della tubercolosi che all’epoca dilaniava la Groenlandia ed era rimasta solo con 3 figli. Helen ricorda che sua mamma in un primo momento sembrava decisa a declinare l’offerta dei danesi, tuttavia si lasciò ingannare dalle buone intenzioni di un programma governativo di cui ignorava la verità più profonda. Mia madre ha detto ‘No’ per due volte, ma quegli uomini hanno continuato ad insistere”; stando ai ricordi di Helen e al e al suo racconto, fu prospettata una permanenza in Danimarca di soli 6 mesi ma in cambio di un futuro radioso per i bambini che avrebbero preso parte al programma.

bambini rubati alle famiglie per un esperimento sociale

Helene Thiesen (in basso a sinistra) con la sua famiglia d’origine in Groenlandia

La storicità del progetto si sintetizza facilmente: la Danimarca probabilmente ritenne che il modo migliore per modernizzare la Groenlandia fosse contaminarla estirpando i giovani per “costruire” un nuovo cittadino groenlandese pregno dalla cultura danese.

Il soggiorno in Danimarca dei bambini rubati alle famiglie groenlandesi fu più lungo del semestre promesso ai genitori ed ebbe un epilogo triste: i bambini rimasero presso le famiglie danesi per 12 mesi, tempo durante il quale in Groenlandia fu costruita una casa per i bambini deportati o rubati o senza patria, che dir si voglia.

Nell’estate del 1951 i bimbi selezionati dal governo danese vennero ospitati in una pseudo colonia estiva, che in realtà era un campo di quarantena costruito per isolare i groenlandesi prima di lasciare che accedessero in Danimarca, onde evitare che portassero nella terra civilizzata malattie pericolose (come la dilagante tubercolosi).

Come vennero selezionati i bambini rubati alle famiglie e vittime del progetto governativo?

La ricostruzione storica dei fatti dimostrerebbe che le autorità danesi inviarono telegrammi ai sacerdoti e ai presidi chiedendo loro di identificare tra la popolazione oriunda i bambini più intelligenti di età compresa tra 6 e i 10 anni. Il programma, volto al trasferimento dei bambini presso famiglie in Danimarca, era presentato come una rieducazione sociale finalizzata all’accrescimento dei bambini.

Helene Thiesen, con alcuni dei bambini "vittime" dell'esperimento sociale

Helene Thiesen, con alcuni dei bambini “vittime” dell’esperimento sociale

21 famiglie in tutto diedero il loro assenso al trasferimento dei bambini in Danimarca. Ma a quanto pare nessuno seppe preveder l’isolamento a cui i bambini sarebbero andati in contro divenendo figli di nessuna terra: al ritorno in Groenlandia, dopo un lungo anno lontano dalla madre patria, i bambini, specialmente i più piccoli avevano perso la competenza della loro lingua, si esprimevano in danese e ciò realizzava una invincibile incapacità di comunicare con le famiglie d’origine.

Tutto ebbe inizio nel mese di maggio 1951, quando la nave MS Disko salpò da Nuuk con 22 bambini a bordo.Dalla barca, ho guardato la mia mamma ma non sono riuscita a salutarla. Ero troppo arrabbiata. […] Ho pensato: Perché stai lasciando che me ne vada lontano?”, queste le parole con cui Hellen ricorda l’inizio del suo viaggio.

I bambini passarono l’estate nella “colonia” di Fedgaarden, dove in realtà erano in quarantena.

L’arrivo dei bambini groenlandesi e precisamente di etnia Inuit era considerato un progetto prestigioso a tal punto che la Regina di Danimarca fece visita al campo estivo per conoscere i piccoli stranieri. C’è una foto storica che immortala la sovrana al cospetto dei piccoli e nell’immagine nessun bambino sorride, i piccini erano, secondo il racconto di Helen spaesati, frastornati, insicuri e in qualche modo spaventati da un destino che non riuscivano a prevedere.

Helene Thiesen,  esperimento sociale

La Regina di Danimarca fece visita al campo estivo per conoscere i piccoli stranieri

Decorsa la quarantena i bambini furono inviati presso differenti famiglie in tutta la Danimarca, a Hellen accadde un particolare incidente che rese il suo inserimento in Danimarca più complesso: Helene Thiesen ebbe due famiglie, infatti, siccome aveva sviluppato un eczema contratto a Fedgaarden, fu affidata alla famiglia di un medico, considerando che il papà adottivo avrebbe potuto prendersi debitamente cura della bimba. Helen ricorda che per guarire il suo eczema il dottore le prescrisse un unguento con cui le ricopriva gomiti e talloni, le fu proibito di entrare nella sala da pranzo in modo da non rovinare gli arredi. Presso quella famiglia non mi sono mai sentita la benvenuta”, ricorda oggi Helen.

Pochi mesi dopo, allorquando il suo eczema regredì, Hellen Thiesen fu destinata alla famiglia affidatari che l’attendeva sin dall’arrivo in Danimarca e lì si sentì più ben voluta, malgrado la cordialità dei nuovi genitori adottivi la piccola non accettò mai la separazione dalla madre.

Dopo un anno, 16 dei 22 bambini Inuit, tra cui anche Hellen Thiesen, furono rimpatriati. Quando la nave venne ormeggiata a Nuuk, afferrai la mia piccola valigia e mi precipitai giù per il ponte direttamente tra le braccia di mia madre. […] Parlai e parlai, le raccontai tutto quello che avevo vissuto. Ma lei non mi rispondeva. Guardavo mia madre ed ero in confusione. Dopo un po’, mi disse qualcosa ma io non riuscivo a comprendere la sua lingua. Non capivo nemmeno una parola. Allora mi resi conto e dissi tra me: ‘Questo è terribile. Non posso parlare più con mia madre.’ In quel momento parlavamo due lingue diverse”.

Hellen, come del resto ogni bambino rimpatriato, pensava di tornare a casa, invece i bambini rubati alle famiglie subirono un nuovo trauma: la Croce Rossa danese aveva costruito una casa per bambini a Nuuk, lì furono isolati i 16 piccoli deportati.

Helene Thiesen,  esperimento sociale

Helene Thiesen, la terza bambina a sinistra, nella casa per bambini deportati in Groenlandia.

Alle famiglie fu detto che dopo aver conosciuto l’agio della Danimarca non potevano più essere sottratti alle comodità e alla educazione privilegiata.

Senza patria e senza famiglia questi bambini sono cresciuti parlando una lingua straniera, il danese, era loro fatto divieto di comunicare in altro modo, la lingua Inuit era bandita malgrado molti inservienti la parlassero non conoscendo a sufficienza il danese.

Il rapporto di Helen con la madre non fu mai ricostruito, molti bambini deportati e anche alcuni rimpatriati hanno avuto vite difficili e destini infelici, Helen narra di ragazzi sbandati e giovani alcolizzati, perduti probabilmente anche per l’assenza di radici.

Anche Hellen, che pure si è sposata è diventata mamma e ha avuto una vita professionale gratificante come preside di scuola, è stata assai segnata dalla sua esperienza in orfanotrofio. Si racconta come una donna incline al pianto, spesso triste, una madre che con forza ha ricostruito la sua identità e che oggi, anche per tutti gli altri bambini deportati con lei, chiede almeno una giustizia formale: delle scuse.

Helene Thiesen,  esperimento sociale

Helene Thiesen, suo marito e suo figlio nel giorno delle nozze.

La verità sull’esperimento sociale non è ancora una ricostruzione storica col crisma del riconoscimento e dalle scuse del governo danese, i fatti sono stati ricuciti e narrati da uno scrittore danese che ha trovato e studiato una raccolta di documenti negli Archivi Nazionali danesi.

I sopravvissuti, i bambini rubati alle famiglie, i piccoli deportati vorrebbero una risposta definitiva dal governo danese, una luce chiara sulla loro vicenda, ma per questo si attende ancora.



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